Page 87 - RIVISTA NOIQUI DICEMBRE 2023
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fabiana Bia Cusumano



               passeggiata presso la foce del Belice, in quella zona che tutti noi del luogo chiamiamo
 Anime sole    La Pineta. Spiaggia meravigliosa e ampia in cui prendere il sole, passeggiare, giocare a


               racchette, fare kitesurf, correre, leggere, scrivere. Sì, ma adesso è la Pineta del pianto.

 Mare nostrum- mare mostrum  Nei giorni prossimi non so. Forse resterà solo uno sbiadito ricordo, una tragedia di cui
               parlare ogni tanto. Gli uomini troppo in fretta rimuovono, dimenticano, alzano le spalle,

               voltano lo sguardo altrove. Perché la vita deve continuare. Show must go on. Ma se fossero
 Morire così. Tra terra e mare, in una fuga spezzata dalle onde adirate. Morire senza una   figli nostri, amici nostri, nipoti nostri, davvero così volatile sarebbe il ricordo? Ci sono
 mano che si tende, una carezza sul volto tumefatto dal collasso degli organi interni. I   ferite che non rimarginano mai, che non guariscono, che non si dimenticano. Perdite

 polmoni cedono. I corpi inerti travolti dal vento, forse galleggiano un po’, poi si mischiano   che restano oltre la vita che continua. “Che potevamo fare?” – “Chi poteva salvarli?” - “E

 tra le correnti, vanno a fondo. Li getta come spugne compresse d’acqua salata sulla   la colpa di chi è?” - “Ma perché vengono a morire qua?”. Altre frasi che ho sentito. C’ è
 battigia tra notte e alba, il mare mediterraneo. Cinque corpi sulla spiaggia, cinque ragazzi   un tempo solamente per piangere, senza cercare colpe, colpevoli e fare ragionamenti

 senza più vita. E’ un attimo e li vedo. Un collega mi scrive: “Quella spiaggia in cui andavo   politici, economici, religiosi, filosofici. Credo adesso sia il momento di tacere, piangere

 a farmi le passeggiate, i tuffi, le chiacchierate spensierate con gli amici, quella spiaggia   i nostri ragazzi, perché nostri sono. Piangere consapevoli che tanto avremmo potuto

 ormai  non  sarà  più  la  stessa”.  Ci  sono  le  loro  impronte  impresse  sulla  sabbia.  Dieci   fare, tanto avremmo dovuto fare, tanto non abbiamo fatto. Resta una atroce verità: quei
 impronte di nostri “possibili” figli. Impronte invisibili ma che pesano come macigni sulle   migranti non hanno trovato una vita migliore nella nostra terra ma la peggiore morte che

 coscienze. Il 29 ottobre 2023 è una domenica di lutto, per Castelvetrano. Lo sbarco dei   un essere umano possa avere. Soli, dispersi in mare, senza possibilità di una mano a cui

 profughi clandestini, doveva avvenire proprio tra Selinunte e Porto Palo, lungo il litorale   aggrapparsi per tornare a respirare. E noi da scrittori, da giornalisti, da intellettuali, non
 mediterraneo. Che espressione aberrante, profughi clandestini! Dentro queste parole   possiamo non scrivere. La scrittura è responsabilità civile, etica, morale. Almeno le parole

 che rimbalzano da testata in testata, vi sono vite umane, nomi, cognomi, anni, sorrisi,   possano essere un sudario, un velo compassionevole, una preghiera laica, un abbraccio

 sguardi d’intesa, sogni, speranze, paure. Vi sono vite di esseri umani. Alcuni ormai corpi   fraterno. Almeno questo a quei ragazzi glielo dobbiamo. Non li faremo tornare in vita, lo
 inerti. Ancora molti dispersi in mare, riportano le notizie di cronaca. Alcuni dopo giorni   so, non ci è concesso riavvolgere il nastro. Da castelvetranese e da scrittrice non posso

 di navigazione su una imbarcazione di fortuna, approdati sulle nostre spiagge, senza   esimermi dallo scrivere. Cosa posso fare? Sosto in silenzio e rivolgo il mio estremo saluto,

 alcun soccorso, sono fuggiti. Adesso complici di un dramma angoscioso, chissà dove   il mio commosso addio a loro, anime sole, con le mie parole. Penso che il mare nostrum è
 sono.  Chissà se avevano chiacchierato con i ragazzi che non sono sopravvissuti. Certo,   ancora una volta mare mostrum. E non ci sono colpe o colpevoli che possano assolverci.

 durante quei tre giorni di sospesa speranza si saranno fatti coraggio a vicenda, avranno   Siamo tutti amaramente coinvolti e complici. Il silenzio è la più atroce delle colpe.

 pregato il loro Dio di salvarli, avranno prima gioito per essere fuggiti, poi pianto d’ansia,                                                                                     Bia Cusumano

 paura, disperazione. Avranno imprecato, urlato quando forse l’imbarcazione perdeva il
 controllo, andava in avaria, incamerava acqua, si capovolgeva. Quando forse pensavano

 di morire annegati pure loro. Rendiconto provvisorio della tragedia: 5 morti, 31 fuggiti e

 rintracciati tra Menfi e Castelvetrano, altri possibili dispersi. Dati, numeri e poi alcuni volti,
 corpi, nomi. Quella spiaggia non sarà più la stessa. Rimbomba nelle mie orecchie, la voce

 del mio collega. Troppo forti i venti e le correnti in mare, ricerche sospese. Restano anime

 sole, quei cinque ragazzi morti. Non hanno madri, padri, fratelli, nonni, amici a piangere

 sui loro corpi strappati alla vita così presto, come fiori tumescenti e sparsi su un pianeta
 disumano. Mi metto alla tastiera del pc, appena ieri era la sacra ricorrenza dei defunti.

 Macabra coincidenza. Avranno una tomba? - penso addolorata - avranno fiori, preghiere,

 lacrime? E i loro genitori lo hanno già saputo che non sentiranno mai più le voci dei loro
 figli? Lo hanno appreso che nessuno li ha potuti aiutare, salvare, soccorrere? Lo sanno già

 che non potranno più abbracciare i corpi dei loro ragazzi? Che nessun Dio vi era tra quelle

 onde? Non Allah, non gli Dei dell’Olimpo della Acropoli di Selinunte. Nettuno adirato
 infuriava nell’inferno dei viventi e Ade li accoglieva senza alcuna altra possibilità di fuga. Il

 Dio dei cristiani chinava il capo. Nessuna preghiera accolta in nessun cielo mentre qualcuno

 o qualcosa decretava la loro fine. Come potevano salvarli gli Dei di qualunque fede o
 confessione, se gli uomini loro stessi fratelli, li hanno consegnati ad una imbarcazione

 fatiscente? Chissà quanto è costato il viaggio della morte. Forse i risparmi di una vita,

 così breve che non ha potuto estinguere il conto o forse lo ha estinto atrocemente così.

 Chissà l’ultima immagine impressa nelle loro pupille, ora senza sguardo, chissà l’ultimo
 nome invocato, chissà quanta disperazione prima di sprofondare in un sonno senza più

 risveglio. Troppe rabbiose e amare domande si accavallano nella mia mente. Il tempo è

 così dolce e mite, stride con il dolore che sento. La Sicilia dona generosamente ancora
 cielo terso e sole. Forse alcuni di noi andranno al mare oggi, proprio a Selinunte.  Una





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