Page 92 - RIVISTA NOIQUI MARZO 2023
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fAbIAnA bIA CusuMAnO

                                                                                                                                                                             vato la chiave di accesso, sono scivolata sinuosa tra verso e verso.  Mi sono sentita anche io una
                                                             IN PURA SOSPENSIONE

                                                                DI GIUSEPPE IVAN UNDARI                                                                                      scialuppa nella traversata e ho avvertito come il poeta, la sensazione angosciosa di annegare. Ho
                Giuseppe Ivan Undari mi affida in dono la sua silloge, con il suo fare delicato e intenso, come                                                              cercato anche io come lui un approdo, una cima, un ancoraggio: “Negli interstizi solitari di gior-
                è solito delle anime sensibili e al contempo mai eccessive, mai invadenti, mai sbilanciate nel                                                               ni di tempesta, quando avverto che stai per annegare e cerchi un approdo, una cima, un anco-

                troppo delle relazioni umane. Sono versi di mente e cuore, in calibrata armonia. Leggo la sil-                                                               raggio. Il mattino entra con una luce che mi copre.” Vi è un tu generico che ritorna come eco

                loge anche io “in pura sospensione”. E’ questo il titolo delicato e suggestivo della raccolta,                                                               dal fondo del cuore del poeta. Chi è questo tu? Se non il riflesso del poeta stesso che si sdoppia
                pubblicata da Carlo Saladino Editore nel 2022. Il poeta afferma che torna a scrivere dopo                                                                    in uomo di ogni giorno che cerca la salvezza, e in poeta che tenta di trovarla e indicarla, senza

                molti anni trascorsi dalla sua prima opera Col verso e la parola, che risale al periodo della sua                                                            presunzione alcuna, timidamente quasi, con delicata e innata gentilezza. Un tu che diviene l’u-

                giovinezza. Adesso da uomo e poeta maggiormente consapevole di quanto le parole possano                                                                      manità tutta. Un tu che abbraccia ogni uomo, donna, bambino, ogni essere vivente che cerca in
                creare mondi, direi, in punti di piedi, si dona ai suoi lettori. Qualcosa di imponente è accadu-                                                             giorni di dolore e sconforto, un abbraccio, una carezza, una mano amica, forse semplicemente

                to perché l’urgenza della parola si tramuti in necessità viscerale di tornare a scrivere versi. Lui                                                          ascolto, comprensione, presenza. In questa ricerca di approdo vi è ricerca al contempo di liber-

                stesso, nella sua introduzione, afferma che la pandemia da Sars Covid-19 ha sovvertito perfi-                                                                tà. Una libertà dalle false maschere del vivere sociale, dai ruoli imposti dal sistema, una libertà
                no il normale e cadenzato svolgersi del tempo. Kronos e Kairos. Facciamo i conti, intanto,                                                                   che è sovversiva perché se vissuta a pieno può divenire consapevolezza e coscienza che sposano

                con queste due dimensioni. La dimensione cronologica e sequenziale del tempo nel suo svol-                                                                   in ossimorico contrasto “l’incoscienza, la non consapevolezza, il delirio.” Come questo possa
                gimento rituale e la dimensione quasi mistica di una grazia recondita che non sposa la quan-                                                                 avvenire, solo i poeti nella loro immaginifica e poliedrica visione del mondo sanno e possono

                tità delle ore ma la qualità, l’essenza intima delle giornate. La pandemia ha violato e tradito                                                              fare. “Cerco di essere libero, in ogni istante, da ogni accanimento, da uomini e cose, da me stes-

                entrambe le dimensioni. I rituali, le abitudini, la normalità del tempo e la sua grazia intima.                                                              so. Chi mi determina? Il demone del caso avverso?” Una ricerca dunque spasmodica quella
                Tutto appare in sospensione. Facciamo adesso i conti con il titolo della silloge. Al poeta tutto                                                             della libertà, nella silloge del poeta, contro un demone, non caso o fato ma demone avverso, che

                appare e giunge come avvolto da un incantesimo o forse un sortilegio che ha inabissato l’in-                                                                 conduce alla resa. Una resa docile? “La mia scelta è in sintonia con il paradiso. L’inferno brucia-

                tero pianeta in un silenzio che fa orrore perché riecheggia quello della morte. Il mondo intero                                                              to arde nel fuoco della felicità”. Il cuore del poeta ha scelto con la ragione ed ogni argomenta-
                è sospeso dunque e non ha più alcun riferimento spazio-temporale. Scivola nei rivoli dei ri-                                                                 zione prova che ogni azione ha una sua logica motivazione. Eppure, il suo cuore è un melogra-

                cordi, dei rimpianti, dei sogni, delle immagini che affiorano lentamente da notti insonni. E’                                                                no aperto. Da questo suo cuore, che è il cuore di ogni essere vivente che si faccia carico del

                allora il tempo della parola. Una parola che è Logos ma anche Eros. Una parola che coniuga                                                                   dolore altrui, si eleva un canto che è invocazione intima, preghiera, sussulto. Cosa arde nel fuo-
                e abbraccia ragione e pulsione erotica verso la vita, la natura, l’altro. Una parola che rifonda                                                             co della felicità? Il poeta si sente a suo agio nelle ore serali. Quando il giorno trascolora e forse

                un mondo in cui è possibile ancora riconoscere tratti umani. Una parola capace di essere radar                                                               indistinto, invisibile quasi, disincarnato, può svestirsi dagli abiti del dover essere per gli altri e

                come il poeta afferma, ovvero in grado di captare segnali di aiuto e allo stesso tempo, una                                                                  può essere solo per sé. Un uomo come tutti gli altri, fratello di sventura come gli altri uomini,
                parola che è relitto, ovvero tutto ciò che resta e a cui aggrapparsi per salvarsi. E ancora sul                                                              fratello e compagno di un viaggio a volte penoso, a volte nostalgico, a volte intarsiato di luce.

                titolo voglio soffermarmi, perché i titoli di ogni raccolta poetica sono chiavi di accesso al                                                                “Mi sento a mio agio a quest’ora della sera, quando nella bruma scocca, il guizzo che m’avvam-

                mondo interiore dei poeti. Mai frutto di scelte casuali, sempre doni magici in grado di aprire                                                               pa.” Torna il fuoco, il guizzo, la vampa che arde sotterranea in una sera, in ogni sera, in cui tolti
                porte segrete se sappiamo con sapienza farne uso da lettori sensibili e accorti. Accanto a so-                                                               gli abiti talari si è nudo uomo. Chi mi ha generato? E se sia stato un algoritmo, un Dio di carne,

                spensione vi è un aggettivo dalla ricchezza semantica infinita: pura. Il poeta afferma che l’ag-                                                             un calcolo finito, non è dato saperlo a nessuno, neanche ai poeti che coniugano il dono dell’al-

                gettivo è declinabile in svariati contesti così come il sostantivo. Pura può essere l’aria. Puro                                                             trove con i loro versi a questa vita fatta di azioni, gesti, scelte, probabilità, errori, amori, illusioni,
                può essere lo sguardo attraverso cui guardiamo il mondo, i volti, le anime, la realtà tutta. Puro                                                            tradimenti. E allora ancora una volta davanti la disperazione, le parole tornano in soccorso, di-

                può essere ciò che è appena nato e creato, perché inalterato e incontaminato. Puro può essere                                                                ventano “spari che rimbombano. Non riposano, fanno capriole, somigliano al saltimbanco,

                il respiro di un neonato, un verso poetico appena concepito e donato. Puro è un sorriso che                                                                  fuggitive in cerca di alloggio.” Le parole si accampano sulla soglia dell’anima del poeta, in cerca
                aggiunge qualcosa, quasi un filo alla tela brevissima della nostra vita, come diceva Sterne. Fin                                                             pure loro di alloggio. Il mondo intero cerca riparo, alloggio, salvezza. Esse stesse sono creature

                qui siamo ancora sulla soglia del titolo: In pura sospensione. Vi è una preposizione semplice                                                                potenti perché se lasciate libere, “si vendicano, di ogni abuso subito, di ogni falsificazione.” Le

                “in”. Il poeta non ha aggiunto questo monosillabo a caso. Questa sospensione è pura e si                                                                     parole sono sigilli di verità. Se violate e violentate si vendicano. Il poeta lo sa bene. Non può che
                trova per così dire in uno stato che trascorre da dentro le cose, appunto in, ovvero dentro le                                                               accoglierle nella loro carica sovversiva e liberatoria. Perché le parole urlano il vero. Vi è in tutta

                vicende umane, dentro i sentimenti, le paure, le angosce, le attese, dentro le parole verso un                                                               la silloge di Giuseppe Ivan Undari un appello forte sia etico che carnale ad incrociare agli ango-

                Altrove che è atteso, invocato, desiderato. Siamo in uno stato di grazia onirica. Siamo sospesi                                                              li di questa vita la verità nella sua nuda essenza. Vi è anche un desiderio profondo di quiete, di
                in un sogno irreale che è sfumato nella realtà e in una realtà che ha assunto le connotazioni                                                                pace, di riconciliazione tra sentimenti opposti. Il desiderio che la paura possa riposare nella

                del sogno, restando appunto sospesa, indefinita, indecifrabile. Tra sogno e veglia, si gioca la                                                              quiete del silenzio. La notte è sempre madre, è sempre utero, è sempre sposa che si congiunge,

                partita, tra reale e irreale, tra sospensione e necessità viscerale e carnale di approdo per salvar-                                                         ripara, acquieta, restituisce respiro autentico finché non filtra la luce che pur nella sua maestosa
                si. Vi sarà un sentiero, una via da percorrere per svegliarsi, destarsi da questo stato di pura ma                                                           vitalità ed esplosiva carica vitale è avvertita invadente perché fa piombare violentemente nel

                innaturale sospensione, un modo per giungere e tornare alla vita di ogni giorno. Ciò che ap-                                                                 delirio delle mistificazioni, delle recite, delle maschere, dei doveri, della solitudine inaccessibile

                pariva scontato e logico è stato sovvertito e tradito da un virus, così invisibile agli occhi uma-                                                           di un uomo che ha compiuto scelte radicali e inviolabili. Scelte che lo consegnano ad una vita
                ni che è necessario attivare un’altra vista. Quella dei poeti. Solo la poesia, dunque, è la via                                                              “altra”. Vi è una poesia che sembra alludere se pur velatamente e compostamente proprio a

                maestra da seguire, l’unica possibilità di senso in un mondo che ha perduto il senso, la dire-                                                               questo. La poesia è Catapulta: “Che sforzo immane custodire per secoli menzogne tramandate

                zione, la sua normale e prevedibile scansione, il suo passo frenetico, spesso distratto. Credo                                                               nell’oppressione con vile costrizione. Si spegne la ragione. Si sprangano le porte, l’innocenza
                di avere colto il senso del titolo dopo notti di riflessione profonda. Nella silloge, avendo tro-                                                            fatta prigioniera è torturata. Unica colpa aver scoperto l’inganno.” L’inganno è scoperto, l’inno-

                                                                                                                                                                             cenza è torturata. L’uomo carnefice del suo stesso simile. E’ necessario sancire una distanza



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