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EDITORIALE


























                TI TROVO CON ME PADRE
                Hai visto quanto sono curiosi i giorni?
                Si rincorrono uno dietro l’altro come le stagioni, come i cavalli di una giostra che sempre nello
                stesso verso girano, immobili e dondolanti, con le briglie sciolte si offrono al primo cowboy che gli
                salta sopra. Un giro e poi un altro come il tempo che scandisce atomi di eterno ad ogni scoccare
                di similitudine, fin dentro il deserto dello spazio, fino a confondersi nell’avvicendamento tra il
                conosciuto e l’ignoto. Giorni che perdono valore appena se ne va e nell’altro che arriva subito
                dopo lo enfatizzi con tutte le aspettative mancate, perché la speranza dice che sicuramente è
                quello buono, quello delle soluzioni incompiute. Poi ci sono qui giorni che non passeranno mai
                nel tempo, che fanno la storia di un annuario nel ricordo della vita. Quell’abbandono, quel sa-
                luto di un solo momento resterà come un marchio indelebile, come la lama di una Katana forgiata
                a mano dal migliore artista dell’antichità che piangeva mentre forgiava l’ennesima condanna.
                Hai notato come l’orologio a pendolo smetta di oscillare quando c’è un terremoto?  Così è quel
                momento che si fissa provocando una lacerazione nella mente, e resta a sostenere l’impalcatura
                di un traballante pensiero, confondendo con la melodia del creato quello che un tempo è stato e il
                valore che ha assunto e varrà per sempre finché la memoria porterà il dolore. Quattordici agosto,
                di un anno ormai così lontano che altre generazioni si sono interposte al dolore, pagando con la
                gioia di un crescere il “lutto-dolore” che si nasconde dentro. Padre, padre mio perché ti dico queste
                cose, perché invece di sorridere oggi sono triste come all’ora?
                Perché di colpo son tornato a stendere malinconia su un foglio adornandolo di nostalgia, perché
                lacrimano i miei occhi? Mi manchi ad ogni appuntamento importante, nelle scelte del domani.
                Manchi in questo cammino fatto di asperità e dure scelte. Manchi nel rimbalzo di un sorriso
                fatto financo di soli sguardi. Non passa, mai, non passa il ricordo, non passa la mancanza di
                vera complicità. Un giorno ancora lungo come l’attesa di una sagoma dispersa nella sabbia di un
                arido deserto, con la pioggia che sgorga nello sguardo e l’inquietudine nell’anima resto a fissare
                nel vuoto l’immagine di un ricordo, e sorrido al tempo che si fa schermo di un vissuto.
                Oggi come ogni giorno fatto di oggi, in un angolo nascosto di me io ti cerco, ti penso, ti trovo!

                                                                            Luciano Zampini
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