Page 97 - RIVISTA NOIQUI DICEMBRE 2023
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aNTONELLA POLENTA
nell’aceto assieme a rametti di rosmarino, foglie di salvia, spicchi d’aglio, alcune rondelle di
Maiano Lavacchio, 25 dicembre 1943 cipolla e bacche di ginepro avrebbe cucinato la scottiglia, una specie di stufato a lenta cottura
da cuocere in un tegame di coccio con l’aggiunta di vino rosso. Per contorno patate cotte nella
Dora ci teneva a far bella figura con gli ospiti, soprattutto perché non li conosceva, anzi, a cenere, fagioli all’uccelletto e come sfizio i ciaffagnoni. Un cibo semplice, d’origine contadina
dirla tutta, provava un certo imbarazzo. Imbarazzo non legato a una questione di ceto sociale. da gustare con una spolverata di pecorino grattugiato sopra.
Un salumaio non occupava un gradino superiore a quello della sua famiglia. Piuttosto non Alla mezza in punto il rombo di un motore annunciò l’arrivo degli ospiti. Dora sfilò il grembiu-
gradiva essere criticata o guardata con supponenza. La sua casa era umile, i soldi scarsi, gli le, lo appese a un gancio, si rassettò i capelli e preceduta da Agenore li raggiunse.
abiti non alla moda, ma la dignità era tanta. Già due giorni prima del Natale aveva lustrato i
pavimenti, spolverato tutte le superfici, lavato i vetri delle finestre. Aveva persino richiesto ai Brano tratto da “Quell’anno le margherite divennero rosse” – Pegasus Edition per augurarvi un
ragazzi di rimediarle un ramo di abete o di pianta similare per approntare una sorta di albero sereno e lieto Natale e buone feste.
di Natale da addobbare con piccoli manufatti in lana. Emanuele tra le essenze boschi- ve di
Monte Bottigli aveva trovato addirittura alcuni rami di agrifoglio. Mentre Corrado e i suoi
amici, facendo attenzione alle spine, erano riusciti a estirpare un piccolo ginepro. Già di suo
molto decorativo. Le bacche violacee rappresentavano un ornamento naturale cui Dora ag-
giunse stelline e palline colorate fatte con la lana.
L’unico inconveniente: il tavolo sul quale dovevano desinare non poteva accogliere più di una
decina di persone, per cui la famiglia di Maria non avrebbe potuto aggregarsi. In aggiunta le
bambine con i loro schiamazzi avrebbero reso quel giorno di festa un vero e proprio inferno.
Il solo a essere dispiaciuto era Lele che avrebbe gradito avere accanto la sua Flora. Invece
Corrado ne fu contento. Malgrado avesse solo tre anni più del fratello, spesso o proteggeva
come un padre fa col figlio. Da quanto aveva appurato negli ultimi tempi, Flora non era la
ragazza adatta a lui. Era civettuola e anche bugiarda. Le volte in cui l’aveva vista gironzolare
per i campi non erano motivate dall’amore per la campagna o per le passeggiate in mezzo alla
natura, come voleva far credere, ma per incrociare Alvaro Minucci di cui, a quanto pare, si
era invaghita. Al tempo stesso teneva sulla corda Emanuele che non si era accorto di niente.
Eppure, Corrado aveva tentato di farglielo capire, affettuosamente, con le dovute maniere per
non ferirlo.
Non appena Dora aveva saputo che i genitori di Mariella avevano accolto di buon grado l’in-
vito a pranzo, una sorta di latente nervosismo si era impadronito di lei. Forse aveva sperato
che non accettassero, avanzando la scusa della mancanza di sicurezza sulle strade. Probabil-
mente era stata una mossa avventata la sua. Come avrebbe giustificato la presenza dei tre
ragazzi? Meno gente sapeva e meglio era. Per l’incolumità di tutti.
«I segreti per restare tali devono essere custoditi in fondo all’anima», asserì Dora, parlando col
figlio. «Come si dice dalle parti nostre: in bocca chiusa, ’un c’entra mosche!».
Corrado l’aveva rassicurata che in quel poco tempo tra-scorso con la fidanzata si era dedicato
ad altro. In ogni caso li avrebbe presentati come semplici amici e non, di certo, come renitenti
alla leva o imboscati.
«Mi raccomando figliolo, parlane con loro! Nella rimessa bisogna nascondere i pagliericci e le
loro cose».
E inoltre c’era il problema della scelta dei cibi. Non poteva offrire loro patate e zuppa di fa-
gioli. Ma la provvidenza aveva fatto la sua parte anche questa volta. La passione di Corrado
per l’arte venatoria lo aveva condotto sulle tracce di un cinghiale. Dopo tre giorni di apposta-
menti, finalmente l’ungulato si era soffermato a grufola-re tra le foglie secche, scovando una
famigliola di funghi dal cappello largo, liscio e violetto che cresceva in cerchio. L’avvistamen-
to dei cerchi fungini era considerato un fenomeno legato a stregoneria dai più superstiziosi,
oppure alla buona sorte da coloro che scorgevano il bene in ogni cosa.
Per Corrado era stato un segno propizio che gli ave-va permesso di assestare due colpi di
fucile sulla nuca della bestia. Con l’aiuto degli amici l’aveva legata e trascinata fino al podere.
Assieme al padre l’aveva scuoiata e fatta a pezzi.
A Dora non parve vero. Avrebbe servito un pranzo da re. Con il fegato ricavò il paté da spal-
mare sul pane abbrustolito. Con la polpa tagliata a tocchi e lasciata marinare per due giorni
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