Page 17 - RIVISTA NOIQUI DICEMBRE 2023
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Maria Rita Cuccurullo
I mille perché dell'anima
Perché chi vive l'esperienza dell'adozione sente pulsante il bisogno di risalire alle proprie
origini biologiche? Cosa spinge una persona adottata con un proprio vissuto fatto di realiz-
zazione, affermazione a cercare i propri genitori naturali? Non è semplice capire profonda-
mente le motivazioni che spingono una persona affettivamente, umanamente, socialmente
accettata a ricercare sempre e comunque le proprie origini. Quel tassello imprescindibile che
manca alla propria esistenza per ritenersi, per così dire, completa. Si, perché, ogni persona
adottata può avere una vita appagante sotto tutti i profili, ma sentire sempre forte, radicato,
presente quel bisogno umano di identificazione, di appartenenza, di radice. Il profondo senso
di inadeguatezza derivante da un'appartenenza per così dire 'acquisita' attraverso l'adozione
appunto, è significativamente limitante. Ciò non significa che una persona con esperienza di
adozione non riconosca, non ami, non rispetti le persone che le hanno dato un'altra oppor-
tunità, praticamente una vita da vivere in maniera sana, serena. I genitori di cuore rappresen-
tano il fulcro del proprio 'essere' in una maniera dignitosa, reale, concreta, coloro i quali non
si lascerebbero per niente al mondo. Le proprie radici affettive, il proprio essere al mondo in
maniera completa. Eppure, il non conoscere l'identità delle persone che hanno dato la vita
biologica lascia sempre dentro quel vuoto lacunoso al punto che non basta una vita a colmare
un abisso affettivo fatto di assenza di identità, riconoscimento. L'abbandono in sé provoca
inevitabilmente ferite laceranti. Si traduce in un rifiuto con il quale ogni persona abbandonata
alla nascita deve fare i conti in ogni istante della sua vita. L'abbandono in quanto tale, genera
un forte senso di frustrazione derivante appunto dalla privazione, dalla negazione, dal non
essere accettati e riconosciuti. Conseguentemente pervade la sensazione di non essere mai
all'altezza, non essere mai abbastanza importanti per gli altri, non essere mai completamente
accettati. Molti vivono infatti costantemente sentimenti di sfiducia, scarsa autostima, bisogno
continuo di approvazione e fame d'amore. Le persone che abbandonano i propri figli in qual-
che maniera creano distanze, ponti di inesistenza, inevitabilmente condannano loro ad una
fame irrefrenabile di visibilità affettiva. Si aprono voragini di incertezze, vuoti affettivi, senti-
menti di inadeguatezza insieme ai tanti, i mille perché del rifiuto. 'Perché sono stato abbando-
nato, chi è mia madre, chi è mio padre, a chi assomiglio, perché non potevano tenermi, non
mi amavano?' Mille dubbi, zero risposte. Non è facile, per davvero vivere con questi fantasmi
di inesistenza. Si apre, ogni volta, uno scenario comune a tante persone unite dall'esigenza
forte di risalire al puzzle della propria identità, a risposte, spiegazioni, certezze. Motivazioni
che hanno un unico comune denominatore. Il potere di generare sentimenti pervasi da dolo-
re, solitudine, sofferenza.
'Chi siamo, dove andiamo?' I mille perché che attanagliano l'anima. Non è pensabile che in
un'epoca storica in cui ogni cosa diventa possibile e si superano limiti, confini invalicabili,
non si riesca a restituire possibilità, opportunità, normalità a quanti tali possibilità sono sta-
te negate per circostanze di vita e limiti legislativi. Riconnettersi con la propria rete affet-
tiva biologica, quella parte essenziale del sé che rappresenta identità, appartenenza, radice
e' un diritto imprescindibile dell'essere umano che sottende rispetto, dignità, individualità.
Patrimonio prezioso, pilastro essenziale dell'esistenza, innegabile ad ogni essere umano!
Maria Rita Cuccurullo
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