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come fa quando s'innamora, non ci riuscirà mai a portarceli via, perché in quegli
anni difficili, i due si salutano solo per breve tempo, ed il primo a far-lo è Massi-
mo. Si erano incontrati per la prima volta casualmente, ospiti en-trambi di una
trasmissione televisiva dedicata ai talenti emergenti. Ma è come se si fossero già
conosciuti ed intesi da sempre. Altre furono le mu-siche per film e documentari
composte da Pino, anche per altri artisti suoi conterranei, ma l'incanto tra i due
non si interruppe mai. Pino avrebbe voluto "rubare i volti della gente senza far-
si vedere", parole di una sua canzone. Era riservato, non amava apparire sui
rotocalchi, seb-bene la sua vita privata fosse appetibile da quel punto di vista,
per i due matrimoni, i cinque figli, ed un'ultima relazione sentimentale. Alessan-
dro e Cristina avuti dal primo matrimonio, Sara Sofia e Francesco dal secondo.
I figli che si fanno perché si ha voglia di essere genitori. Genitori, ancora più
complicato esserlo in una terra dove la rassegnazione viaggia su quelle parole
che niente possono fare. E lo sa bene Pino, nato in una famiglia numerosa, il
primo di sei figli, tra fratelli e sorelle. Tornerà a trovarli, seppure di notte quan-
do il buio lo tiene al riparo dall'amore eccessivo che la sua gente nutre per lui.
Quell'amore eccessivo che gli fa decidere di trasferirsi per sempre in Toscana,
immerso tra gli ulivi delle colline ma a pochi minuti dal mare dell'Argentario. Il
mare gli sarebbe mancato troppo, vicino da qualche parte doveva esserci, così
Napoli non sarebbe stata poi così lon-tana. La gente del posto è discreta, non gli
salta addosso, solo un saluto semplice come si fa con un amico. Perché Pino e la
semplicità, in fondo, andavano più che d'accordo. E tra quegli ulivi la sua musi-
ca poteva venire fuori ispirata dalle suggestioni di un tramonto o di un alba. Era
il suo ritorno a casa. Come quella sera del 2015, dopo il concerto di fine anno a
Courmayeur, la fredda Courmayeur con le montagne e la neve. Se nasci a Napo-
li, il tuo rapporto con il freddo non è proprio dei migliori. Il cuore del nostro
musicante è stanco, è come un auto che dopo tanta strada avrebbe bisogno di un
tagliando completo. Ma fuori da ogni similitudine, ci sono fermate il cui percor-
so successivo è fuori dalla nostra portata. Ed anche se sei ancora intorpidito dai
giorni di festa e sei assolutamente ignaro di tutto quanto accadrà solo qualche
anno più tardi, arriva quella notizia che ti la-scia incredulo pur se sapevi ogni
cosa. Per un attimo pensi anche che non sia vero, che non può essere vero, per-
ché la notizia non vera è una delle più diffuse nei nostri tempi di connessione
continua. Pensi, conferme, il telegiornale. I vicoli della sua città già sapevano
che sarebbe tornato a casa, per salutarci tutti, perché lui ci voleva bene e ci chie-
deva solo un poco di tranquillità
ogni tanto. Ma come qualcuno ha
già detto, a Napoli la tranquillità
non la trovi neanche in chiesa. E
dunque, il saluto della città, il dop-
pio saluto, prima a Roma e poi nella
piazza del popolo, come Totò. Ora
chi vorrà potrà portarselo in ogni
momento della giornata con sé, sen-
za alcun ti-more. E non vi è nessuno
spigolo di quella scura pietra vulca-
nica che non parli di lui. È tornato a
casa Giuseppe detto Pino, per sem-
pre.
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