Page 47 - RIVISTA NOIQUI GIUGNO 2021
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MARIA ROSA ONETO

                  IL SEGRETO

                  Non ho mai perdonato a me stessa, di essere nata "diversa". Di aver avuto un sorri-
                  so e un'anima compassionevoli. Di avere amato lo studio e la lettura come "gemel-
                  le" di quel corpo, finalmente "miracolato" e pronto a bere, l'essenza del sapere.
                  Ho perdonato, le ingiustizie della vita, quella forma di povertà che da bambina mi
                  faceva più simile agli altri. Ho amato la natura che mi cercava, benché, io, restassi
                  seduta. L'esplosione del cielo in estate. Gli acquazzoni che arrivavano improvvisi a
                  riempire di erbacce e
                  foglie il mio "destino". Lo zufolare del vento sui miei capelli d'ebano. Lo sguardo
                  assetato di conoscenza, delle bellezze del Creato, delle voci familiari che incidevano
                  senza mai spaccare del tutto la mia solitudine.
                  Ho perdonato, fingendo, chi non mi ha saputo amare e considerava ogni risata, ogni
                  gioia del cuore, uno sfregio alla mia "diversità". Una mancanza di rispetto nei con-
                  fronti del dolore. Non sapevo, che sarei vissuta portando sulle spalle una croce che
                  non mi apparteneva e neppure pesava. Da piccoli, basta assai poco, per coltivare il
                  buonumore: un sogno che vola, l'illusione creata da una fiaba, la speranza che viene
                  a portarti lontano; dove la malattia, la sofferenza, i giorni sempre uguali ancora non
                  esistevano.
                  Sopra il "foglio del perdono" strappato ad un vecchio quaderno delle elementari,
                  tra cornicine e pallini colorati, ho nascosto il segreto che custodisco da parecchio,
                  ovvero, di non voler morire mai!







                  CARLO ONNIS


                  IL FOGLIO DEL PERDONO

                  Se perdo il perdono verso altri è solo perché non perdono quel me stesso che ha
                  dilapidato il tempo migliore della propria esistenza nel rancore della sofferta perdi-
                  ta-assenza dell’unico Amore cui ci si era annodato per una solida esperienza di vita
                  comune, quell’amore essenziale per una famiglia che avrebbe voluto conservare
                  all'infinito, come un bel sogno che poteva eternare la gioia- dono di stare per sem-
                  pre assieme. Il mio foglio resta bianco non credo di aver, dentro questo lungo mio
                  stare qui ', maltrattato qualcuno cui dovere e offrire un perdono.

















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