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bruno brundisini



 LA GUERRA. IMPERATIVO MORALE: UCCIDI  la parte cattiva di sé, quella che mette in pericolo “l’oggetto d’amore” originario, che si era
               realizzato nel rapporto con la madre e questa proiezione porta alla lotta contro il padre. In


 Il  principio  etico  di  non  uccidere  è  radicato  nella coscienza  dell’uomo,  per  cui  anche  il   una tale ottica, quindi, la guerra è generata dalla percezione dell’assenza, cioè dalla perdita
 criminale che ammazza, in genere si rende conto di agire contro una regola morale. La grande   del rapporto assoluto con la madre di cui il bambino ha bisogno ogni minuto… La mancanza

 eccezione a tale legge etica è presente nella mentalità di chi combatte in guerra. Ciò sembra   di questo rapporto genera in lui l’esperienza del lutto. Nel processo di regressione dell’Io

 un inesplicabile paradosso, che spinge a mettere in dubbio l’esistenza del principio morale   nel gruppo, la guerra esprime il rigetto paranoide dell’elaborazione del lutto e ha sempre,
 prima esposto, facendo dire a Freud che non c’è amore per il prossimo, gli esseri umani sono   secondo gli psicanalisti, un significato difensivo, anche quando è di aggressione. Si tratta

 una masnada di criminali e che nei popoli civilizzati alberga l’assassino come nei primitivi.   di una difesa dal nemico esterno ma anche, e soprattutto, dal nemico interno, invisibile e

 In effetti la storia dell’uomo è insanguinata da continui massacri e il contenuto di ogni guerra   terrificante, nato dall’esperienza del lutto. A questo proposito Recalcati fa l’esempio di una
 è l’uccisione del proprio simile, per cui, in tale circostanza, l’assassinio non solo è lecito,   nazione che ha perso del territorio e non può più rivendicare la potenza di un tempo, ma

 ma è addirittura un imperativo morale: tu devi uccidere! Nell’esperienza psicologica della   che, anziché elaborare il lutto di questa perdita, scatena una guerra imperialista. Ovviamente

 guerra l’uomo tratta la morte e l’odio come qualcosa di pubblico, che non gli appartiene e   questa lettura psicanalitica della guerra, lungi dal giustificare un’aggressione, vuole solo essere

 che quindi prescinde dalla propria responsabilità. Nella realtà bellica, indipendentemente   una risposta al perché di tale follia. Altro elemento caratteristico di un conflitto è l’assenza
 dai motivi per cui si combatte, si ha sempre il capovolgimento del rapporto fra ragione   di comunicazione fra i contendenti. Nel momento in cui avviene il conflitto, la diplomazia

 e istinto, col primato di quest’ultimo. In altri termini, emerge il contenuto immorale dei   non riesce a mettere in dialogo le parti e cala il silenzio, interrotto dal rumore sinistro delle

 nostri sogni, cioè dell’inconscio, che non conosce la legge morale e vive nel grande oggi,   bombe e delle sirene. Tutto ciò nasce spesso dalla dittatura infatti, la democrazia, è parlarsi
 nell’adesso. Uno studio approfondito delle motivazioni che portano l’individuo a combattere   ed elaborare il lutto, laddove la mancanza di ciò è violenza e morte. Nella sua analisi storica

 è stato effettuata nel secolo scorso da Franco Fornari, dando un’interpretazione psicanalitica   delle guerre Fornari fa una parallelismo tra l’evoluzione tecnologica, la distanza fisica tra i

 a partire dall’esperienza sconvolgente della Seconda guerra mondiale. Per Fornari la guerra   combattenti e le fasi della sessualità del bambino, in un processo inverso. In altri termini,

 è data dallo scatenarsi di comportamenti psicotici e allucinati. Al fine di comprendere i   egli osserva che abbiamo avuto un primo periodo storico, che collega simbolicamente con
 meccanismi psicologici, che sono alla base di questo sovvertimento morale, dobbiamo fare   la fase del sadismo genitale, di penetrazione, in cui l’uso di spade comportava la massima

 riferimento agli studi di Freud sull’Es, sull’Io e sul Super-Io, le tre istanze della personalità la   vicinanza tra i contendenti. A ciò è seguito un secondo periodo, di maggiore distanza,

 cui interazione genera il comportamento. Com’è noto l’Es è la parte primitiva che comprende   caratterizzato dall’impiego di armi da fuoco, fucili e cannoni, che identifica col sadismo anale.
 le pulsioni interne e i comportamenti irrazionali, volti ad ottenere il piacere immediato. Con   Un terzo periodo con l’impiego di armi atomiche o chimiche, che vede l’assoluta lontananza

 lo sviluppo della personalità, nel bambino, si viene poi a formare l’Io che segue il “principio   fra i contendenti, che identifica con il sadismo orale. In questa terza fase si sviluppa una

 di verifica della realtà” grazie al quale l’energia istintiva dell’Es viene repressa. Il Super-Io è   prospettiva pantoclastica, di distruzione planetaria, capace pertanto, paradossalmente, di
 poi l’ultima struttura della personalità, in ordine evolutivo e gerarchico, e si identifica con la   mettere in crisi la guerra stessa, perché comporta l’uccisione non solo del nemico, ma anche

 legge, che detta i principi del bene e del male. Ma nella guerra, paradossalmente, si ha una   dell’amico e dell’oggetto d’amore interno. Per questo motivo, l’umanità, fortunatamente, non

 saldatura tra l’Es e il Super-Io per cui il principio istintivo che spinge ad uccidere coincide   è giunta a metter in pratica questa terza fase, per cui i conflitti, anche quelli più sanguinari ed
 con la legge che lo permette, anzi lo vuole. Pertanto, quella che è la massima aberrazione per   estesi, continuano ad avere modalità locali. Sul tragico palcoscenico della guerra il tenebroso

 il Super-Io, cioè l’assassinio, diventa addirittura un dovere. Inoltre, nel tentativo illusorio di   scenario di morte e di sofferenza e di odio si ripete da secoli, allo stesso modo e, allo stesso

 porre un po’ di ordine a questa follia collettiva viene stabilita una falsa legge, cioè un codice   modo, dietro le quinte, da secoli si ripete, con affanno, l’amore senza fine di chi soccorre.

 di guerra che permette l’omicidio e punisce atti aberranti contro il nemico, quali lo stupro   Bruno Brundisini Copyright Febbraio 2024
 e la tortura, definiti crimini, come se il procurare la morte non lo fosse! In tale dinamica la

 guerra esprime la mentalità di gruppo in cui l’Io perde il contatto con la realtà e questa viene

 verificata erroneamente nel consenso dato dal gruppo. Si tratta quindi di una verifica illusoria,
 che Fornari chiama “dereale”, inserita in una dimensione paranoide. Pertanto, la saldatura

 tra Es e Super-Io determina il prevalere delle necessità del gruppo su quelle dell’individuo.

 Infatti, questa verifica allucinata della realtà, identificata con le necessità del gruppo, porta

 alla crisi delle istanze individuali, quali l’istinto di conservazione, a favore di quelle del
 gruppo, all’accettazione del sacrificio e all’idealizzazione del capo come figura cementante la

 collettività. Da un punto di vista del simbolismo psicoanalitico, il gruppo è sempre strutturato

 nel rapporto regressivo madre-figlio che si ricollega alle fasi dello sviluppo psicologico del
 bambino nei primi mesi di vita, come emerge dalle analisi di René Spitz. Volendo schematizzare

 i diversi passaggi di questo rapporto, si ha un periodo iniziale di unione totale del bambino

 con la madre, caratterizzato da un senso di onnipotenza. Però verso l’ottavo mese il bambino
 si accorge che c’è qualcun altro, che egli percepisce come estraneo, e che pertanto avverte

 come ostile, da combattere, in quanto espressione della non presenza della madre. Pertanto,

 la tendenza aggressiva è primaria, cioè innata, poiché precede l’eventuale atto di aggressività
 da parte dell’estraneo. Nel meccanismo psicologico della guerra, sul nemico viene proiettata






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