Page 8 - RIVISTA NOIQUI OTTOBRE 2022

MARIA RITA CuCCuRuLLO
QUANTE STORIE COMUNI VIAGGIANO sul binario della ricerca delle origini biolo-
giche anche se non tutti i viaggi portano alla stessa destinazione. Un viaggio di speranza che
a chi mancano elementi essenziali del proprio esistere, è familiare.
Accomunati da una necessità comune, forte, imprescindibile, fondamentale. Come farlo giun-
gere agli addetti ai lavori, a quanti sono impegnati ed operano nell’ambito del diritto di fami-
glia? Solo chi vive una condizione comune può capire! Tutti, proprio tutti, hanno il diritto di
sapere chi sono biologicamente, tutti hanno il diritto di conoscere la propria appartenenza, il
proprio essere. Essere con un nome fittizio, attribuito è un po' come essere a metà.
È vero che siamo il risultato di una combinazione cromosomica e di fattori emotivo/am-
bientali, socioculturali che ci connotano, ci contraddistinguono, ma prima di tutto siamo noi,
il colore dei capelli, degli occhi, dell'altezza e altre caratteristiche psicofisiche. Tuteliamo la
maternità segreta ma l'identità segreta chi la tutela?
È giusto non sapere, è giusto non sapere chi vi ha concepito? Non si può rimanere al mondo
ed essere figlio/a con un’identità attribuita.
Ci sta che dei genitori adottivi diano possibilità di vita a bimbi abbandonati ma l'identità bio-
logica? Un grido accorato che faccia pressione perché a tutti venga riconosciuto il diritto di
ESSERE a tutti gli effetti.
Un figlio destinato all’abbandono è abbandonato per sempre. Mi spiego! È vero che la vita si
allarga in un ventaglio di più o meno fortunate possibilità e risorse che aiutano a vivere, ma
un riconoscimento concreto è d'obbligo!
Chi siamo, da dove veniamo? Una diversità che apparterrà sempre, fino a quando non viene
data la possibilità di ritrovare sé stessi attraverso l'identificazione in occhi che avranno avuto
mille motivi rispettabili o meno per non tenere un figlio, ma non ritrovarsi è come perdersi
una seconda volta.
Rispettare la madre che ha lasciato una prima volta un figlio e che magari sceglie di lasciarlo
una seconda volta attraverso la scelta, una volta interpellata di non voler sciogliere l'anoni-
mato, va bene, ma l'accesso ai dati biologici da parte dello stesso, quello si, deve essere con-
sentito.
Ciò è dovuto in quanto esseri umani a tutela della dignità individuale.
Forse solo così si può cominciare ad abbattere la diversità. Questo grande capitolo è uno dei
tanti che non può e non deve essere sottovalutato!
Street-Art-a-Bordeuax.
8 periodico mensile del gruppo NOIQUI
MARIA MOLLO
FIABA COME STRUMENTO EDUCATIVO-RELAZIONALE
Fiaba: da Fabula, racconto breve, fantastico e popolare, inizialmente divulgata oralmente.
La sua origime, risale tra il 1314 e il 1322 quando l'Europa attraversò una grandissima care-
stia al punto che, non di rado, si assistevano a casi di abbandono di minori e infanticidio. Per
esempio “Pollicino”, tratta proprio di un abbandono per povertà anche se, prevale l'amore e,
di conseguenza, il ritorno a casa del bimbo abbandonato. Prevalgono l'amore e il perdono.
Da tempi lontani, dedicata ai più piccini ma con la capacità d'attrarre anche gli adulti che in-
tendono sognare, che si lasciano trasportare tra i meandri della fantasia. Adulti che, seppure
per un lasso di tempo limitato, riescono a “tenere a bada” le controversie del difficile cam-
mino della vita.
L'adulto, durante la lettura della fiaba, entrerà in simbiosi col piccolo ascoltatore; tra i due si
creerà una sintonia che difficilmente viene riscontrata in altri campi nel loro interagire.
Grande e piccolo, vivranno la stessa avventura della fiaba trattata.
Nell'educazione dei bambini (e ce lo dice anche lo psicologo e psipedagogista Guido Petter),
la lettura della fiaba, dovrebbe essere un elemento spontaneo per genitori, educatori, nonni,
insegnanti, fratelli.
Già dai due anni, i bambini sviluppano il piacere dell'ascoltare una storia che, successivamen-
te, dai sei anni, potranno autonomamente leggere.
Ascoltare una fiaba, dunque, sviluppa il pensiero narrativo in quanto fa sì che si acquisiscano
elementi logici e nuovi vocaboli.
Il bambino, si affeziona ai personaggi; subisce uno sviluppo emotivo e affettivo in quanto
s'immedesima nelle emozioni, le riconosce dando loro un nome. Altresì, acquisisce attenzio-
ne e concentrazione.
Fiaba che, nel passato, ha intrattenuto intere generazioni, fiaba, oggigiorno, messa in discus-
sione dai benpensanti, relegata in un angolo e tacciata come elemento diseducativo.
Sostituita, ahimè, da cartoon moderni che, di educativo, molto spesso, non hanno proprio
nulla, anzi, presentano contenuti violenti, discriminatori, con personaggi dalle forme viscide
e mostruose e che possono provocare incubi notturni.
Ma torniamo alla fiaba.
Il fatto che la fiaba racconti di orco, strega o lupo, è stata tacciata come traumatizzante per i
bambini.
In realtà il bambino, determinate emozioni, le vive con l'adulto e protetto da quest'ultimo,
ragion per cui, riesce ad elaborare le proprie in modo autonomo.
Dunque, la fiaba, ha un valore educativo-relazionale, in quanto, il bambino, impara a rico-
noscere relazioni positive tipo collaborazione, aiuto, perdono, solidarietà e relazioni negative
tipo imbroglio, menzogna, gelosia. Sentimenti tutti esistenti nella vita.
Leggere una fiaba prima di andare a letto, fa sì che il bambino venga supportato nella cono-
scenza del suo mondo interiore.
E via allora, senza indugio... “C'era una volta, nel mare incantato” ....
Street-Art
periodico mensile del gruppo NOIQUI 9