Page 6 - RIVISTA OTTOBRE 2024
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bruno brundisini



                          IL PERCORSO DEL SIMBOLO E LA SUA LETTURA

               La narrazione dei vangeli, sia di quelli canonici sia degli apocrifi, contiene pochissimi riferimenti

               storici  reali,  ma  è  fondamentalmente  simbolica  e  metaforica.  Infatti,  pensare  che  i  vangeli

               siano una specie di trascrizione della vita di Gesù, è un’idea molto ingenua e falsa (Annamaria

               Corallo). Dopo la morte del Maestro, avvenuta con molta probabilità nel 30, vi fu un grande caos
               interpretativo e la preoccupazione principale dei seguaci fu quella di mettere a fuoco i princìpi

               del suo insegnamento e la via da seguire. Pertanto, solo dopo un lungo periodo di riflessione,

               alcuni team di cristiani iniziarono a scrivere i testi dei vangeli, sottolineando ciascuno gli aspetti
               degli insegnamenti del Maestro ritenuti più rilevanti rispetto ad altri, come emerge bene dal

               confronto sia dei quattro canonici, sia degli apocrifi. Inoltre, nei diversi testi non c’è scritto nulla

               di ciò che Gesù ha realmente fatto, ma solo quello che Egli era. Pertanto, ad un primo livello
               di lettura, per così dire letteralistica del testo, laddove questo sembra diventare incongruente,

               deve subentrare un secondo livello di lettura più alto, di tipo teologico, passando da quello che

               c’è scritto a quello che è il significato vero che l’evangelista ha voluto esprimere. Questo perché
               nello scrivere i vangeli gli autori, uomini e probabilmente anche donne, si sentirono liberi di

               aggiungere o modificare messaggi per spiegare meglio i concetti che volevano esprimere.  “I

               miracoli di Gesù - osserva la Corallo - non sono un reportage di fatti realmente accaduti, ma

               un modo di raccontare l’identità di quest’Uomo nel quale abbiamo percepito la trasparenza del
               Divino”. Vi è quindi una notevole discrepanza fra la realtà culturale e sociale del tempo e la sua

               rappresentazione evangelica, il che si rispecchia anche nell’arte. Così, ad esempio, si è visto che

               in quell’epoca, in Palestina, un ragazzo si sposava all’età di 18, massimo 20 anni, mentre San
               Giuseppe viene rappresentato come un uomo anziano, con la barba bianca, probabilmente per

               trasmettere il concetto di castità nella coppia.

               Inoltre, come sta dimostrando la ricerca scientifica, tuttora in corso, i testi risentono in alcuni

               passi di errori di traduzione, mai corretti, dall’aramaico al greco, di aggiustamenti e aggiunte
               apologetiche effettuate nei secoli successivi dai copiatori. Pertanto, una lettura letterale di essi,

               è fuorviante ed offre la sponda a critiche o a derive integraliste.

               Il resoconto della Passione è probabilmente la parte dei vangeli in cui è maggiore il simbolismo
               e l’intervento teologico a modifica dell’esattezza storica. La salita verso il Calvario era uno

               dei momenti più tragici ed umilianti. I condannati con la schiena sanguinante e dolente per le

               frustate erano costretti ad arrancare nudi verso il patibolo tra gli insulti dei soldati, portando
               sulle spalle il peso della traversa della croce a cui poi sarebbero stati inchiodati e issati sul palo. Si

               può quindi immaginare come parlare della tortura e della morte di un uomo ritenuto anche Dio,

               abbia creato molto imbarazzo negli autori evangelici. E comunque proprio la narrazione di un
               evento imbarazzante è ritenuta dai ricercatori un criterio di veridicità del contenuto di cui si parla.

               Anche nel racconto del processo diversi sono gli elementi che non coincidono con il quadro

               storico e le leggi di allora. Per esempio, non si è tenuto conto del fatto che le sedute del Sinedrio

               erano vietate in un giorno di festa e in quello preparativo. Il procedimento doveva sempre
               iniziare con la difesa e non con l’offesa ed una serie di altri divieti che fanno pensare che non vi

               sia stato alcun processo e la condanna a morte fosse già stata decisa prima dell’arresto. Infatti,

               alcuni autorevoli teologi, ritengono che gli evangelisti abbiano voluto inserire un processo per
               sottolineare la grande distanza del cristianesimo dal giudaismo, che fu una delle preoccupazioni

               maggiori dei primi cristiani.

               Ponzio Pilato nei vangeli ha un profilo che storicamente non coincide con quanto riportato da

               fonti extrabibliche che lo definiscono un politico mediocre, crudele, insensibile alla religiosità
               giudaica,  che governò  duramente  la Palestina,  prelevando  denaro  dal Tempio. Invece  gli

               evangelisti ce lo presentano come un uomo mite, che se ne lava le mani e dice di non trovare

               nessuna colpa in Gesù.
               Secondo la legge romana era vietato sostare sotto la croce e a questo proposito Tacito riferisce

               di una madre che fu uccisa dai soldati perché trovata a piangere il figlio crocifisso. Nel vangelo





                6   periodico mensile del gruppo NOIQUI
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