Siamo in un tempo perpetuo un’onda che sovrasta le acque mentre dal fondo nasce l’incanto di una vita mai uguale.
Il borbottio ribelle dell’anima che si adagia sulla pelle dell’altro recitando devoti il rosario dell’accoglienza. Io prendo te come mia sposa
nei giorni di sole, nel freddo dell’inverno tra petali di rosa e piangenti stalattiti tra sogni e lividi per amori persi e trovati. Siamo l’alfa e l’omega di questa storia
Un treno che va e uno che arriva stazioni calpestate da mille piedi e poi altri mille che tornano a salutare, a prendere e forse lasciare inesorabile presente
come fu il passato mentre l’estate avanza sghignazzando all’inverno. Rose fresche sulla nuova rupe disegnata dall’ultimo contadino di turno innaffiate dalle piogge di cuori infranti.
Un treno in partenza che arriva all’incrocio della vita e quel capostazione mentre fischia fa un atto d’onore: signori si parte, la carrozza è dietro di voi.
Il pane nero tostato tra le mani tremanti e il profumo balla nell’aria tramortita, il caffè borbotta ancora ruzzolando a fontana dalle tue mani.
Se questa terra smettesse d’affondare proverei a seminare le parole raccogliendone i frutti maturi brindando con un calice alla vita.
Mangio, distratto, e il cuore s’è fatto un monolocale l’inverno è freddo assedia la gola ora che l’alba sbadiglia alla notte non c’è rosa da ammirare ma solitudine e silenzio.
Cerco invano il tuo odore, la solitudine non passa mano!