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RIVISTA NOIQUI FEBBRAIO 2025     https://www.youtube.com/@noiqui/featured

               zio-ne, il disco che ci racconta di quanto gli piaccia il blues e di quanto ci sia
               bisogno di “Alleria", la sua malinconica allegria, perché “il tempo passa e tutto
               cresce e se ne va, ma noi non cresciamo mai". Siamo nel 1980 ed ar-riva la popo-
               larità, di lì a poco arriverà anche il super gruppo, un insieme di esecutori sullo
               strumento che di meglio non poteva esserci, ovvero parlia-mo di James Senese
               al sax, Tullio De Piscopo alla batteria, Toni Esposito alle percussioni, Rino Zur-
               zolo al basso e contrabbasso e Joe Amoruso al piano e alle tastiere. E con simili
               virtuosi arriva il concerto delle duecento-mila persone in Piazza del Plebiscito,
               il cuore di Napoli. Pino ora ne è il nuovo re (musicale), un re amato come solo il
               popolo napoletano sa ama-re. Solo un altro scugnizzo riceverà lo stesso incondi-
               zionato amore, ma ar-riverà qualche anno più tardi calciando un pallone per
               aria, ma questa, è un'altra storia. Quella di Pino invece prosegue con altri dischi
               fondamentali come “Vai mo' “ e “Bella 'Mbriana", che ne confermano il successo
               in tutta Italia ed anche fuori dai confini nazionali, grazie alla sua capacità di
               coin-volgere musicisti internazionali provenienti dal mondo del jazz come Way-
               ne Shorter fondatore dei Weather Report. Le sue oramai riconosciute doti di
               virtuoso dello strumento, lo vedono duettare con artisti del calibro di Eric Clap-
               ton e Pat Metheny, aprendogli anche le porte di luoghi simbolo come l'Olympia
               di Parigi. E ne ha percorsa di strada il musicante, da quella salita ripida, via San
               Sebastiano, dove si concentrano la maggior parte dei nego-zi di strumenti musi-
               cali della città, una salita che lo conduceva all'istituto Diaz dove si sarebbe di-
               plomato ragioniere, perché lui era anche diplomato, così come ci dice in quel
               famoso brano già citato. Una strada percorsa in-sieme all'amore instancabile
               della sua città e di tutti coloro che lo riconosco come nuovo idolo della scena
               musicale italiana. Ma si sa, Napoli dà tanto ma tanto ti toglie, e per un uomo
               paradossalmente schivo come Pino, con-tinuare a viverci diventa difficile, e così
               le loro strade si separano. Pino va prima a Formia, tra Napoli e Roma, per poi
               proseguire il suo cammino pri-vato ancora più su, in Toscana, in quella che sa-
               rebbe stata la sua ultima tappa terrena. Ma ci torna a Napoli, così come la leg-
               genda narra, spesso di notte, quando quell'abbraccio infinito è meno stringente.
               Gli anni '90 lo vedono proseguire con la sua ricerca musicale continua aprendosi
               a nuo-ve contaminazioni e collaborazioni, nuovi incontri con musicisti naziona-
               li ed internazionali. Senza distinzione di fama o di età, guidato soltanto dalla
               sua  grande  curiosità  di  artista,  una  curiosità  che  lo  porta  a  collaborare  con
               Jo-vanotti, quanto con la cantante israeliana Noa, tra il rap ed il vento di sci-roc-
               co di mamma Africa. Studiava molto Pino, ogni giorno si esercitava su quelle
               corde che faceva vibrare come la sua anima, la nostra, che l'abbia-mo seguito in
               quelle immagini che ci disegnava con le sue note. Note che ci hanno raccontato
               le vie tortuose dell'amore nei suoi particolari minimi, un amore che a volte si
               confonde...con un "calesse". Su quel calesse il Lazza-ro felice ci sale con un altro
               figlio eterno di Napoli, un ragazzo magro e ric-cioluto, un po' goffo, che di nome
               fa Massimo e di cognome Troisi. In co-mune hanno anche una certa pigrizia e
               ritrosia per la mondanità, oltre alla loro arte sublime. E non vi sono dubbi che
               quando s'incontrano, "Le vie del Signore sono fi-nite" ma qualcosa prima o poi
               arriverà. Massimo ha già ricominciato da tre, e Pino gli ricorda che "siamo an-
               geli che cercano un sorriso e che non bi-sogna nascondere il viso, perché la sete
               d'amore non passa mai". È il te-sto di "Quando", dalla colonna sonora del film
               "Pensavo fosse amore ed invece era un calesse". Diverse sono le cose che li acco-
               munano in un'a-micizia profonda. E c'è anche qualcosa che purtroppo li acco-
               munerà nei momenti più complicati, il cuore, quel cuore che tanto si è speso, e
               che pa-re ad un certo punto volerseli tenere solo per sé. Ma quel cuore che sai

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