Page 94 - RIVISTA NOIQUI MARZO 2023
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incolmabile tra il poeta e gli altri uomini. Tra il poeta sacerdote di verità che svelano inganni e                                                           di Don Undari sotto i nostri occhi trafitti da verità e bellezza, da necessità impellente di ascolto

               gli altri uomini che torturano l’innocenza perché l’inganno va perpetrato e non contestato. Pena                                                              e rito sacro d’essere leggeri, puri, eterei come pulviscolo, come scie di comete, molecole di infi-

               il collasso del sistema. La silloge di Undari è sovversiva e radicale proprio per questo. Perché nel                                                          nito. Cielo e terra. Silenzio e canto. Sospesi e avvinghiati a ciò che resta. La parola è l’ultimo
               momento stesso in cui il poeta vuole svelare l’inganno, secoli di oppressione tramandata, glielo                                                              approdo.

               vietano e proibiscono. Come accedere al mondo interiore del poeta, custode di verità amman-

               tate di inganni? Restando sospesi. E’ l’unica possibilità per giungere a lui e attraverso i suoi ver-                                                                                                                                       Bia Cusumano
               si, al suo codice d’anima. Il suo codice si svela in sogno. Ciò che non può essere compiuto può

               essere cantato. Ecco la meraviglia dei poeti. Possono vivere tutte le vite che desiderano, perché

               la parola è il regno del possibile che abbraccia e accoglie l’impossibile, coniuga gli opposti, risar-
               cisce dai tradimenti patiti e dagli inganni vili. “All’imbrunire le vestali nel terebinto alimentano

               la fiamma. Da fuoco a fuoco. Da silenzio a silenzio. Entrano le amanti al fluire dei corpi incan-

               descenti.” Quanta bellezza potente e disarmante in questi versi, quanto il non detto e il sogno
               si compiono nel linguaggio di corpi anonimi e universali. Anonimi; eppure, nella visione del

               poeta corpi incandescenti di passione primordiale e arcaica, quanto le vestali di un tempio,
               quanto un fuoco sacro. Ecco l’eros che abbraccia il logos. Il miracolo sospeso si compie in una

               terra che appartiene alla dimensione dei sensi e della parola. Di una parola che è corpo e di sen-

               si sacri quanto il fuoco delle sacerdotesse. “Non posso dormire, corri libera come un’anguilla
               dentro il mio corpo.” E se il poeta invoca la libertà che solo la parola può restituire all’uomo, vi

               è un sonno inquieto perché i corpi defraudati della loro carne, disumanizzati, rivendicano il loro

               diritto ad abitare i sensi. Un conflitto tra carne e spirito che non è mai scissione manichea nel
               poeta ma tentativo estremo e necessario di essere un conflitto sanato, ricucito, riparato attraver-

               so la parola poetica, l’unica in grado di sovvertire secoli di menzogne e dire il vero, attraverso

               versi di potenza struggente. Quante teorie di grettezza, quanti fallimenti sulle spalle di ogni
               uomo di questa vita banale se non vissuta a pieno. “La scure impietosa recide silenzi, disarciona

               bastioni di arrogante sicumera.” Solo l’amore pare intravedersi come estrema ratio di salvezza,

               perché l’amore svela incaute meraviglie. La poesia che offre il titolo alla raccolta recita versi pre-
               ziosi: “La vita occupa spazio dove c’è posto. Qui non c’è posto. Tu hai un piede e uno sguardo

               altrove. Abiti il giorno, quando la luce travalica le tenebre e ti apre una porta su altri mondi.”

               Eccole dunque le parole guida, il filo rosso di una silloge che da lettori abbiamo attraversato in
               pura sospensione: altrove, porte, altri mondi. La vita, dunque, è una traversata e questo viaggio

               “non conosce soste”. Il poeta accede ad un altrove in cui si aprono porte su mondi altri. Lì, in

               quella purissima, indefinita sospensione, l’incantesimo si spezza e si compie allo stesso tempo.
               Lì “congiunto all’imbrunire, nella penombra, congiunto al fogliame, intravediamo un volto,

               quello umano e terreno dell’uomo e quello etereo e indefinito del poeta. Assistiamo ad una fu-

               sione tra l’uomo di carne e il poeta eterno che appartiene all’altrove di altri mondi e in quel
               volto cogliamo un invito intimo all’incontro con l’altro, chiunque esso sia: “Vediamoci nella la-

               guna, dove gli steli sono parabole e i petali emisferi di luce.” La luce dilaga, avvolge, trasmuta,

               trasfigura. E’ la luce della bellezza dell’incontro con l’universo altrui. E’ la possibilità disvelata
               come corolla, di potere dire: sono qui. “Lascia che nello slancio ancora immobile del corpo

               possa dirti: ecco me.” Abbiamo attraversato le poesie di Don Undari, con la consapevolezza che

               abbiamo sposato la bellezza come unico credo. Mi riecheggiano gli ultimi versi della sua raccol-
               ta, testamento che il poeta affida a ciascuno di noi: “Continua i passi del tuo viaggio lontano dal

               perbenismo, dall’ipocrisia, dalla borghesia, da un vivere senza meta. (…) Bruciano in questo falò

               le maschere dell’integrità.” Con un omaggio ad uno dei più grandi intellettuali del nostro nove-
               cento italiano, Pier Paolo Pasolini e con l’ultima poesia della silloge Linciaggio punitivo, si chiu-

               de il nostro fluire dentro orbite di profondissima bellezza: “Escono dalle labbra le ultime paro-

               le, si disperdono nell’oscurità.” Così In pura sospensione apre e non chiude il suo mistero, con
               quelle ultime parole che mai sapremo quali siano state, disperse nell’oscurità, ora complice di un

               linciaggio punitivo, di un massacro crudele e ingiustificato, come ogni crimine, come ogni so-

               praffazione dell’altro. La poesia è e resta mistero insondabile eppure sigillo di verità. Terra
               dell’altrove e bellezza che dilaga e vince il silenzio. La Poesia coniuga logos ed eros, ragioni e

               pulsioni. Abbraccia, avvolge, seduce, cattura, conduce, invoca. Tutto si compie in questa silloge



                94   periodico mensile del gruppo NOIQUI                                                                                                                                                                                            periodico mensile del gruppo NOIQUI                       95
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