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fAbIAnA bIA CusuMAnO


               avrebbero dovuto prendersi cura di una ragazzina, una minorenne, partita dalla Sicilia, sotto

 La verità vive  copertura, perché aveva avuto il coraggio di dire e raccontare nomi, cognomi, fatti di mafia.

               Perché aveva avuto il coraggio indomito e fiero di denunciare atti criminali, omicidi, estorsioni,
               giro di droga, di armi, delitti atroci. No, Paolo Borsellino non era l’unico che poteva o doveva
 a Rita Atria  proteggerla. Rita, orchidea lei stessa, così come nel suo testamento, quasi presentendo che la sua

 Ho dormito con Rita, per mesi, per settimane. Con Rita, ovvero con il libro che hanno scrit-  vita lunga non sarebbe stata, aveva scritto di desiderare alla sua morte, muore sola. Una rosa
 to su di lei e per lei, tre donne: Graziella Proto, Giovanna Cucé e Nadia Furnari. Ho accarez-  rossa e una orchidea sulla bara, abiti neri, un papillon, capelli sciolti, così dice, nel suo testamen-

 zato la copertina di questo libro per intere notti. Ho avuto scolpito dentro il volto e gli occhi   to di voler morire. Un funerale essenziale, senza troppo clamore. Pochi i presenti che avrebbe

 profondi di Rita, da quando ho con me il libro. Il suo sorriso appena accennato mi ha fatto   voluto, non la madre. Non credo che in Rita vi fosse odio per quella donna, solo una incontro-
 compagnia nei miei giorni pieni di interrogativi sulla sua storia che giunge a me perché lei ha   vertibile contrapposizione di scelte su quale parte stare al mondo. Impossibile vivere in due

 bisogno di voce e di parole, tutte quelle che ad un certo punto non ha potuto più dire. Rita   mondi contemporaneamente. Si può stare o da una parte o dall’altra. O piegati e sopraffatti

 potrebbe avere adesso 48 anni, a settembre 49. Potrebbe essere mia sorella, potrebbe essere   dalla Mafia, testa china e bocca chiusa o dalla parte della giustizia, della verità. Testa dritta, boc-
 mia amica, una mia ex compagna di Istituto Superiore. Davvero pochi chilometri ci separano.   ca aperta per parlare senza paura. Ovvero con la paura dentro le ossa ma con la consapevolezza

 Castelvetrano e Partanna sono così vicine. Gli anni che oggi avrebbe sono altrettanto prossi-  di essere dalla parte giusta. Di fare il proprio dovere da giovane donna, da cittadina, da figlia che
 mi ai miei. Eppure forse perché in un folle volo, la sua vita si è fermata per sempre a 17 anni,   cerca risposte sugli assassini del padre e del fratello, nonostante sappia che sono mafiosi, crimi-

 la sento quasi un po' figlia. Sì, se avessi avuto un’altra figlia così l’avrei chiamata: Rita. Guardo   nali, con atteggiamenti prevaricanti, lesivi della dignità umana, assassini. Nonostante tutto, sono

 la copertina del libro che da mesi ormai è inseparabile da me. Noto la mano su cui dolcemen-  il padre e il fratello, sono le radici inquinate e tossiche da cui viene Rita. Prendere le distanze è
 te poggia il suo volto. E’ ritratta in questa posa. Come se dovesse poggiare il suo capo, troppo   necessario, inevitabile. Sognare un mondo più giusto e onesto è un diritto, non solo un dovere.

 pieno di dolore e fatica sulla sua mano, per aiutarsi inconsapevolmente a reggerlo. Anche io   Rita lo sa. Lo sa quando prende quella corriera e piuttosto che andare a Sciacca a scuola va drit-

 lo faccio spesso. In molte mie foto anche io poggio spesso il mio viso sulla mano. La sento   ta in Caserma a Marsala e comincia a raccontare quello che in tanti anni ha visto, ha ascoltato,
 figlia, con il cuore gonfio di rabbia e verità. Di ingiustizie e soprusi. Troppo presto, morire   ha custodito, ha intuito, ha vissuto. Rita lo sa che da quel momento in poi la sua vita sarà un’al-

 solo a 17 anni. Ma il suo sguardo fiero, il suo carattere forte, il suo coraggio di giovane donna   tra. Sarà una vita che non conoscerà più la spensieratezza e l’allegria di una adolescente. Le feste,

 non sono morti su quel marciapiede in Viale Amelia. Un tonfo e quei sette piani sono impla-  i balli, gli amori, i giri a zonzo per il paesino, le giocate a carte con gli amici. Rita lo sa che da
 cabili assassini. Avrei voluto stringerle la mano in quel 26 luglio del 1992. Lo fa una perfetta   adesso in poi sarà chiunque e nessuno. Che comincia un calvario di nomi nuovi, di valige da fare

 sconosciuta, a cui va il mio grazie e il grazie di tutte le persone che non ci sono potute essere.   e disfare, di traslochi, di case anonime, destinazioni ignote. Sarà un fantasma per gli altri, forse

 La signora Lucia, corre giù dal suo appartamento. Si precipita sul corpo di Rita che rantola   anche per sé. Una testimone di giustizia fondamentale per la Magistratura in un processo che
 sull’asfalto rovente su una via qualsiasi della zona sud-est di Roma. Nessuno sa chi veramen-  consegnerà alla giustizia più di 50 persone e che accenderà dubbi e solleverà inchieste non solo

 te sia, nessuno sa la sua storia. Nessuno dei suoi familiari può essere presente. Il padre è mor-  sui soliti nomi noti ma anche su nomi insospettabili, su politici affermati, su cariche dello Stato

 to tanti anni prima, in un agguato mafioso, mafioso pure lui. Il fratello a cui Rita era molto   colluse in una zona d’ombra che non dovrebbe esistere. Nomi coinvolti in giri di soldi pazze-
 legata ha avuto la stessa implacabile sorte. La madre, la signora Giovanna ha scelto di restare   schi, in finanziamenti pubblici che sarebbero serviti per la ricostruzione anche del suo paesino

 a Partanna chiusa nella sua casa macchiata di sangue e orrore. Un marito e un figlio uccisi. La   colpito dal dramma devastante del terremoto del Belìce, nel 1968. Ma quei finanziamenti si di-

 figlia maggiore Anna Maria, per scelta è andata a vivere lontano dalla Sicilia, insanguinata da   sperdono in rivoli senza esito. Dove finiscono quei soldi? Dove è la ricostruzione della valle del
 una faida crudele e senza scampo tra cosche mafiose, gli Accardo e gli Ingoglia che si fanno   Belìce e come è stata concretamene realizzata se ancora oggi molti paesi della mia terra restano

 la guerra per il potere assoluto. Anna Maria la sorella più grande della piccola Rita, vuole met-  incompiuti? Incompiuto come tutto sembra essere in questa Trinacria feroce che spesso non

 tersi in salvo, scacciare dal suo cuore e dalla sua vita, quella lettera scarlatta con cui è impos-  vuole avere lo sguardo alto e pulito di Rita. Che non vuole accettare che sia possibile cambiare,
 sibile vivere nel proprio paese: essere figlia e sorella di mafiosi. Non c’era nessuno accanto a   scegliere di essere dalla parte giusta. Perché chi lo fa viene fatto fuori. Come vengono fatti fuo-

 Rita lì su quel marciapiede, mentre per le fratture e i traumi lentamente si avviava verso la   ri magistrati, giudici, giornalisti, sindacalisti, pentiti, testimoni di giustizia, solo per aver scelto la

 morte. Non vi erano il padre e il fratello morti da anni, la sorella lontana al Nord che nulla   verità, senza compiacere il sistema, senza resa fino all’ultimo respiro o rantolo. Eppure Rita di
 sapeva dove si trovasse la giovane Rita, non vi era la madre, non vi era una scorta. La più gio-  cui ancora oggi troppo poco si parla, troppo poco si sa, troppo poco si è fatto, è vera. E’ stata

 vane testimone di giustizia italiana muore nel silenzio assordante delle istituzioni. Non vi era   una ragazza in carne ed ossa. Non è un miraggio o un sogno. E’ una giovane donna siciliana che

 nessuno a custodirla, a proteggerla, a vegliare su di lei. Muore sola, abbandonata da tutti, con   ha rinunciato ai suoi progetti per il futuro, al suo desiderio legittimo di essere amata e di amare,
 la mano della signora Lucia che le accarezza la spalla, il volto, prima dell’arrivo dell’ambulan-  magari essere moglie, madre, magari potersi godere i suoi nipoti, magari diventare una profes-

 za in una corsa disperata verso l’ospedale San Giovanni, in cui dal coma profondo Rita pas-  sionista. Chissà cosa avrebbe potuto essere se quel 26 luglio la sua vita non fosse finita lì su quel

 serà irreversibilmente verso la morte. Anche all’ospedale è sola. Nessuno è in sala d’ attesa   marciapiede, senza potere dire chi o cosa veramente sia accaduto. Suicidio, è stato scritto e det-
 con lo strazio nel cuore ad attendere il miracolo. Resta sospesa tra la vita e la morte per alcu-  to ovunque. Caso archiviato. Caso scomodo. Meglio chiudere tutto. Rita dopo la morte di Bor-

 ne ore, in un limbo in cui pare trovare pace. Quella pace che lei ha sempre cercato ma che   sellino cade in depressione, si getta dal balcone. Ma perché sarebbe andata così? Almeno chie-

 sapeva sarebbe stata un sogno da vagheggiare senza resa ma un sogno. Muore dopo meno di   diamocelo.  E’  quello  che  fanno  tre  donne:  Graziella,  Giovanna,  Nadia.  L’  Associazione
 una settimana dall’uccisione brutale del giudice e magistrato Paolo Borsellino a cui Rita era   Nazionale Antimafie Rita Atria e la sorella di Rita hanno chiesto la riapertura del caso Rita Atria,

 molto legata, quasi fosse quel padre buono che avrebbe desiderato sempre avere. Muore e   facendo ricerche infinite, contattando chi ha potuto vedere, intuire, capire qualcosa. E il li-

 sembra che con il giudice Borsellino muoia la sua speranza di essere protetta. Ma Paolo Bor-  bro-inchiesta pubblicato nel maggio del 2022 da Marotta & Cafiero, a firma Cucè -Furnari- Pro-
 sellino non era tutto lo Stato, non era tutta la Magistratura, non era tutte le Istituzioni che   to pretende ascolto e non può non averne. Non si può sprecare così come nulla fosse la vita di






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