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FERDINANDO CAPUTI



        Muhammad Sa im al Dahr che, nel
        1378, irritato perché i contadini adora-
        vano ed offrivano doni ad Abul-Hol (la Sfinge),                                          anziché alla
        sua  confraternita,  fece  distruggere  il naso.......”.  Tornia-             mo ai vari misteri che
        parlando della sfinge non scarseggiano di certo, abbiamo in precedenza accennato che per gli
        egizi del Nuovo Regno la sfinge rappresentava “Hor em achet” (Horus all'orizzonte) ma veniva
        comunemente chiamata “Quello/a del luogo eletto”. Da notare però che stiamo parlando del
        Nuovo Regno, ovvero decine di secoli dopo il regno di Cheope e Chefren, ovvio che questi
        nomi attribuiti alla sfinge non ci possono aiutare a ricostruirne le vere origini. L'egittologa
        Zivie-Coche, che ha studiato a fondo l’altopiano di Giza, sostiene che durante l'Antico Re-
        gno non si riscontra l'assegnazione di un nome preciso alla sfinge in quanto: “nessun testo di
        quell’epoca vi fa riferimento”. La spiegazione potrebbe essere che gli Egizi delle prime dinastie
        non conoscevano nulla sulle origini di quella enorme statua situata sull’altopiano di Giza e che
        pensavano fosse appartenuta ad un’altra cultura molto più antica le cui origini risalivano alla
        notte dei tempi. In quanto tale era considerata un simbolo sacro, del quale nulla sapevano, per
        cui non gli attribuirono alcun nome. Forse la stessa cosa dovettero pensare gli storici coevi di
        Plinio che nel I sec. d.C. preferirono addirittura tacerne l’esistenza. Va detto che fin da quando
        si iniziò a studiarla si fece strada l'ipotesi che la Sfinge fosse molto più antica dell'epoca in cui
        viene collocata e che, in occasione di un suo precedente restauro, presentandosi ormai corrosa
        dal tempo, Chefren (o Cheope), fece modificare la testa, che forse in precedenza rappresentava
        effettivamente quella di un leone, dandogli le sembianze del faraone. Non vi sono dubbi sul
        fatto che almeno la testa risalga alla IV dinastia, lo si deduce da alcuni particolari tipici di quel
        periodo storico, il copricapo "nemes" con la piega sul capo, gli svolazzi triangolari dietro le
        orecchie, l'"uraeus sulla fronte, gli occhi e le labbra denunciano chiaramente la medesima con-
        figurazione che troviamo in statue di altri sovrani, Gedefre, Khafre e Menkaure.
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        (Fonti e bibliografia:
        Margaret Bunson, “Enciclopedia dell'antico Egitto”, Melita edi-
        zioni, 1995
        Cimmino Franco, “Dizionario delle dinastie faraoniche”, Bom-
        piani, Milano 2003
        Paul Jordan, “Gli enigmi della Sfinge”, Roma, Newton Compton
        Editori, 2006
        Maurizio Damiano-Appia, “I tesori del Nilo”, Giunti Multime-
        dia, 1997
        Sabina Marineo, “Prima di Cheope”, Nexus Edizioni, 2013
        Christiane Zivie-Coche, “Sphinx, le père la terreur”, Agnes Vién-
        ot Editions, 1997
        Edda Bresciani, “Grande enciclopedia illustrata dell'antico Egitto”, De Agostini, 2005
        Elio Moschetti, Mario Tosi, “Thutmosi IV un sogno all'ombra della sfinge”, Ananke, 2004
        Martin Gardiner, “La civiltà egizia” - Oxford University Press 1961,  (Einaudi, Torino 1997
        Tiziana Giuliani, “Il Viale delle Sfingi che collega Karnak a Luxor”, da Mediterraneo Antico, 2017
        Paul Jordan, “Gli enigmi della Sfinge”, Nrwton & Compton editori, 1999
        Fugazza Stefano, “Simbolismo”, Arnoldo Mondadori arte, 1991)


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