Page 7 - RIVISTA OTTOBRE 2024
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di Giovanni invece Maria e altre donne si raccolgono ai piedi della croce, probabile metafora
della Chiesa nascente.
I romani impararono dai cartaginesi questo tipo di esecuzione e la usarono nel modo più crudele
possibile consistente nell’inchiodare il condannato, anziché legarlo. Comunque, in entrambi i
casi, si tratta di una tortura lenta che conduce a morte nel giro di alcune ore per asfissia. Il
condannato è fortemente dispnoico per cui non può parlare, a differenza di quanto riportato
dai vangeli. Inoltre, i chiodi non venivano infissi nelle mani, che non avrebbero potuto reggere il
peso del corpo, ma nei polsi, il che contraddice la presenza delle ferite sul palmo riportate dagli
stigmatizzati.
La crocifissione non aveva solo lo scopo di procurare un‘atroce sofferenza, ma anche di umiliare
il condannato che non aveva diritto ad una sepoltura, ma, secondo la consuetudine romana,
veniva lasciato a decomporre sulla croce in pasto agli uccelli e poi gettato in una fossa comune.
Pertanto, alcuni biblisti, mettono in dubbio la presenza del sepolcro, che sarebbe stato inserito
nel racconto evangelico per una forma di pietà nella narrazione cruda della morte. Infatti,
secondo tutti e quattro i vangeli canonici, Gesù venne posto in una tomba da un certo Giuseppe
d’Arimatea, fino ad allora mai citato. Si trattava di un uomo ricco, padrone di un mausoleo che
aveva da poco fatto scavare nella roccia, forse per la sua sepoltura. Non vi è concordanza fra
gli evangelisti su chi egli realmente fosse. Tra gli altri in Luca è presentato come un membro
del Sinedrio che non aveva condiviso la decisione degli altri sulla condanna. In Giovanni invece
è descritto come un discepolo di Gesù che però nascondeva questa sua adesione per non fare
ricadere su di sé i sospetti dei giudei. Tuttavia, dalle fonti dell’epoca non è riportata nessuna
eccezione di sepoltura da parte di un governatore romano, tanto meno di Pilato, noto per la
sua intransigenza. Appare inoltre inverosimile che un autorevole membro del Sinedrio, ossia
la struttura che aveva voluto la condanna a morte di Gesù, abbia messo a disposizione di un
crocefisso la sua tomba con la conseguente maledizione divina. Per di più Giuseppe d’Arimatea
se, come dice Giovanni, seguiva Gesù in incognita, con questo gesto si esponeva alla persecuzione
del Sinedrio. Quindi, probabilmente, anche in questo caso è necessario effettuare una rilettura
teologica di quanto narrato metaforicamente nei vangeli. Inventare la presenza di un sepolcro,
oltre a dare un minimo di dignità all’evento infamante della crocifissione, permette di rendere
tangibile il racconto della resurrezione col corpo. Il sepolcro, che accoglie la morte, è vuoto! Se
il cadavere di Gesù fosse stato gettato nella fossa comune, o lasciato a decomporsi sulla croce,
tutto ciò non si sarebbe potuto dimostrare. L’assenza del sepolcro crea disorientamento in molti
credenti, anche se, nella sostanza, non è di per sé un impedimento all’evento della resurrezione.
Inoltre, il giacere in una fossa comune esprime fino in fondo la partecipazione alla marginalità,
al destino degli ultimi, che è il motivo fondamentale, spesso misconosciuto, per cui Gesù di
Nazareth è vissuto ed è morto.
Ottobre 2024 Bruno Brundisini
periodico mensile del gruppo NOIQUI 7