Page 23 - RIVISTA NOIQUI MAGGIO 2024
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non vi era in lui nessuna rivolta verso la società, ne era fuori e non contro. Voleva essere notato
nella sua lontananza, lasciato nella pace della poesia dove soltanto riusciva a tenersi distante dai
suoi mali e dal tempo che lo sfigurava, che lo faceva apparire come in un sogno dimenticato.
Ed era tutt’uno con i suoi versi, scritti in modo frenetico e senza soluzione di continuità, quasi
a voler dimenticare quell’altra vita, la sua vita. La mole di scritti di Lorenzo Calogero è ancora
in larga parte da studiare in modo approfondito, rimediando all’errore grossolano di ricondurre
il tutto al “fenomeno” romanzato post mortem, sintetizzando l’opera del poeta in maniera
superficiale, un’opera che ha una sua complessità sotto più punti di vista, sia per ciò che riguarda
i contenuti che la forma, i suoni, i colori, i vari toni usati che variano nei diversi stati d’animo
riassunti in un’unica “angoscia del vivere”.
Povere cose miracolose che sono le cose dei poeti, è riportato sulla sua lapide, così come da egli stesso
scritto, le povere cose miracolose dei poeti, quelle che avvengono quando il poeta muore e per
miracolo rinasce a nuova vita, la vita di cui si appropriano coloro che hanno esercitato quell’oblio
così generosamente riversato sul capo dell’incomprensibile poeta del Sud, o semplicemente
sul capo “dell’uomo non adatto ai salotti buoni della cultura dominante”. Eccolo, dunque, il
miracolo che va sempre di moda, e tutti o quasi a portarci la buona novella di quelle parole così
elevate, che chissà per quale cattiva sorte, ci erano sfuggite.
Come in dittici
Si confonde questo meraviglioso plenilunio
Lo spazio concavo era
una meravigliosa uccelliera,
dove a un nido, ad un bacio ignorato
fluivano meravigliosi i fiumi,
di cui vedevamo la meraviglia da lungi
nel nostro silenzio c’era fame
CLXVII
e sembra un sogno, ma non ho nessuno.
O anima, o madre dei poeti
e al tuo benigno regalo, io poveruomo,
forse nessuno. E languisco nelle tenebre
che mi ha lasciato il tuo smaltato
smalto; io due volte, pronto,
sul punto di uccidermi e anche questo
mi assale in dubbio. I detriti potranno fare
povere cose miracolose e questo mi sale
al labbro, ove io avevo un punto povero
un punto povero di poeta...
CLXVIII
SIMONE BILANCIA
...come era desto il mattino e in fiore
sulle tue labbra...
(Da Quaderni di Villa Nuccia)
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