Page 89 - RIVISTA NOIQUI LUGLIO 2023
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una ragazzina coraggiosa e forte. Accontentarsi ogni 26 luglio di riporre una corona di fiori
sulla sua tomba nel cimitero di Partanna dove è stata tumulata. Troppo poco. Non basta. Biso-
gna fare luce, capire, ascoltare, indagare, cercare ancora. Perché Rita è morta sola? Perché non
vi era nessuna scorta? Perché il Tribunale dei Minori non ha disposto particolari attenzioni per
una minorenne? Perché nessuno sapeva in Procura a Marsala dove fosse? Perché I suoi occhi
continuano a guardarmi chiedendomi verità? Lo ha detto lei: “la verità vive”. Allora non è mor-
ta su quel marciapiede, allora bisogna fare uno sforzo in più, avere il coraggio che ha avuto
questa ragazzina che potrebbe essere la sorella di tutti, l’amica di tutti, la figlia di tutti. Ma di
sicuro non possiamo restare indifferenti e impassibili. Prima di scrivere questa riflessione amara
e dolorosa, ho sentito Nadia Furnari, le ho detto: “Ho letto tutto il libro, ho visto il servizio
speciale dedicato a Rita. Ho i brividi. Scriverò per la picciridda. E’ l’unica cosa che posso fare
per lei. Rita lo sa, ho solo le mie parole da poterle donare.” Nadia mi ha risposto: “L’hanno la-
sciata sola. Ci hanno lasciati soli. Rita ha bisogno della tua voce, delle voci di tutti noi. Grazie
Bia.” Sola, mi riecheggia questa parola, mi strazia. Ritorna alla mia mente la frase di Francesca
Morvillo rivolta verso il suo amato Giovanni: “Ti hanno lasciato solo”. Ritorna la consapevo-
lezza di Paolo Borsellino che dopo la morte dell’amico fraterno Giovanni Falcone, lavora gior-
no e notte per portare avanti più velocemente che può le indagini, perché sa che è solo. Sola è
Rita. Sola in vita, per le sue decisioni, sola durante la morte. Sola mentre scrive il suo diario, sola
mentre si muove per le vie di Roma, sola con il suo dolore e la sua sete di verità. Sola, ancor di
più dopo la morte di Paolo Borsellino. Sola, senza Gabriele, il fidanzatino che nulla sa che Rita,
il 26 luglio del 1992 è già in un obitorio. Sola, tra quei pochi metri di quell’appartamentino al
settimo piano in viale Amelia, civico 23, in cui appaiono, scompaiono oggetti, frasi, disposizio-
ne di mobili e in cui si ritrova la sua carta di identità, con nome e cognome. Quasi a ribadire fino
alla fine chi è, senza paura, senza mistificazioni, senza compromessi, pur sovvertendo le regole
dei testimoni di giustizia a cui viene rigorosamente tolta la carta di identità con le proprie gene-
ralità e ne viene consegnata un’altra. Eppure Rita muore con il suo nome e cognome impressi
nel suo documento di identità. Chi entra nell’appartamento di Viale Amelia, quel maledetto 26
luglio, dalla finestra trova: nome, cognome, età e comune di nascita di Rita. Non potevano che
scegliere un titolo migliore per il loro libro-inchiesta, le scrittrici: Io sono Rita, non una giovane
donna qualunque, ma Rita Atria. Se ne va senza disturbare nessuno ma se ne va a testa alta e con
il coraggio indomabile di una guerriera. Ha pagato il prezzo, il fio, il conto. Lo ha pagato da
donna, non da mafiosa. Non da ragazza nell’ombra. Lo ha pagato con la vita, come i grandi eroi
del quotidiano, perché ha fatto il suo dovere fino alla fine, non accettando compromessi, collu-
sioni, compiacenze. Se ne va eppure resta. Resta in questo libro inchiesta, resta nel coraggio di
chi parla di lei senza paura. Resta in chi come me le sorride e non può che donarle la propria
voce. Resta simbolo di una Sicilia che vuole cambiare, che vuole rinascere, che vuole vivere di
verità. Una Sicilia che vuole sognare un mondo pulito, onesto, migliore come lo sognava lei ma
non in maniera sentimentalista e romantica. Lo vuole sognare costruendolo, con coraggio, de-
dizione, passione, senso del dovere, senza vie comode. Picciridda mia, grazie per essere entrata
nella mia vita, per aver squarciato verità preconfezionate sulla tua storia, per avermi suggerito
parole e la forza di scriverle. Perdonaci Rita, se ti abbiamo lasciato sola. Se ti abbiamo fatto sen-
tire abbandonata, senza alcuna protezione e cura. Perdonaci per l’assenza delle Istituzioni, per
chi doveva esserci e non ci è stato. Te lo dico dopo quasi trenta anni dalla tua morte. Ma te lo
dico, da donna, da docente, da scrittrice ma soprattutto da siciliana. Perché la tua storia non è
finita su quel marciapiede e in quegli archivi. Te lo hanno promesso prima di me, Graziella, Gio-
vanna, Nadia. Te lo prometto anche io. Se può servire a qualcosa, se può servire ancora, ecco le
mie parole. Ecco il mio amore incondizionato per te, ecco la mia carezza sul tuo viso, sulla tua
spalla, ecco il mio sorriso mischiato al tuo, ecco la mia rosa rossa sulla tua indomita forza.
Fabiana Bia Cusumano.
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