Page 82 - RIVISTA NOIQUI SETTEMBRE 2023
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rITA nAppI
appese al collo va a caratterizzare in maniera indiscutibile i
LE MASCHERE NERE DI MAMOIADA mamuthones. Il costume tradizione pesa fra i 25 e i 30 kg
Tra le maschere sarde, quella sicuramente più conosciuta e rico- e tra leggenda e rito, posizionati su due file parallele con
noscibile appartiene ai mamuthones del carnevale di Mamoiada, portamento lento e strascicato compongono dei piccoli
ospitale borgo a 16 km da Nuoro che cattura con i suoi riti an- faticosi salti e causa del peso e del calore, ruotano il corpo
cestrali e feste coinvolgenti. a destra e sinistra in maniera alternata perfettamente sin-
Miriade di sorgenti e torrenti alimentano rigogliosi boschi, l’ac- cronizzati fra loro. Ad ogni movimento corrisponde un
cogliente centro di duemila e cinquecento abitanti nel cuore del- distinto suono dei campanacci che portano con sé e che si
la Barbagia di Ollolai, al confine tra Gennargentu e Supramonte. sente dopo che sono scossi con un colpo di spalla. Ogni
L’origine rimane controversa, si pensa che siano nati come riti atterraggio al suolo è ritmato, pesante, quasi animalesco,
agropastorali della preistoria o come riti dionisiaci, per questo una danza che niente ha a che vedere con su ballu tundu,
il termine mamuthones risale al greco Maimon, cioè, colui che il ballo sardo più conosciuto. Le campane sono distanziate
smania e che vuole essere posseduto dal dio o più volgarmente e producono un suono piuttosto squillante, ma nei mamuthones il suono viene prodotto sia dal
con un accezione più burlesca il pazzo o il buono a nulla. L’o- battagli interno alle campane, sia dall’urto di queste legate a grappoli, aggiungendo pertanto alla
rigine della parola invece potrebbe derivare da Melaneimones, percussione la concussione, con un secco rumore di ferraglia che marca il loro passo.
facce nere, attributo dato dai sardi ai fenici e Da un punto di vista organologico i campanacci usati da queste maschere non differiscono da
Scindendo la parola in mam-muth-ones che in greco il signi- quelli appesi al collo degli animali, catalogati sotto il nome di sonazzos, campaneddas laddas o
ficato sarebbe, uomini che chiamano pioggia, comprendiamo quante derivazioni hanno le ischiglittos e che uniti alle pelli e alle maschere orride o all’annerimento della faccia, rimandano
complesse maschere di Mamoiada. ad un mondo oscuro, ferino che apotropaicamente si vuole rievocare al carnevale. Da notare
Vestono pelli di pecora scure, in volto una maschera nera di legno e un fazzoletto da donna (sa che il pesante mazzo di campanacci è sul dorso dei mamuthones legato da una serie di cinghie in
visiera) e guidati e comandati dagli issohadores, sfilano in 12 (uno per ogni mese dell’anno), cuoio con un complesso sistema di ancoraggio; altro carico più piccolo di campanelle bronzee
lungo le strade del paese con saltelli ritmici facendo suonare all’unisono i 30 kg di campanacci è collocato sul davanti all’altezza dello sterno e dello stomaco. Non sarà pertanto il solo peso a
che hanno legati sulla schiena. I mamuthones sfilavano già nel far faticare, bensì la morsa delle cinghie in pelle ben strette tra le spalle e la gabbia toracica che
XIX secolo, ma secondo alcuni studiosi, l’origine risalirebbe rendono difficile la respirazione, infatti, a fine esibizione le spalle dei partecipanti sono spesso
fino all’epoca nuragica: era un rito di venerazione degli anima- segnate da ecchimosi, per questo una delle doti richieste è la resistenza fisica. I mamuthones
li, di protezione degli spiriti del mare o di buon auspicio per il vanno accompagnati dagli issohadores, portatori di soha, una lunga fune in giunco e appaiono
raccolto. Il passo cadenzato rappresenta il passaggio continuo in numero di otto e vestono in modo colorato dando movimento alla
dallo stato normale all’estasi dionisiaca, come una danza ma- processione. Il suggestivo rituale che si perde nella notte dei tempi fan-
cabra che li porta verso la tappa finale dove saranno sacrificati no di queste cupe maschere i testimoni e promulgatori della tradizione
come bestie al seguito dei padroni. La maschera che indossano e nel paese gli uomini entrano in uno stato di profonda concentrazione
ha sembianze inespressive e imperturbabili, ricavata dal pero nel giorno de sa prima issidda “la prima uscita”, escono dalla propria
selvatico, è inquietante, misteriosa, realizzata mimando ma an- casa e si recano nel luogo in cui i loro destini si uniranno: il luogo della
che trasfigurando. vestizione, e comincia la magia sotto gli occhi affascinati di un pub-
Forme del viso con naso voluminoso e zigomi pronunciati e blico incantato e spesso anche intimorito da quelle maschere che nel
grandi labbra esposte in modo variabile. Le maschere comples- momento in cui vengono indossate fanno perdere l’identità all’uomo
se del carnevale sardo sono la rappresentazione della vittoria dei pastori barbaricini sui sara- che le veste.
ceni, che dopo le battaglie furono catturati e condotti in corteo, legati, vestiti con le caratte-
ristiche pelli ovine e appesantiti dai grossi campanacci, così da voler umiliare e riconfermare
i perdenti. Ci sono ancora altre teorie sulla loro origine: un rito totemico di assoggettamento
del bue, una processione dell’epoca nuragica in onore di una qualche divinità pastorale, un
rito che segnerebbe il passaggio delle stagioni, e un legame come già citato con i riti dionisiaci.
Qualunque sia la spiegazione questo affascinante rito è sopravvissuto fino ai giorni nostri con
tutto il suo carico di mistero. L’uscita ufficiale dei mamuthones
è il 17 gennaio, in occasione dei fuochi di sant’ Antonio Abate
e inizia così il carnevale. Le maschere sono angosciate e prive
di espressione, completano il quadro: Sas peddhes una sorta di
mantello realizzato con la pelle di pecora ed indossato sopra
l’abito; Sos husinzos, stivale classico dei pastori; un copricapo
che assume una denominazione differente per uomini e don-
ne; Sa carriga, ossia 30 kg di campanacci di diverse misure,
altro elemento che, assieme a grappoli di piccole campanelle
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