Page 10 - RIVISTA NOIQUI APRILE 2023
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MARIA RITA CuCCuRuLLO
RADICI BIOLOGICHE TRA SOGNO E REALTÀ
Le radici rappresentano il pilastro dell'individuo, il punto di partenza, l'iter, la sua eredità, la sua
connotazione, il suo posto nel mondo. L'esserci, insieme a tutto ciò che ognuno in relazione
alle proprie possibilità, riesce a costruire e a realizzare. Gli obiettivi, i sogni, i traguardi, le ri-
nunce, l'impegno e quanto la vita stessa può offrire. Le radici, le basi da cui origina l'esistenza,
il tempo che evolve attraverso ciò che è stato, che è e che sarà. Quel patrimonio immenso,
inestimabile dal quale non si può prescindere. Qualcosa di talmente proprio che si dà per
scontato, come l'abito che si indossa, le proprie certezze, la propria identità. Quando, invece, a
mancare sono proprio le radici, fare i conti con la privazione è la cosa più difficile da accettare.
Se si invitasse una persona qualsiasi, anche solo per un attimo, ad immaginare sé stessa, senza
un’identità, senza sapere chi è veramente, penso le crollerebbe il mondo addosso e l' impal-
catura di talune certezze comincerebbe a sgretolarsi. Ecco, questo è quello che accade a chi
vive tale digiuno, tale vuoto, tale inesistenza. Il baratro! Ignorare le proprie radici è quello che
accomuna chi vive il silenzio dell'anonimato, chi non sa da dove viene. È un po' come non sa-
pere dove andare. Mancano le fondamenta, i riferimenti essenziali. È pur vero che una persona
è il risultato di un vissuto, di diversi elementi legati alla crescita e al proprio percorso di vita.
La formazione, la famiglia che l'accoglie, i contesti di vita di appartenenza, la sua evoluzione
umana, professionale, sociale, però, il nulla derivante dall'assenza di radici, quello si, rimane
per sempre. Ciò non connota, non destina all'infelicità, è chiaro, ma sicuramente accompagna
l'evoluzione e l'affermazione di un individuo da un punto di vista emozionale. Insieme alla
necessità di trovare quella parte di sè che non cambia ciò che è diventato, ma sicuramente lo
completa e lo rappresenta. Il suo mondo, il suo unico, ricco mondo interiore.
La vita è qualcosa di prezioso e una persona messa al mondo e lasciata al suo destino, non deve
ringraziare perché non voluta, non deve ringraziare solo perché esiste. La persona messa al
mondo e in qualche maniera lasciata avrà sempre tutta se stessa e la speranza di un futuro, sarà
sempre la persona che ha avuto la fortuna di vivere. Vivere, ma a che prezzo? La legge tutela il
diritto all’anonimato della madre che non consente di essere nominata, ma chi tutela il diritto
sacrosanto del figlio di sapere chi l'ha concepito, chi l'ha generato, messo al mondo? Chi e cosa
tutela il figlio e il suo bisogno di essere? La sua identità biologica, il suo bisogno di sapere, la
sua fama di verità, il suo esserci a tutti gli effetti, il suo vuoto affettivo, il suo bagaglio di affetti-
vo da riempire? La questione è duplice. Da una parte, una madre la cui volontà va difesa, le sue
ragioni tutelate. E dall'altro, le ragioni di un figlio lasciato alla nascita, la sua necessità di dare
un volto all'ignoto, le ragioni di un dramma creato dell'assenza. Gli effetti della deprivazione
materna soprattutto nei primi anni di vita sono devastanti. Sono dure le conseguenze dram-
matiche, delicatissime derivanti dalle lacune che un'assenza e/o un distacco materno possono
generare lasciando traccia nel tempo. Si potrà riuscire mai ad immaginare quanto male può fare
vivere una vita sospesa tra l'incertezza e la ricerca continua di verità? Un'agonia che si risolve
quando un anonimato viene sciolto dando un volto alle sofferenze e al vuoto scavato dentro.
Chi intraprende la strada della ricerca delle proprie origini si barcamena in un'avventura straor-
dinaria fatta di speranze, attese, sogni. Partire da strade cieche in cerca di luce. È come branco-
lare nel buio. Strade che conducono nelle incertezze dei destini, nelle lungaggini burocratiche
e in cerchi che forse possono ricongiungersi o rimanere incompleti per sempre.
Una persona ha il diritto di riconoscersi in volti ed appartenenze insieme a quel fondamentale
bisogno "imprescindibile" di costruire la sua identità biologica. Non si può vivere una vita fatta
di isolamento, solitudine biologica. La sensibilizzazione nei confronti del riconoscimento delle
proprie origini esige attenzione a tutela del diritto della persona, prima come essere umano
e poi come cittadino. Occorre dare voce e ascolto ai gridi di allarme di quanti si cercano nel
silenzio di anonimati di cuori distanti, spezzati dalle sofferenze che viaggiano lungo apparte-
nenze sospese.
Maria Rita Cuccurullo
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