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RIVISTA NOIQUI DICEMBRE 2024     https://www.youtube.com/@noiqui/featured

               FABIANA BIA CUSUMANO





                          “… E chE non starEi al Mondo sEnZa tE”




                                                                                   Agli amori purissimi
                                                                       e alle storie che li custodiscono
                                                                               oltre ogni fine possibile.

                Si guardarono. Un sorriso stanco, di chi è sopravvissuto ad ogni orrore nella
                vita. Solchi profondi sul viso e dentro le fibre.
                “Sai - disse Luigi - non so come sia riuscito mia dolcissima amica d’ anima ad
                attraversare questi mesi di follia pura, se non ci fossi stata tu ogni santo gior-
                no. Le tue parole, il tuo ascolto devoto e incondizionato, il tuo silenzio com-
                plice, il tuo amore fedele per me e il tuo slancio generoso sono stati ossigeno.
                Anche tra le mie lacrime, c’è stato il tuo sorriso sicuro e incrollabile come il
                destino che sai costruire con le tue mani. Ma dove lo metti, tutto il tuo dolore,
                mi chiedo a volte, se accogli sempre quello mio e degli altri? Che strana crea-
                tura sei tu, Giulia. Strana e meravigliosa. La carezza di quel Dio di cui parli
                sempre. Insomma tutto questo lungo giro di parole per dirti “grazie”. Ti sono
                riconoscente e devoto come alle cose più sacre, come alla cenere che resta dopo
                il grande fuoco. Ti sono grato perché mi hai ricondotto lentamente alla vita
                dalla morte. Perché io d’amore sono morto.”
                Giulia, una giovane donna con il senso profondissimo della cura verso gli altri.
                Senza ma, senza forse, senza non posso.
                Luigi era un maestro di violino, un intellettuale di cultura profondissima. Un
                uomo d’altri tempi. Elegante, gentile, sensibile, smisurato nel protendersi in
                avanti e nella capacità d’ amare senza limiti o margini di protezione. Un ma-
                estro che aveva divorato centinaia di libri e scritto chissà quante poesie mai
                pubblicate. Pudico e sommesso, di una umiltà a volte imbarazzante. Sincero
                fino all’ingenuità infantile, delicato come una piuma che volteggia tra note di
                musica e versi di poesia. Luigi e la sua storia dolorosissima. Orfano d’amore
                fin dalla giovinezza. I genitori erano morti in un incidente aereo. Uno schianto
                folle. Da allora era rimasto sospeso in un volo a mezz’aria pure lui. Sopravvi-
                veva a tutto ma si schiantava sempre, ripetutamente. Forse per rivivere sulla
                propria carne lo schianto dei suoi. Inconsciamente riproponeva a sé stesso la
                morte per risorgere sempre a vita nuova. Ma questa volta, senza Giulia non
                ce l’avrebbe mai fatta. Aveva chiuso un matrimonio durato anni. Un amore
                intenso e viscerale. Luigi aveva dato tutto, rimanendo nudo, fragile, inerme,
                senza più difese, al limite estremo del massacro di sé. Lei, molto più giovane di
                lui. Spavalda, sicura, bella, senza misura nel pretendere e con tantissime riser-
                ve nel dare. Luigi l’aveva amata come si può amare una figlia, una compagna,
                una moglie, una amante, una collega, una amica. Ma non vi erano ruoli che po-
                tessero rendere pur lontanamente il senso di un amore così profondo. Anche lei
                era una docente di violino. S’erano conosciuti ad un concerto per caso, se mai
                il caso esista davvero. Gli occhi di Luigi si erano incollati sugli occhi verdi di
                Marzia e da allora aveva fatto di tutto per averla sua, completamente sua. L’a-
                veva corteggiata in ogni modo, vincendo ogni reticenza e resistenza da parte
                della collega così tanto giovane. Trenta anni di differenza. Un abisso. L’aveva

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