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RIVISTA NOIQUI MAGGIO 2025     https://www.youtube.com/@noiqui/featured

               la civiltà reprime gli istinti primordiali per mantenere l'ordine sociale. Questa
               repressione, se da un lato è necessaria, dall'altro diventa fonte permanente di
               frustrazione e disagio. L'individuo viene spinto a sublimare tali pulsioni in
               attività socialmente accettabili, come l'arte, la religione o la scienza, che fun-
               zionano da valvole di sfogo.


               La visione di Freud è intrisa di realismo, a tratti pessimista: la civiltà garanti-
               sce sicurezza e progresso, ma al prezzo della felicità individuale. La cultura di-
               venta un sistema di controllo che, pur proteggendo l'individuo dalla sua stessa
               natura distruttiva, lo priva di una parte essenziale di sé.

               Freud si confronta anche con le idee di Nietzsche, in particolare con il concetto
               di dionisiaco, che rappresenta l'irrazionale e istintivo nell'essere umano. Egli
               riconosce che la repressione delle pulsioni può condurre a nevrosi e insoddisfa-
               zione, ma sostiene anche che, senza tale repressione, la società sarebbe preda
               del caos.

               Nonostante sia stato scritto quasi un secolo fa, Il disagio della civiltà mantiene
               un'impressionante attualità, soprattutto se si osservano le guerre e i conflitti
               contemporanei.

               Guerre e disagio sociale: un collegamento attuale


               Freud redige quest'opera in un'Europa segnata dalla Prima Guerra Mondiale
               e dai fermenti che porteranno alla seconda. Con lucida anticipazione, intuisce
               che, nonostante il progresso scientifico e tecnologico, l'umanità rimane prigio-
               niera di forze distruttive profonde, che la civiltà tenta di controllare, ma che
               possono riemergere in modo devastante.

               Le guerre odierne - dai conflitti regionali alle tensioni internazionali - possono
               essere lette come manifestazioni collettive di quella stessa aggressività che la
               civiltà, secondo Freud, non riesce mai a eliminare del tutto, ma solo a contene-
               re temporaneamente.

               Laddove le istituzioni falliscono nel garantire giustizia, equità e sicurezza, le
               pulsioni aggressive si amplificano, sfociando in violenze, guerre, terrorismo o
               derive totalitarie. Come Freud stesso scrisse nel 1932 nella celebre corrispon-
               denza con Albert Einstein, "Perché la guerra?” l'aggressività è una componen-
               te ineliminabile della psiche umana e solo il rafforzamento della cultura, del
               diritto e delle istituzioni può limitarne gli effetti più devastanti.


               Se accettiamo questa chiave di lettura, le guerre contemporanee non sono solo
               eventi geopolitici, ma anche sintomi di un disagio profondo e strutturale della
               civiltà globale:


               - Le disuguaglianze economiche, le ingiustizie sociali, la crisi ambientale e il
               fallimento di strutture di cooperazione internazionale efficaci alimentano il
               malcontento e l'aggressività collettiva, creando un terreno fertile per i conflitti
               violenti.


               - L'assenza di strumenti di sublimazione costruttiva — come arte, cultura,

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