PREFAZIONE

Tempo presente di Daniela Soncina

L’autrice apre questa raccolta di intime riflessioni sugli scempi della guerra, attraverso versi toccanti, quasi a sentire sulla pelle tutto il dolore inferto, ingiustamente. Poi, dolcemente, si rivolge al tempo, la pace, e ci incita a cogliere l’attimo ché, il passato e il futuro, spesso detraggono fulgore dall’assaporare il presente, seppur fugace. Ricorrono spesso i temi della violenza/femminicidio nelle sue liriche, come a voler espiare il disumano agire nei confronti di esseri innocenti, facile preda della follia umana.

Daniela ci porta verso il senso di parole come il “silenzio” riflesso nel mare, dove coglie la vera essenza di ore che sfuggono tra apparente bellezza e quindi un immediato e amaro retrogusto della realtà.

Ed è un alternarsi di riflessioni sul male che coglie l’animo umano, nel quale si intravede la fievole sua speranza, in un circuito chiuso di emozioni contrastanti nelle quali vibra il suo grido alle assurde storture che ci assorbono e nella sua lirica “Matrioska” si evince chiaramente il risvolto della medaglia a cui fa riferimento:

/ogni volta perdono qualcosa/ed infine… una ne resta. Figura minima, infinitesimale/Quasi il nulla/Un poco che d’altro si riveste/ingigantendosi man mano…

E ancora in “Piange il cielo”:

/ Non chiamatela “umana follia”/nulla di umano/ e nulla di folle/ Lucido calcolo per la sopraffazione.

È evidente che l’autrice risente molto di tutti gli accadimenti storici che si susseguono in nome di una mancanza di fede, di amore, di valori che stentano a restare a galla, come pesci senza acqua.  Attraverso versi poetici asciutti e incisivi si dipana un malessere di fondo che non può passare inosservato.

La parola “apparente” ricorre spesso nel suo poetare e non trova molto spazio la positività anelata; la sua poesia diventa “il respiro” libero, ad innalzarsi in un universo lontano dalla caducità e fragilità terrena.

La pioggia diventa attimo in cui sentimenti incalzanti s’intersecano con il suo profondo sentire, a voler ancora auscultare un battito di vibrazioni sepolto nel nulla che lei avverte, incessantemente. E il suo io interiore mal si adegua alle imposizioni dettate dal vivere quotidiano: /di chi cerca connessione/tra il sè interiore, magico, sfuggente/e l’essere che di giorno/tutto fagocita vorace.

Termino questo viaggio lirico di Daniela confermando una sua interessante sospensione tra aneliti spirituali e dimensione terrena in cui lei vaga, analizza, se ne duole, ne scandaglia e ne carpisce il lato oscuro, la domanda senza risposta, e non trova l’anestetico giusto a sedare il pianto intimo, per cui la poesia ne fa un contraltare alla sua sensibilità e al suo sotteso desiderio di riscatto.

Francesca Patitucci