Page 8 - RIVISTA NOIQUI APRILE 2024

rosa maria chiarello
Un amore lungo una vita
“Pensieri in movimento”, rimanda a qualcosa non di statico ma dinamico. E dynamikòs, in greco,
significa “potente, forte”.
La lettura della silloge di Rosa Maria è un viaggio, condotto dalla poetessa: un percorso intenso,
fatto di gioie e di dolori, di lutti e di vita. Un viaggio in cui a guidare è l’amore, quello originario,
che nelle varie circostanze del suo peregrinare farà da ancora di salvezza, da protezione; che la
renderà, pur nell’errare della vita umana, “forte” appunto.
Si scorge intanto un impegno sociale. Sembra, infatti, che per l’autrice quella del poeta sia
quasi una missione. Così dice a tal proposito: “Fino a quando l’ultimo uomo di questa meravigliosa
terra si commuoverà al suono di una poesia… ancora si avrà le certezza che l’umanità non si è dissolta” …
ed ancora: “Il poeta non si arrende/Ancora canterà di amore e di carità… e se troverà l’ascolto partecipe la
speranza non è stata vana: l’uomo rinascerà dalle proprie ceneri. E poi il tempo suonerà la cetra/porterà parole
dritte al cuore e l’uomo capirà l’essenza del proprio Essere”.
Colpisce la semplicità dei versi di Rosa Maria, che fin da subito avvicinano il lettore. Come già
diceva Freud ne “Il Poeta e la fantasia” (1907), il ruolo estetico dell’opera riesce se è in grado di
“provocare” piacere nel lettore, che in questo caso, non può che identificarsi o volersi identificare
in questa storia di amore tracciata nelle sue poesie.
Ancora, dice Freud: “…una forte impressione attuale risveglia nel poeta il ricordo di un’esperienza anteriore
perlopiù risalente all’infanzia, e da questo deriva ora il desiderio, che si crea il proprio appagamento nell’opera
poetica; nella stessa opera poetica si rivelano elementi tanto del fatto recente che ha fornito lo spunto quanto
dell’antico ricordo”. E la poesia di Rosa Maria è una costante immersione in ricordi passati, nel
presente vissuto e in speranze future.
A condurre l’opera della nostra autrice, in particolare, è il ritorno al rapporto con la mamma
defunta, con la melanconia relativa a questa perdita, che seppur a tratti sembrerebbe tormentarla,
tuttavia la rende ricca e generatrice di poesia.
Come prima accennato nella sua importanza per “il poeta”, il desiderio rappresenta uno dei suoi
temi centrali. Nella poesia “Oltre il tempo” si parla di una “strana allegria nel cuore, di un sole, di fiori
e di un cielo turchino… malgrado tutto”. E poi ancora, “di desideri che avvolgono i pensieri di dolci melodie”.
Ecco qui che sembra svelarci il suo segreto: la possibilità di desiderare, anche intensamente, con
mitezza. Questa mitezza, o tenerezza, sembrerebbe essere alla base della capacità di contenimento
dei propri aspetti pulsionali. Sembrerebbe un ossimoro, ma probabilmente rappresenta più che
altro il nucleo del suo equilibrio “dinamico”.
Nella sua poesia si rintracciano anche impeti di vita, a volte burrascosi, “Fra la terra e il mare”, ma pur
sempre mitigati dalla dolcezza, “che fa germogliare la vita”.
All’origine della personalità di Rosa Maria sembra esserci una relazione d’amore ben riuscita:
potremmo dire felice.
Una relazione talmente forte che è resistita al passare del tempo, dell’oblio, ed oltre ogni dolore.
Ci parla di un grande amore primordiale, di una figura materna fonte di “incanto e di luce” che ha
fatto vibrare le corde del suo cuore, di una compagna con cui desiderare di percorrere i “propri mondi” nel timore
delle notti più buie, come fonte di sostegno. E depone con cura questo desiderio lassù, lontano da tutto
e da tutti, in quel buco nero illuminato da “La luna”. Distante si, ma sicuro.
Ricorrenti le metafore del mare, del cullarsi fra le onde, dello spazio notturno e dei suoi cieli
con gli astri. Lo spazio stellare come simbolo del legame primordiale con la madre, lontano e
profondo fino agli albori della sua vita ed oltre, dopo la dipartita dell’amata genitrice.
Ed ancora, altro simbolo del primario legame simbiotico, il perdersi nelle acque profonde delle
maree, come quando nel grembo materno si percepisce appena il proprio “corpo” nel liquido
amniotico. Ecco che Rosa Maria ci pone davanti il grande potere della relazione madre-figlia,
nella sua forza primitiva ed al tempo stesso connotata di tenerezza e felicità.
Tanti psicoanalisti hanno scritto sull’origine dell’identità individuale a partire dalla relazione; dal
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rapporto madre-neonato. Ci hanno parlato, in altri termini, della nascita e della crescita di un
individuo, attraverso la relazione con l’oggetto primario.
Non trascurando, allo stesso tempo, una connotazione fondamentale, quella di cui Rosa Maria
ci parla: l’amore relativo a questo oggetto di investimento primario, ovvero il grande amore per
la sua mamma, che costantemente le farà da musa ispiratrice.
In “Mia stella” ci parla dell’attesa di un rincontro, un domani, con l’amata genitrice.
Si tratta di un legame unico in cui lei, ancora tenera bimba, si rispecchiava in questa mamma. Che
oggi, è tenuta lì, nel firmamento, sufficientemente distante, da poter “contenere” tutti i cocci
del suo cuore. Qui rinveniamo i meccanismi psichici (identificazione, proiezione, identificazione
proiettiva…) alla base della formazione dell’identità, nel rapporto con l’oggetto materno.
Ed ancora, scorgiamo l’importanza della funzione di rispecchiamento. Dice lo psicoanalista
Winnicott: “Quando guardo vengo visto, quindi esisto. Ora posso permettermi di guardare e vedere. Posso
guardare creativamente e ciò che percepisco, lo appercepisco anche. Infatti ho cura di non vedere quello che non c’è
da vedere”. Ed ancora, riprendendo le parole dello stesso: “Ciò che ascolta dell’altro, quando avvolge il
sé nell’armonia, poi quando in risposta gli fa eco e lo stimola, introduce il piccolo nell’area dell’illusione”.
L’illusione di cui parla lo psicoanalista, si riferisce al fenomeno per cui l’oggetto della realtà
esterna, si sovrappone al momento giusto, all’oggetto soggettivo dell’infante, creato a partire da
un suo bisogno. Se la madre riesce, in maniera sufficientemente buona, a rispondere a questa
iniziale illusoria onnipotenza, il bambino comincia a sperimentare la sua capacità creativa:
dapprima nella presenza al momento opportuno dell’oggetto materno, ancora su un mero piano
sensoriale; e poi, nell’avvertire la sua assenza, su un piano che diventa simbolico, del pensiero.
La silloge di Rosa Maria “Pensieri in movimento” è un continuo richiamo a questa dolce danza con
l’oggetto materno: fatta di presenze ed assenze. Ma alla base si tratta di una relazione riuscita
che si è rivelata l’interiorizzazione di un buon oggetto d’amore, di una buona presenza. Di un
“Noi”, in cui la quiete di casa ed il profumo di famiglia le facevano compagnia, in cui l’Amore guida i passi
per affrontare gioia e dolore, anche quando il buio si impossessa di noi. Ed ecco, ancora, che lei chiede
di essere tenuta “Per mano”, di essere guidata oltre il tempo e lo spazio, anche quando non rispondendo, la
vita la spinge avanti. Perché la vita è più forte. Come quando, come lei stessa dice: “il primo vagito
illumina il buio delle menti”.
La sua poesia non può che rappresentare un inno alla forza creatrice ed alla vita.
Ed è tenendo fede alla sua memoria, “guardando gli occhi dei suoi cari nei colorati pezzi di carta, (delle
fotografie) che lei ritrova la luce in cui tutto vive e mai si spegne”.
Grazie, Rosa Maria, per questo dono, per questa testimonianza.
Ci auguriamo e ti auguriamo che, compiuta questa missione, anche tu possa alleggerirti del tuo
carico, un po’ meno poetessa e più comune mortale, tornando ad essere ancora una volta quella
bambina trasparente di un tempo, oggi senz’altro più adulta.
Palermo, 7 aprile 2024
Ivana Zingales
periodico mensile del gruppo NOIQUI 9