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RAffAELE gRAnATO

               di Domenico Locatelli.


 LE FORTUNE DEL BURLADOR DE SIVILLA   Un altro attore italiano, Dominique Biancolelli, interprete della celebre maschera di Arlecchino,

 DALLA SCENA DEL MOLINA AL LIBRO DELL’ANDREINI  riuscì a conservare gran parte del canovaccio perduto, portandolo con sé prima alla corte di
               Vienna il 14 gennaio 1660, e poi a Parigi.


 Dire che nel XVII la tradizione testuale sia stata più vitale di quella attoriale, non aiuta molto   La rappresentazione parigina del Festin de pierre avvenuta il 21 gennaio del 1664 è storicamente

 a comprendere l’obiettivo di quelle che furono le imprese secolari delle compagnie dell’Arte   accertata nel diario di un diplomatico inglese, Lord Blumenthal; dunque è probabile che questo
 attive in Europa già nella seconda metà del XVI secolo, le quali si impegnarono, attraverso   Arlecchino abbia recitato a Parigi una sua versione del Convitato di Pietra prima ancora di assi-

 lunghi viaggi, a far circolare e dar fortuna a dei testi come solo loro sapevano riuscirci, ov-  stere a quella molieriana.

 vero tramandarli di bocca in bocca, di compagnia in compagnia, e per di più da una lingua   Tornando a Napoli, la novità del Convitato di pietra importata da Napolioni, produsse altre due
 a un’altra. Le testimonianze pervenute, sono tutte riconducibili a fonti testuali in gran parte   revisioni per opera di Andrea Perrucci, una prima del 1678 e una seconda del 1690.

 manoscritte, e da esse è possibile acquisire informazioni sugli attori e il loro stile recitativo.  (Cito da Silvia CARANDINI, Luciano MARITI, Don Giovanni o l’estrema avventura del teatro. Il

 Un testo che ha avuto la fortuna di viaggiare a lungo e che ha segnato la storia dei comici   nuovo risarcito Convitato di pietra di Giovan Battista Andreini)
 professionisti è sicuramente quello del Burlador de Sevilla, attribuito a Tirso de Molina, la cui   Il Don Giovanni sparse i suoi semi dappertutto.

 prima edizione è del 1630. Ma prima di questa pubblicazione, si viene a conoscenza di una   La versatilità del protagonista, la sua disponibilità a cambiare restando se stesso, l’impasto di co-
 precedente versione di quel soggetto, oggi perduta, della quale due compagnie spagnole si im-  mico e tragico, lo scontro fra l’uomo di sasso e l’uomo di carne, fra immanenza e trascendenza,

 pegnarono a farla conoscere al pubblico napoletano, allestendola più volte al teatro San Bar-  e, soprattutto, la miscela abbagliante ed esplosiva di piacere e di morte, vale a dire dei momenti

 tolomeo di Napoli, tra l’ottobre 1625 e il carnevale 1627. Successivamente sempre in Italia,   in cui la vita appare nel suo più alto grado di rivelazione, fecero la cangiante fortuna del dramma.
 nel 1633 a Firenze, viene rappresentato Il Covitato di pietra, Opera reggia et Esemplare di Giacinto   I drammi scritti non sono stati altro che delle stazioni di un lungo viaggio intrapreso dai comici

 Andrea Cicognini, il quale diverrà la fonte di ispirazione per molti conovacci.  professionisti: punti d’arrivo e insieme anche punti di partenza, attraverso i quali si è riusciti a

 Un documento del 1642 segnala la presenza di un attore a Bologna giunto nel 1637 con le sue   conservare la memoria e la fortuna di una tradizione teatrale.
 due compagnie, caratterizzate da un repertorio ibrido di risonanza spagnola e napoletana. Il   Una delle tante versioni pervenutaci, risale al 1651, dal titolo Il nuovo risarcito Convitato di Pie-

 suo nome era Marco Napolioni, a cui alcune fonti assegnano un certo numero di adattamenti   tra; fu scritta dal capocomico, attore e drammaturgo della compagnia dei Fedeli, Giovan Battista

 dal teatro iberico, e l’importazione di alcune opere da Napoli, (tra queste pare che ci fosse   Andreini meglio conosciuto come Lelio. Con questa nuova ed ultima impresa drammaturgica,
 anche il manoscritto dell’Ateista fulminato).   egli purtroppo ripropone sulle scene uno spettacolo ormai di vecchia data. Difatti, prima che

 Nel novembre dello stesso anno, quel testo venne rappresentato al teatro della Dogana di   venisse ufficialmente reso alle stampe, il Burlador di Tirso era stato divulgato in Italia dalle

 Firenze, non più con Napolioni, bensì con due nuovi interpreti: Carlo Cantù e Angela Nelli.   compagnie spagnole e poi da quelle italiane; dunque quella di Andreini aveva alle sue spalle una
 Di questo allestimento si è potuto apprezzare la destrezza degli attori coniugata al sofisticato   lunga tradizione di spettacoli e anche qualche scenario, a differenza del dramma di Tirso che

 impianto scenico:  pare non abbia conosciuto alcun precedente. L’obiettivo di Andreini era quello di abbandonare

 (Cito da Siro Ferrone, La commedia dell’arte. Attrici e attori italiani in Europa XVI-XVIII)  la provvisorietà del canovaccio, per poi ridisegnare il Convitato secondo le architetture di un
 Ognuno dei tre atti prevede mutamenti a vista delle scene, ora di città ora di bosco. Ugualmente ricorre nei tre   libro. Di esso due versioni a penna, quella romana, dedicata a Carlo Pio di Savoia, intitolata Il

 atti, e per tre volte, l’apertura del fondale a scoprire una prospettiva nella quale si staglia un tempio da cui   Convitato di Pietra del 20 settembre 1651 e quella fiorentina, Il nuovo risarcito Cinvitato di Pie-

 emerge un coro di statue parlanti e ammonitrici, e forse cantanti. Nel III atto si apre anche il cielo del teatro,   tra, del 17 dicembre dello stesso anno, acquisirono una doppia funzione:
 le luci si oscurano, un fulmine saetta nell’aria, il palcoscenico si spalanca ai piedi dell’empio punito, finché   (Cito da Silvia CARANDINI, Luciano MARITI, Don Giovanni o l’estrema avventura del teatro. Il

 dall’alto della soffitta e dal sottopalco il coro dei diavoli e quello degli angeli, congiunti in un’unica sinfonia,   nuovo risarcito Convitato di pietra di Giovan Battista Andreini)

 accompagnano il canto (il «lamento») del protagonista e quello dell’eroina femminile «in abito bianco» con un   Per usare una definizione dello stesso Andreini, «libri-manoscritti», come se il manoscritto, che per l’uomo di
 seguito di statue semoventi. Il finale è un’apoteosi musicale: «Pluto, Demonii. Coro d’angeli in cielo. Coro di   teatro ha un valore d’uso superiore al libro ed è destinato alla scena, fosse anche libro, destinato per sua natura,

 demoni nell’Inferno cantano sopra la gloria del Cielo, e delle pene dell’Inferno, del premio de’ giusti e del castigo   alla lettura.
 de’ scelerati» (Giovanni Macchia, Vita avventure e morte di Don Giovanni).   Dunque il loro aspetto doveva essere quello di un vero e proprio libro con tanto di legatura in

 Si tratta dunque di uno spettacolo à machines  membrana, la foderina in pergamena decorata con impressioni in oro e motivi fitomorfi, i fogli

 (…)           dorati con fregi e stile calligrafico.
 Poteva invece essere un teatro di grandi dimensioni, dove la scenotecnica e il balletto, gli effetti speciali e il canto   Andreini seppe sfruttare accuratamente anche lo spazio extradrammatico e paratestuale del

 rinterzavano e sostenevano l’azione dei recitanti.     libro, perché all’epoca era consuetudine che l’autore donasse l’opera con una dedica ad un per-

                          sonaggio illustre, in cui chiedeva che essa venisse salvaguardata dagli sciacalli, difesa la paternità
 Proprio a Firenze pare che Il Convitato abbia fatto la sua tappa più duratura; l’8 gennaio   della stessa, oltre che favorirgli lauti guadagni e rapporti con mecenati e intellettuali. Ma essendo

 1657, nella stanza dell’Accademia dei Sorgenti situata in via del Cocomero, si tenne un rialle-  anche consapevole di come un libro possa stimolare l’immaginazione del lettore fuori dal tea-

 stimento del canovaccio per mano di Marco Napolioni nel ruolo di Don Giovanni e Giovan   tro, è necessario che venga evocata attraverso un sensibile teatro materiale; su questo Andreini
 Battista Fiorillo (noto per la maschera di Trappolino), in quello del servo Cola. Per questa   dimostrò tutta la sua abilità nel saldare la scena al libro. Ha inizio così un percorso di collabora-

 messa in scena, si ipotizza che il canovaccio fiorentino derivi dal copione del Cicognini.  zione con il lettore, il quale non può che produrre visioni sceniche indispensabili per accentuare

 Questo è stato il viaggio che ha conferito al testo maggior fortuna: dalla Spagna a Napoli,   ulteriormente il valore del dramma.
 da Napoli verso l’Italia centrale (per merito di Napolioni) e, contemporaneamente a Firenze   (Cito da Silvia CARANDINI, Luciano MARITI, Don Giovanni o l’estrema avventura del teatro. Il

 (con il Cicognini) e a Parigi nel 1658: Le Festin de Pierre des Comédiens Italiens con la compagnia   nuovo risarcito Convitato di pietra di Giovan Battista Andreini)





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