Page 105 - RIVISTA NOIQUI GIUGNO 2021
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La mia maschera è il sorriso... mai offrire agli altri il proprio inferno. Mai!
                  Se vuoi volare forse in un tratto mi vedrai lì a sorridere con te. Per poi planare qui
                  nel mio buio silenzio ove la luce è solo malinconica visione. Guardo uno specchio
                  che riflette una donna generosa e incapace di amare... che straordinario rebus.
                  Quando te ne andrai forse piangerò ma non ti assicuro nulla. Le migliori lacrime le
                  tengo fra la mandibola e lo stomaco.
                  La mia voce muta canta per me un silenzioso requiem. Lo sento mentre in torno si
                  fa festa... mentre l'aurora illumina un cielo che per me è solo atmosfera pesante e
                  irrespirabile.


                  In una sequenza che non ha vie d'uscita, non mi sono seduta ho solo imparato che
                  alla fine nulla conta...
                  Nulla…"
                  Ora mi guardava frastornato, forse non avrei dovuto condividere il mio sentire.
                  Avevo commesso un errore, dimenticando di mantenere la giusta distanza, sperai di
                  non averlo ferito.
                  Andrea rimase così silenzioso per un po'. Guardava il mare... poi senza dirmi nulla
                  si sedette al mio fianco.
                  "Ti si sporcheranno i pantaloni "
                  Lui non rispose aveva lo sguardo rivolto verso l’orizzonte... guardai anch'io verso
                  esso. Fu allora che iniziai a piangere, senza motivo. O forse avevo di nuovo la sen-
                  sazione che la terra mi coprisse il volto. Di certo il mio corpo percepiva il dolore.
                  Andrea mi guardò mentre in silenzio combattevo il mio demone "perché non parli
                  con nessuno?"
                  "Perché a chi credi che importi ciò che dico?"
                  Sorrisi e senza aspettare una sua risposta, mi lasciai coprire dalle onde del mare. Lui
                  rimase qualche momento inerme, avevo vinto io, poi si tuffo e mi trascinò a riva. Lo
                  lasciai fare, oramai non avrebbe potuto fermare ciò che volevo, non poteva starmi
                  sempre dietro, lui non poteva, proprio come me, contenere quel dolore senza nome
                  che mi faceva vivere fra le nuvole come chi non ha consistenza.
                  Pensai che fosse un fare anoressico togliergli la possibilità di fare qualcosa. Ma lui
                  mi teneva stretta senza parole, in effetti non potevano esserci parole fra di noi.
                  Cercai di divincolarmi, non riuscivo a respirare, ma lui allentò la presa senza per-
                  mettermi di uscire, non poteva farlo. Io avevo provato più volte a scappare. Ma
                  non avevo nessuna possibilità, non con lui. Così non mi restò un'unica alternativa.
                  Restare in silenzio, si sarebbe stancato e avrebbe mollato la sua presa.

                  Restammo immobili per diverse ore. La sua testardaggine era simile alla mia, ma
                  io avevo pazienza, l'avevo imparata negli anni bui e silenziosi della mia solitudine.
                  La amavo la mia solitudine. Era il mio rifugio. Un rifugio in cui neanche lui poteva
                  entrare. Intanto il mio ghiaccio interno procurava ustioni alla mia carne. Per me
                  importante era ferire solo me, per questo stavo sola.

                                                                                      PIERA PISTILLI








                                                                                                           105

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