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annalisa Potenza






                     I benefici delle discipline olistiche: una testimonianza






               La complessità della vita odierna, con la sua varietà di stimoli positivi ma anche negativi ai quali

               si è costantemente sottoposti, richiede una conoscenza di sé che non si limiti agli aspetti superfi-
               ciali ma indaghi le parti più profonde dell’essere umano, considerato nella sua unità biopsichica.
               Infatti, studi scientifici, filosofici e metafisici sottolineano che in noi non esiste la separazione

               tra corpo e mente e che siamo un “insieme” non diviso né rispetto a noi stessi né nei confronti
               degli altri e del mondo. Da ciò ne consegue che qualsiasi tipo di cura richiede, nei confronti della

               persona, un approccio “olistico” che consideri tutte le sue componenti, da quelle fisiche a quelle
               psicologiche, ambientali e socio- famigliari.
               La medicina va quindi integrata con altri generi di “cure” che siano rispetto ad essa non sosti-

               tutive ma di supporto, tenendo conto del fatto che attualmente, nel XXI secolo, non esistono
               ancora farmaci adeguati a far regredire tantissimi tipi di malattie, soprattutto di origine autoim-
               mune. La stessa cura del cancro non è risolutiva e purtroppo continuano a morire migliaia di

               persone. Per la sindrome di Sjogren malattia autoimmune da cui sono affetta, non ci sono far-
               maci efficaci e, se sono migliorata, è grazie all’aiuto delle “discipline olistiche” le quali, utilizzate
               ogni giorno, mi consentono di svolgere una vita quasi normale, tenendo conto che prima ero

               confinata sulla sedia a rotelle e non potevo permettermi di fare neanche una doccia a causa del
               dolore, né di dormire. Nel mio percorso di vita ho incontrato persone e Anime meravigliose che

               mi hanno aiutata e mi supportano tuttora in questo percorso di gestione del dolore che è diven-
               tato anche un percorso di crescita e consapevolezza. Desidero portare questa mia testimonianza
               a tutti e ringraziare in particolar modo la mia cara amica Emigliana Fusco, naturopata olistica,

               originaria di Chieti, la cui amorevole cura e notevole preparazione che spazia dalla Floriterapia
               alla Psicosomatica, alla Medicina cinese, alla Oligoterapia, Metamedicina, Numerologia, Kine-

               siologia emozionale, alla Radiestesia radionica Cabalistica, hanno apportato in me benefici e mi
               consentono di osservarmi non come un “insieme di cellule” ma come un “essere costituito da
               energia in possibile divenire”, quella stessa energia di cui siamo fatti e di cui è composto il no-

               stro mondo e l’intero Universo.








               SUL IL “NON GIUDIZIO”

               (GIUSTO PER FARE CHIAREZZA)






               Tra i diversi precetti e insegnamenti delle filosofie orientali e delle religioni vi è il “non giudizio”,
               cioè l’invito a non dare giudizi affrettati sul prossimo e anche su se stessi ma essere indulgenti

               e gentili in modo da fornire a sé e agli altri altre possibilità. Nulla da dire su questo. Anzi, è au-

               spicabile che l’umanità nel tempo diventi più sensibile, compassionevole e amorevole. Ciò non
               significa voler demonizzare il giudizio che è comunque una funzione della mente che consente

               di selezionare, discernere, analizzare e comprendere cosa o chi è meglio per noi, come compor-

               tarsi e in quale direzione andare, prestando però attenzione a non diventare succubi di questa
               facoltà mentale che potrebbe renderci troppo rigidi e taglienti con conseguenti sofferenze. Non

               bisogna neanche passare nell’eccesso opposto e diventare troppo indulgenti, permissivi o cie-

               chi, dimenticando che esistono purtroppo casi e situazioni in cui determinati comportamenti

               gravi e reiterati nel lungo tempo, rivelano la scarsa o nulla propensione della persona a cambiare.
               La frase “non giudicare” dovrebbe essere dunque pronunciata non in modo automatico e acri-

               tico ma con cognizione di causa, in particolare con la consapevolezza che essa difficilmente si

               rivela consona per quelle situazioni o persone nei confronti delle quali, pur provando compas-
               sione o dispiacere, non si può essere troppo permissivi e indulgenti.  A seguire, una mia poesia

               che racchiude il senso si ciò che ho scritto.






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