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RAFFAELE gRAnATO
LATINI, BALIVO, DAMMACCO: AMANTI DEI MOSTRI INTERIORI
“Se consiste appunto in questo, che un uomo o una donna, messi da altri o da se stessi in una penosa situa-
zione, socialmente anormale, assurda per quanto si voglia, vi durano, la sopportano, la rappresentano davanti
agli altri, finché non la vedono, sia pure per la loro cecità o incredibile buonafede; perché appena la vedono come
a uno specchio che sia posto loro davanti, non la sopportano più, ne provan tutto l’orrore e la infrangono o, se
non possono infrangerla, se ne senton morire?”
Luigi Pirandello, Avvertenza sugli scrupoli della fantasia
L’es è amorale dice Freud. È selvaggio e indomabile per le sue passioni più spinte e naturali.
Vive nascosto in ogni uomo e in ogni donna. Quando si desta, sprigiona una forza dionisiaca
e rende l’umano – la parte più superficiale del sé – di una bellezza disarmante, apollinea. Ma
l’umano non sa o finge di non sapere che esso è pur fragile al tempo stesso, come una scultu-
ra di vetro. Quando l’io incontra l’alterità ne è persuaso. S’ostina a volerla rincorrere nel suo
gioco infantile, inconsapevole di quanto essa sia inafferrabile; per cui vaga a tentoni, bendato
dal buio della sua inafferrabilità, della sua disconoscenza, incantato e disorientato dal richia-
mo sibillino delle illusioni, le quali, apparentemente, gli hanno fatto strada come tante piccole
luci. Ed è proprio in questa sua cecità che l’io fa cadere accidentalmente l’es dalle sue mani,
rompendolo in frantumi. Questo è l’antefatto o il prologo della storia di ciascun individuo.
Nello spettacolo “Danzando con il mostro”, drammaturgia di Mariano Dammacco, tutto è già
accaduto. Il tempo passato è un tempo fermo, che ha soppiantato il presente annullando per
effetto il futuro sperato. Entra in scena l’individuo spaccato nel suo maschile e nel suo femmi-
nile: un uomo e una donna, Roberto Latini e Serena Balivo vagano bendati in quanto reduci di
un viaggio senza luce, elegantemente abbigliati. Un lungo abito nero da sera per lei e marsina
e cilindro per lui, sono queste le raffinate uniformi con le quali si concedono di accogliere o
a incontrare, ancora una volta, o forse un’ultima volta, i loro amanti: i demoni dell’animo, i
mostri più inquieti che agitano le loro viscere. Costoro si sono destati e, in quanto disintegra-
ti, chiedono che lo loro immagini remote vengano ricostruite. In scena permane il buio del
ricordo: un’atmosfera notturna, sognante, filtrata dai pochi fasci di luce che Max Mugnai pro-
ietta sui ricordi evocati dai due attori. “Danzando con il mostro: è un valzer d’amore con la pro-
pria diversità, la propria mostruosità, una «danza» – come ha spiegato Dammacco nelle note
di regia – «una danza costante con qualcosa di invisibile, che fa paura (ma che magari vuole
dirci qualcosa)». Mentre i due convitati, Latini e Balivo tendono amorevolmente la mano al
mostro discorrendo con esso, riflettendo su di esso ed interrogandolo, sullo sfondo da una
torre che campeggia al centro della scena, un pulcinella dietro ad una grata, incarnato dallo
stesso Dammacco, deride la vita che scorre di questi due eterni innamorati dei loro tormenti.
Venerdì 20 gennaio presso il Teatro Comunale Diana di Nocera Inferiore, lo spettacolo.
Danzando con il mostro ha inaugurato la settima edizione della rassegna teatrale L’essere e l’u-
mano diretta da Simona Tortora, fondatrice dell’associazione culturale Artenauta Teatro. Un
piccolo pubblico che si è sentito, sin dall’inizio dello spettacolo, immerso in quel dolce sogno
raccontato dalla Piccola Compagnia Dammacco ed ha salutato con commozione e stupore gli
attori per esseri infine destati troppo presto da un incanto di cui l’essenza poetica sta nell’aver
trovato il coraggio di amare il mostro sofferente dell’umano.
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