Page 86 - RIVISTA NOIQUI DICEMBRE 2023
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fabiana Bia Cusumano



                                                                                                                                                                             passeggiata presso la foce del Belice, in quella zona che tutti noi del luogo chiamiamo
                                                                      Anime sole                                                                                             La Pineta. Spiaggia meravigliosa e ampia in cui prendere il sole, passeggiare, giocare a


                                                                                                                                                                             racchette, fare kitesurf, correre, leggere, scrivere. Sì, ma adesso è la Pineta del pianto.

                                                       Mare nostrum- mare mostrum                                                                                            Nei giorni prossimi non so. Forse resterà solo uno sbiadito ricordo, una tragedia di cui
                                                                                                                                                                             parlare ogni tanto. Gli uomini troppo in fretta rimuovono, dimenticano, alzano le spalle,

                                                                                                                                                                             voltano lo sguardo altrove. Perché la vita deve continuare. Show must go on. Ma se fossero
               Morire così. Tra terra e mare, in una fuga spezzata dalle onde adirate. Morire senza una                                                                      figli nostri, amici nostri, nipoti nostri, davvero così volatile sarebbe il ricordo? Ci sono
               mano che si tende, una carezza sul volto tumefatto dal collasso degli organi interni. I                                                                       ferite che non rimarginano mai, che non guariscono, che non si dimenticano. Perdite

               polmoni cedono. I corpi inerti travolti dal vento, forse galleggiano un po’, poi si mischiano                                                                 che restano oltre la vita che continua. “Che potevamo fare?” – “Chi poteva salvarli?” - “E

               tra le correnti, vanno a fondo. Li getta come spugne compresse d’acqua salata sulla                                                                           la colpa di chi è?” - “Ma perché vengono a morire qua?”. Altre frasi che ho sentito. C’ è
               battigia tra notte e alba, il mare mediterraneo. Cinque corpi sulla spiaggia, cinque ragazzi                                                                  un tempo solamente per piangere, senza cercare colpe, colpevoli e fare ragionamenti

               senza più vita. E’ un attimo e li vedo. Un collega mi scrive: “Quella spiaggia in cui andavo                                                                  politici, economici, religiosi, filosofici. Credo adesso sia il momento di tacere, piangere

               a farmi le passeggiate, i tuffi, le chiacchierate spensierate con gli amici, quella spiaggia                                                                  i nostri ragazzi, perché nostri sono. Piangere consapevoli che tanto avremmo potuto

               ormai  non  sarà  più  la  stessa”.  Ci  sono  le  loro  impronte  impresse  sulla  sabbia.  Dieci                                                            fare, tanto avremmo dovuto fare, tanto non abbiamo fatto. Resta una atroce verità: quei
               impronte di nostri “possibili” figli. Impronte invisibili ma che pesano come macigni sulle                                                                    migranti non hanno trovato una vita migliore nella nostra terra ma la peggiore morte che

               coscienze. Il 29 ottobre 2023 è una domenica di lutto, per Castelvetrano. Lo sbarco dei                                                                       un essere umano possa avere. Soli, dispersi in mare, senza possibilità di una mano a cui

               profughi clandestini, doveva avvenire proprio tra Selinunte e Porto Palo, lungo il litorale                                                                   aggrapparsi per tornare a respirare. E noi da scrittori, da giornalisti, da intellettuali, non
               mediterraneo. Che espressione aberrante, profughi clandestini! Dentro queste parole                                                                           possiamo non scrivere. La scrittura è responsabilità civile, etica, morale. Almeno le parole

               che rimbalzano da testata in testata, vi sono vite umane, nomi, cognomi, anni, sorrisi,                                                                       possano essere un sudario, un velo compassionevole, una preghiera laica, un abbraccio

               sguardi d’intesa, sogni, speranze, paure. Vi sono vite di esseri umani. Alcuni ormai corpi                                                                    fraterno. Almeno questo a quei ragazzi glielo dobbiamo. Non li faremo tornare in vita, lo
               inerti. Ancora molti dispersi in mare, riportano le notizie di cronaca. Alcuni dopo giorni                                                                    so, non ci è concesso riavvolgere il nastro. Da castelvetranese e da scrittrice non posso

               di navigazione su una imbarcazione di fortuna, approdati sulle nostre spiagge, senza                                                                          esimermi dallo scrivere. Cosa posso fare? Sosto in silenzio e rivolgo il mio estremo saluto,

               alcun soccorso, sono fuggiti. Adesso complici di un dramma angoscioso, chissà dove                                                                            il mio commosso addio a loro, anime sole, con le mie parole. Penso che il mare nostrum è
               sono.  Chissà se avevano chiacchierato con i ragazzi che non sono sopravvissuti. Certo,                                                                       ancora una volta mare mostrum. E non ci sono colpe o colpevoli che possano assolverci.

               durante quei tre giorni di sospesa speranza si saranno fatti coraggio a vicenda, avranno                                                                      Siamo tutti amaramente coinvolti e complici. Il silenzio è la più atroce delle colpe.

               pregato il loro Dio di salvarli, avranno prima gioito per essere fuggiti, poi pianto d’ansia,                                                                                                                                                   Bia Cusumano

               paura, disperazione. Avranno imprecato, urlato quando forse l’imbarcazione perdeva il
               controllo, andava in avaria, incamerava acqua, si capovolgeva. Quando forse pensavano

               di morire annegati pure loro. Rendiconto provvisorio della tragedia: 5 morti, 31 fuggiti e

               rintracciati tra Menfi e Castelvetrano, altri possibili dispersi. Dati, numeri e poi alcuni volti,
               corpi, nomi. Quella spiaggia non sarà più la stessa. Rimbomba nelle mie orecchie, la voce

               del mio collega. Troppo forti i venti e le correnti in mare, ricerche sospese. Restano anime

               sole, quei cinque ragazzi morti. Non hanno madri, padri, fratelli, nonni, amici a piangere

               sui loro corpi strappati alla vita così presto, come fiori tumescenti e sparsi su un pianeta
               disumano. Mi metto alla tastiera del pc, appena ieri era la sacra ricorrenza dei defunti.

               Macabra coincidenza. Avranno una tomba? - penso addolorata - avranno fiori, preghiere,

               lacrime? E i loro genitori lo hanno già saputo che non sentiranno mai più le voci dei loro
               figli? Lo hanno appreso che nessuno li ha potuti aiutare, salvare, soccorrere? Lo sanno già

               che non potranno più abbracciare i corpi dei loro ragazzi? Che nessun Dio vi era tra quelle

               onde? Non Allah, non gli Dei dell’Olimpo della Acropoli di Selinunte. Nettuno adirato
               infuriava nell’inferno dei viventi e Ade li accoglieva senza alcuna altra possibilità di fuga. Il

               Dio dei cristiani chinava il capo. Nessuna preghiera accolta in nessun cielo mentre qualcuno

               o qualcosa decretava la loro fine. Come potevano salvarli gli Dei di qualunque fede o
               confessione, se gli uomini loro stessi fratelli, li hanno consegnati ad una imbarcazione

               fatiscente? Chissà quanto è costato il viaggio della morte. Forse i risparmi di una vita,

               così breve che non ha potuto estinguere il conto o forse lo ha estinto atrocemente così.

               Chissà l’ultima immagine impressa nelle loro pupille, ora senza sguardo, chissà l’ultimo
               nome invocato, chissà quanta disperazione prima di sprofondare in un sonno senza più

               risveglio. Troppe rabbiose e amare domande si accavallano nella mia mente. Il tempo è

               così dolce e mite, stride con il dolore che sento. La Sicilia dona generosamente ancora
               cielo terso e sole. Forse alcuni di noi andranno al mare oggi, proprio a Selinunte.  Una





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