Page 94 - RIVISTA OTTOBRE 2024
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TRA MITOLOGIA E LEGGENDA                                                              ferdinando caputi




                                                                                              C’ERA UNA VOLTA L’EGITTO

                                                                                              LA GRANDE SFINGE DI GIZA -
                                                                                              (Terza parte)

                                                                                              IL PROBLEMA DELL’EROSIONE




                                                                                              Ora  avviciniamoci  alla statua  e
                                                                                              facciamoci             una          passeggiata

                                                                                              tutt’intorno. Il corpo della Sfinge si

                                                                                              presenta  assai  deteriorato,  i  fianchi,
                                                                                              come  la parte  anteriore, presentano

                                                                                              delle  profonde striature  orizzontali

                                                                                              che         la        circondano             quasi
                                                                                              completamente, ho detto  quasi

                                                                                              perché  la  parte  posteriore  è  stata

                                                                                              completamente  ristrutturata  come
               pure le zampe. Sono inoltre presenti numerose crepe lungo il corpo che sono state datate al

               tempo della formazione della pietra stessa. A causa del persistente deterioramento, nel corso del

               tempo sono state compiute moltissime riparazioni. Durante gli anni ottanta del secolo scorso
               l’erosione della Sfinge è stata oggetto di studi approfonditi da parecchi egittologi quali  K. Lal

               Gauri, Mark Lehner e Z. Hassan i quali formularono l’ipotesi che l’erosione è stata causata

               condensa notturna, assorbita per azione capillare, con conseguente evaporazione mattutina, che

               provoca la cristallizzazione dei sali nei pori della roccia e l’erosione in seguito all’espansione dei
               cristalli, fenomeno che può essersi verificato anche quando il corpo è stato per secoli ricoperto

               dalla sabbia. Di parere contrario è il geologo Robert M. Schoch del College of General Studies

               dell’Università di Boston, che studiò a fondo la Sfinge negli anni ‘90, giunse alla conclusione che

               le tracce di erosione che si riscontrano sul corpo della Sfinge e sulle pareti del recinto siano di
               origine alluvionale dovuta  a piogge, piogge torrenziali  che a suo parere  cadevano  copiose

               nell’antichità e non potevano essere cadute dopo il 10.000 a.C. circa, periodo in cui il Sahara

               iniziò a trasformarsi in deserto e le piogge a scarseggiare fino quasi a cessare del tutto, ipotesi
               oggi  accettata  dalla  comunità  scientifica  nonostante  l’egittologia  ufficiale  non  sappia  come

               spiegare questo fatto. Molti geologi contestano le affermazioni di Schoch contrapponendo la

               tesi secondo cui, essendo ricavata in un avvallamento, la Sfinge è soggetta ad essere sepolta nelle
               sabbie, la relativa vicinanza al Nilo e le annuali esondazioni del fiume, che in passato inondavano

               la valle, hanno sicuramente causato periodici innalzamenti della falda freatica con la conseguenza

               che il corpo della Sfinge si sarebbe trovato avvolto da sabbia bagnata, questa sarebbe a loro
               giudizio la causa dell’erosione. Tali convinzioni non sarebbero però confermate dal fatto che i

               segni  dell’erosione  presenti  risultano  più  evidenti  in  alto  e  meno  marcati  in  basso,  cosa

               incompatibile con un’erosione da falda freatica che risulterebbe più evidente alla base della
               statua. Schoch afferma: “Ero convinto che la datazione degli egittologi fosse corretta. Ma, ben

               presto, ho scoperto che le prove geologiche non erano compatibili con quello che gli egittologi

               dicevano”. Schoch ritiene inoltre che in origine potrebbe non essere stata una sfinge, ma un

               leone (o un altro animale). Secondo il geologo già all’epoca del faraone Chefren, che l’avrebbe
               fatta disseppellire per la prima volta, la statua si presentava in uno stato di avanzato degrado

               dovuto all’erosione e che il faraone decise quindi di effettuare un restauro, con l’occasione

               avrebbe fatto modificare decisamente la testa. Afferma ancora Schoch: “La Sfinge era già lì da

               migliaia di anni, è evidente a chiunque che l’attuale testa non è quella originale, essa avrebbe
               mostrato, più o meno, gli stessi segni di erosione del corpo”. Com’era ovvio supporre si è

               verificata subito una levata di scudi contro questa ipotesi da parte di molti scienziati, storici ed

               egittologi accademici, secondo i quali è impossibile che sia esistita una civiltà in grado di costruire
               un monumento come la Sfinge in tempi così antichi. Non è nelle mie intenzioni schierarmi a




                94   periodico mensile del gruppo NOIQUI
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