Page 58 - RIVISTA NOIQUI GIUGNO 2021
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   S              PIERA PISTILLI
                  IL SOLCO DELL’ANIMA
   S              Il bar è fra la questura e le poste centrali, un groviglio di persone lo abitano, chi per

                  lavoro, chi per famiglia, chi per scelta. Mario mi si avvicina, mi porge con delicatezza
   E              la mia tazzina di caffè, di vetro come piace a me, mi osserva “brutta notte eh?”
                  Gli sorrido, quante notti abbiamo trascorso fra Freud, Lacan e abbiamo discusso di

   R              politica, società, giustizia. Quante volte quest’uomo alto, dalle spalle grosse e la barba
                  crespa, mi ha accompagnata in un libro e mi ha parlato di suo padre, sua madre, le
                  sue sorelle? Quante volte ci siamo scambiati i ruoli fra l’amico che ascolta e quello
   E              che consola? Siamo cambiati negli anni, i suoi capelli neri sono diventati grigi e an-
                  che la barba tradisce un tempo trascorso inesorabilmente, eppure conserva ancora
                  quel sorriso accogliente e delicato del ragazzo che ho conosciuto a vent’anni. Gio-
                  vani e sognatori, siamo diventati parte l’uno della storia dell’altro, senza per questo
                  invaderla, neanche quando l’altro faceva scelte del tutto sbagliate.  Si perché così è la
  N               vita, gli amici conoscono tutto di noi, eppure restano vicini nonostante ciò.  Spesso
                  la gente ci prende in giro “i fidanzati del bar” ci chiamano, ma a noi, quest’idea fa
                  solo sorridere. Siamo fratelli per scelta, questo si. “Ieri mi avevi dette che non stavi
  O               bene, perché sei qui? So che ti manco sarei passato nello spacco per il pranzo!” Dice

                  in tono sarcastico. “Il dottor Rossi mi ha buttato giù dal letto. Vuol vedermi” “Ma
  N               come mai non in ospedale?” “Mario non lo so! Non farmi tutte ste domande ho
                  troppi angeli blu in circolo per rispondere!” “Ecco non dovevo insegnarti a farlo, ora
                  esageri, dovrò sequestrarti l’alcool in casa” “Papà smettila!” Sorridiamo di cuore, “sai
                  che non bevo, ieri sera avevo bisogno di evadere dai pensieri” “Brutte nuove in vi-
                  sta?” “Forse.... sto aspettando i risultati... forse il medico mi vuol parlare per questo...
                  e comunque ieri ero in crisi per i soliti problemi di gestione di energia... sai che mi
   A              innervosisce l’astenia” “Si piccola lo so.... ma non dimenticare la tua promessa...” mi

                  bacia sulla guancia e va via... è proprio matto. L’odore del caffè richiama la mia men-
   P              te, un’immagine davanti agli occhi, il mare che d’inverno bacia la sabbia, accarezzo il
                  pacchetto di bionde sul tavolo, mi par di sentire il dolce salato sapore del blu che si

   P              mostra davanti ai miei occhi, mi fermo qui ad ascoltare.  “Salve cara!” Quel saluto mi
                  fa sobbalzare sulla sedia, lascio scivolare la tazzina di caffè che avevo sospesa fra le
                  mani e naturalmente mi sporco tutti gli abiti. Dato il frastuono del vetro rotto, Mario
   A              è corso fuori, mi guarda, rossa in volto e sporca come una bambina e non può far a
                  meno di ridere in maniera più che Argentina. Il fragore di quella risata mi desta dalla

   R              momentanea empasse e inizio a ridere anch’io  “Le chiedo scusa, mi ha spaventata
                  e .... beh ho fatto un macello...” Mario cerca di mantenere un comportamento serio,
                  ma appena mi guarda in volto ride, fra i denti gli sussurro “me la pagherai”, lui ride
    I             soddisfatto. “Beh devo essere veramente brutto se le ho fatto prendere questo spa-
                  vento” Non so se ridere o piangere, in effetti, ho fatto la figura della ragazzina bec-
                  cata a fare una bravata. Mi agito sulla sedia poi mi rivolgo a Mario “invece di ridere,
   R              aiutami!”; il tono della mia voce è ironicamente arrabbiato, lui continua a ridere,
                  finché Irene non esce dalla cucina e con fare sicuro dice “Suvvia può capitare, del re-
   E              sto io lo dico sempre che sei sbadata come una bambina che sta gustando un gelato.
                  Avanti vieni con me, ti do un cambio” poi rivolgendosi a Mario, gli dà una sonora
                  pacca sul culo e gli dice “offri da bere all’ospite di Anna, noi ragazze arriviamo su-
                  bito” e mi trascina via con lei. Irene è una ragazza rumena, lavora nel bar oramai da


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               periodico mensile del gruppo NOIQUI
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