Page 88 - RIVISTA NOIQUI FEBBRAIO 2022
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               Io me lo ricordo, quando da piccolo, i miei genitori raccontavano le loro peripezie nel
               periodo della guerra.
               Quando per gioco fischiavano dietro le bombe, che a loro volta intonavano il fischio della
               paura.
               Di quando le sirene annunciavano l’ennesima fuga verso la salvezza e la fame che si pro-
               pagava come la morte.
               Pronti a scappare da tutto,  alla ricerca di quella carezza di pace, che tranquillizzava l’ani-
               mo e lasciava sperare al meglio.
               Persi nei lacrimoni per gli amici,  che ogni tanto mancavano all’appello e alle scorte na-
               scoste sotto il letto, che spesso si tramutavano in patate che germogliavano,  aiutati da un
               processo naturale.
               Si, perché le patate a contatto con la luce,  sviluppano la fotosintesi clorofilliana, quella
               per intenderci, che dà il verde a tutte le piante.
               Ed io, che rispondevo con altre domande ai loro racconti, ma era come scavare dentro di
               loro e riaprire ferite mai sanate.
               Solchi profondi come le “ferite” che fa l’aratro sulla terra, campi di lavoro e sacrifici.
               Ogni campo non era più una semina, ma tristi ricordi, dolorosi, di un parente rimasto
               tra quelle terre disegnate dai confini, da qualche pietra “testimone” resa sconosciuta alla
               terra stessa.
               Campi dove l’azione della guerra,  li aveva resi solo enormi buche che all’occorrenza,
               fungevano da nascondiglio per la visione nemica.
               Papà, mamma, cosa è la guerra, come si combatte, come si vive, cosa resta?
               Dolore, solo tanto dolore e macerie ovunque, questa era la risposta congiunta, e mentre
               si mangiava, i ricordi, i volti smarriti per il tempo vissuto, sedevano a tavola con noi.
               Per me sono passati molti anni, dei miei genitori è rimasta solo mia madre ora 91enne,
               eppure quel dolore, quella paura nei racconti di mamma “forse”,  sono più forti del dolo-
               re della perdita del compagno, dell’uomo che amava e che la portò a decidere di costruire
               una nuova vita.
               Diedero alla luce due figli, adoperandosi come potevano a mettere nei piatti: amore, sto-
               rie quotidiane, freschezza e sì anche qualche schiaffone, ” per me meritato”.
               Oggi, il mondo si domanda dove è rimasta la storia, quel tempo cosa ci ha insegnato e
               perché scordiamo così velocemente..
               Ho appeso un quadro colmo di rime,  che hanno cominciato a girare in tondo.


               Era un’ora prima del giorno, l'ora magica,
               quando il sole sta per salpare e il mare si ricompone in quelle coperte così agitate.


                                                                                   LUCIANO ZAMPINI















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                periodico mensile del gruppo NOIQUI                                                                                                                                         periodico mensile del gruppo NOIQUI
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