Page 59 - RIVISTA NOVEMBRE 2024
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Anna Grazia Zurlo
                 PARI 'NA COZZA




                 Pari ‘na cozza!
                 Mi urlarono ridacchiando!
                 Era un modo poco carino, in uso dalle mie parti, per indicare qualcuno decisamente poco attraente.
                 Mi strinsi nel cardigan due taglie più grandi ed incassai il collo nelle spalle.

                 Allontanarmi era il mio unico pensiero.
                 I passi sembravano diventati brevissimi e le distanze infinite.
                 Viaggiavo gobba, con le mie gambe da gnomo e gli occhiali da gufo dotto che scendevano fin sopra la

                 punta del naso.
                 Odiavo quello specchio all’ingresso di casa che faceva apparire tutto grande!
                 Il quel preciso momento mi venne in mente il titolo di un film. Parafrasandolo dissi ad alta voce:” Ed
                 ecco a voi… la grande bruttezza!”
                 Anche se… tutto sommato… più che cozza… mi ero sempre paragonata ad un riccio di mare. Anche

                 lui non bello ma dentro così buono da essere costretto a sfoderar le spine per difendersi!
                 Sì, a parità di bruttezza ero decisamente più riccio.
                 Anche tutti gli abiti nell’armadio e la mia rubrica vuota erano da riccio!

                 Mi sedetti sulla punta del materasso che si curvò sotto il mio peso ed in quel momento decisi.
                 Infilai la tuta, raccolsi capelli in una coda mal fatta e giù a macinar chilometri e ingoiar foglie d’insalata
                 ed dopo giorni e mesi… da riccio divenni bruco e da bruco a farfalla; l’operazione di taglio e tinta
                 della parrucchiera a domicilio aveva fatto magistralmente la sua parte… ed il mio nome da Carmelina
                 divenne Lina mentre i video su come truccarsi e vestirsi popolavano di sogni il mio cellulare… e alla

                 fine mi trasformai in mantide religiosa…
                 Carmen, ma con la “K” ormai per tutti, affascinante e pericolosa come non mai.
                 Riponendo ciglia finte, push-up e autoreggenti, segnavo le croci accanto ad ogni numero telefonico,

                 come un cacciatore di taglie le tacche sul calcio del suo fucile.
                 Ero diventata la regina dell’inganno che ingannava se stessa ricoprendo di volta in volta ruoli diversi.
                 Come una vedova nera tessevo la mia tela divorando cuori. Ne lasciavo solo brandelli a memoria del
                 mio passaggio ed ogni volta la rivalsa della “cozza” era il trofeo.
                 Ma in fondo quell’esser cozza-riccio mi mancava.

                 Mi mancavano le mie pantofole sformate, la mia vestaglia informe, lo svegliarmi nel mio letto con la
                 sveglia che intonava quello stonato chicchirichì.
                 Quella sera rientravo da una di quelle serate strambe ed anticonvenzionali, a dir poco. Ero stanca ed

                 ubriaca. Aprii la porta e quello specchio ingrandente ingrandì oltre misura.
                 Il rossetto rosso fuoco sbavato fin sulla guancia, i capelli impastati di sudore e Dio solo sa che cos’altro,
                 le autoreggenti scese con due giri alle caviglie… vortici di una vita che cercava decisamente ben altro e
                 quelle odiose ciglia finte, staccate fino a metà, appiccicate sul sopracciglio.
                 Tutto era la maschera di quel che ero diventata dentro

                 Mi spogliai di tutto, lavai il volto con il sapone da bucato, quello a pezzi, appoggiai il mio sederino sodo
                 sul bordo del letto e guardando la mia ombra riflessa sul muro dissi:” Ciao Carmelina… ben tornata…
                 ricordati di portare giù la spazzatura!”

                 L’odore di quella Carmen con la K mi perseguitò per molto tempo ancora, anche dopo quando quel
                 cardigan, ormai quattro taglie più grandi, mi avvolgeva come un kimono che però indossavo con
                 eleganza con il mio viso pulito.
                 Carmelina con la “C” era sulla linea di partenza… Non più cozza.
                 Riccio… poco.

                 Bruco… sotto le lenzuola.
                 Nell’attesa di un nuovo giorno …  farfalla.
                 Mantide religiosa e vedova nera… a volte.

                 Ma con una memoria da elefante!




                                                                     DECLAMAZIONE

















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