Page 8 - RIVISTA NOIQUI APRILE 2023
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IL MALE TRASMESSO DALLA FALSA SCIENZA
La notte del 12 marzo 1990, in una squallida casa di riposo per anziani del Maryland, all’età di
86 anni Bruno Bettelheim poneva tragicamente fine alla sua vita. Quello che per 40 anni era
stato considerato uno dei più grandi psicanalisti del Novecento, “un faro nella psicologia con-
temporanea” si chiudeva a chiave nella sua stanza, ingurgitava un’intera bottiglia di whisky,
ingoiava una ventina di pillole di psicofarmaci e si soffocava infilando la testa in una busta di
plastica che annodava al collo. Qualcuno pensò che, con questo gesto estremo, egli avesse vo-
luto dimostrare che rinnegava in maniera plateale tutte le sue teorie psicanalitiche con le quali
aveva, per anni, danneggiato irrimediabilmente coloro che credevano in lui. Nulla di scientifi-
co in tutto ciò. La sua morte era solo la conseguenza di uno stato di depressione senile. Bruno
Bettelheim nacque a Vienna nel 1903 da una famiglia di origine ebraica. Nel 1938 conseguì la
laurea in filosofia con una tesi su Kant. In quello stesso anno, quando l’Austria fu annessa alla
Germania hitleriana, fu deportato nei campi di concentramento di Dacau e di Buchenwald,
da cui poco tempo dopo sembra che sia stato rilasciato in seguito ad un’amnistia. Si rifugiò,
quindi, negli Stati Uniti ove insegnò psicologia e diresse l’Orthogenic School, un istituto che
si occupava di autismo e disturbi emotivi dell’età evolutiva. Ne diventò il direttore adducen-
do falsi titoli accademici, pubblicazioni plagiate, millantando competenze mai possedute e
quant’altro per cui, oggi, nonostante abbia ancora degli irriducibili e testardi sostenitori, Bru-
no Bettelheim è considerato da molti semplicemente un impostore che ha costruito la sua
immagine sulla manipolazione e sulle complicità. A questo proposito Richard Pollack, autore
della sua biografia più attenta e documentata, scrive che egli si attribuì “mille millanterie resi-
stenziali” e non esitò ad accusare gli ebrei di essere stati poco coraggiosi durante le torture e
al momento della morte. Sono discutibili e dannose alcune tesi da lui espresse nei suoi scritti
e negli insegnamenti universitari. Nel suo libro La Fortezza Vuota affermava che l’autismo
era dovuto al rifiuto psicologico del bambino da parte della madre troppo oppressiva o prive
di slanci affettivi, dal che il termine di “madre frigorifero”. I bambini finivano col ritenersi
responsabili delle preoccupazioni dei loro genitori e, per sfuggire al senso di colpa, si chiu-
devano in se stessi, così come avveniva nei deportati dei campi di concentramento nazisti.
Il rimedio a ciò consisteva, quindi, nella rottura di questo rapporto familiare allontanando il
bambino, effettuando la cosiddetta “parentectomia”. Oggi è stata dimostrata l’infondatezza
di queste teorie colpevolizzanti sulla causa dell’autismo, così come di analoghe tesi psicanali-
tiche nell’ambito relazionale, imposte in modo sacerdotale come “verità assolute”, che hanno,
purtroppo, determinato forti turbamenti nell’ambito delle famiglie già duramente provate.
Bettelheim, furbescamente, intuì che in un momento storico che aveva subito per anni l’op-
pressione di regimi totalitari, avrebbero avuto una facile diffusione e molto credito le tesi
sulla necessità di una libertà assoluta e antiautoritaria. In tal modo, sempre collegandosi ad
una problematica relazionale del bambino nei confronti dei genitori, affermò che per un sano
sviluppo era necessario eliminare ogni regola e dare la massima libertà. Ciò spinse molti ge-
nitori a togliere ogni limite in casa e a concedere tutto ciò che il bambino chiedeva. Furono
eliminate porte e finestre, ruoli e regole di ogni tipo. Tutto ciò determinò tra l’altro problemi
nell’igiene, nella cura della persona, nell’alimentazione e nell’apprendimento scolastico. Ma
soprattutto vennero nascoste al bambino quelle che sono le difficoltà del vivere sociale, in MARIA PIA RICCIARDI “GIRASOLI”
base alle quali si forma il superio e la coscienza di sé, la capacità di discernere tra il bene e il
male e di capire i propri limiti. Il principio del piacere assoluto sostituì quello che possiamo
definire “principio della realtà”. Ma, oltre all’infondatezza scientifica, tutto ciò avveniva sem-
plicemente a livello della propaganda di teorie che, si scoprì, non trovarono riscontro all’inter-
no del Centro di Ortogenesi ove, al contrario, vigeva un’impostazione basata sull’autoritari-
smo, sull’uso quotidiano di punizioni e vessazioni. Ciò venne chiaramente alla luce negli anni
successivi alla sua morte, quando gli ex frequentatori del Centro, ormai adulti, raccontarono
l’orrore di quella istituzione.
Bruno Brundisini
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