PREFAZIONE
La prima sensazione che ci avvolge, leggendo tra i versi dell’autrice è, indubbiamente, l’importanza della musica, dei suoni che ci circondano, molto spesso ignorati, volutamente o inconsapevolmente.
Il connubio tra note melodiose ed espressione poetica ha un ché di trascendentale, ad innalzarsi oltre i muri dello sterile quotidiano.
C’è un Dio che aleggia e viene invocato spesso nel suo sentire, una dolce preghiera per chi anela alla parte migliore di umanità un po’ recisa, maltrattata, che ha perso il suo profumo primordiale.
L’urlo del cuore e la speranza sopraggiungono a redimere aliti di vita appassiti come in “Mio cuore” /l’urgenza di gioia non è mai un cielo senza luce/.
Nelle poesie di Angela scorre prepotente un forte desiderio di cambiamento e dona alla poesia, alla musica e all’arte tutta, il potere di riesumare quella sensibilità che barcolla, brancola nel buio e stenta a rimediare dimora di pace.
Tutto il malessere che avverte trova spazio nelle donne iraniane /Schegge di respiri biascicano storie /e cade cade l’istante senza perdono /nell’aria di morte.
I suoi componimenti si muovono leggiadramente tra musica, sogni, preghiera, colori, albe e notti da inventare e amore, nonostante la scrittrice non tralasci la condanna ai soprusi di stolta logica umana.
Il suo resta un richiamo alla vita vera, alla poesia che urla bellezza a fendere l’aria tersa, nonostante nubi di fumo e venti malsani…
È un canto di sinfonie che imprimono speranza, un solfeggio che, pur se inceppato da indolenza, vuol scovar la giusta via alla vita in pretesa di fiamma che arde, il calore disperso e fondamenta su cui costruire il buono che oggi non riesce a rigurgitare da ignote chiusure d’anima.
E la poesia ci viene incontro, a ritrovare noi stessi.
Questo è il più bel messaggio della poesia di Angela Aniello.
Luciano Zampini