Page 35 - RIVISTA NOIQUI MARZO 2024
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Gabriella Fortuna





 Il Mediterraneo, un tempo crocevia di cultura,


 ora luogo di disperazione




     Il mar Mediterraneo ha tante storie da raccontare e ha ancora tante pagine da scrivere. Le
 sue acque hanno manipolato le decisioni dei popoli, hanno orientato scelte, sfruttato risorse,

 indirizzato coscienze, ha nelle onde tracciato capitoli di testimonianze e di civiltà. Ma ha

 anche separato, diviso, selezionato.

      Il Mediterraneo centro del mondo, principe di cultura, luogo di arrivi e di partenze. Le sue
 acque parlano di fatti, di vita e di morte, di paure e speranze. Le sue acque si sono confuse,

 coniugate, mescolate per l’illusione di una vita migliore, ma hanno anche seppellito ogni

 speranza facendo naufragare i sogni di persone che avrebbero voluto solcare la chimera della
 fortuna.

      Il Mediterraneo è questo e racconta sempre e ci stupisce sempre di più con gli sbarchi degli

 extracomunitari che si susseguono diuturnamente senza sosta. Un grido di disperazione che

 spesso facciamo finta di non sentire e forse ormai ci siamo abituati alla notizia che non ci
 facciamo più caso. Il problema però c’è e i morti, quelli no che non si possono dimenticare.

 I morti ci sono e anche tanti o sono uno sbaglio di percorso?

      Il Mediterraneo ha la sua storia e non sempre è una storia pulita. Quel Mediterraneo,
 crocevia di culture, nonostante tutto, sta raccontando storie di ordinaria follia di uomini

 inetti che cercano un riscatto.

     Alcuni lo trovano, altri continuano miseramente ad arricchire le tendopoli delle periferie, alla
 mercé di un governo tutt’altro che sordo e cieco, ma che continua ad elargire finanziamenti,

 abbondantemente ed inutilmente. Certo è che il giro d’affari intorno a questo problema

 è immane perché ognuno che arriva deve essere accolto nutrito, curato e mentre il solito
 governo di turno cerca pseudo soluzioni, l’immigrato si dà da fare incrementando le file della

 piccola criminalità, oppure stazionando fuori dai supermercati sperando nella generosità di

 qualche passante.

         Questa  emergenza  non  è  italiana,  non  può  essere  una  questione  politicizzante,  ma
 europea e l’Europa non può rimanere immobile dinanzi a un flusso emigratorio di portata

 pantagruelica, oggetto di una politica interna dissacrante. Non deve essere privilegiata la

 concezione utilitaristica della vita, né una concezione di massificazione. Gli extracomunitari
 devono essere aiutati, lo suggerisce ogni coscienza, lo impone uno stato civile e democratico.

     Occorre semplicemente sviluppare un’etica che implichi la cooperazione, il sostegno,

 l’apporto  di  tutti  con  azioni  pragmatiche  che  diano  certezze.  Una  soluzione  olistica

 comunitaria che impegni più fronti europei perché l’Italia non può trasformarsi in un unico
 grande campo profughi, con l’Europa che sta a guardare, mentre gli italiani elemosinano

 qualche miserabile aiutino. Ma per questo forse, mancano i politici con gli attributi giusti! Ci

 sono troppi interessi economici da spartire per fare una buona politica generalizzante ed è
 per questo che i viaggi della “speranza “continuano ancora.

     E non ci resta allora che guardare il nostro Mediterraneo con gli occhi del passato, quando

 era via strategica, centro dello sviluppo economico e quando aveva un ruolo imponente di
 scambio tra oriente e occidente.

     Fernand Braudel, storico francese, definì il Mare Nostrum “…mille cose insieme”. Aveva

 proprio ragione! Nelle more stiamo a guardare!
 Gabriella Fortuna
















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