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graziella de chiara




               Ore di paura negli occhi della gente di Scampia, per il crollo di un ballatoio nella Vela Celeste,

               che ha trascinato giù tre piani.
               Tre morti di una famiglia e diversi bambini ricoverati al Santobuono in condizioni critiche. Una

               tragedia che sta facendo discutere molto, poiché c’erano state denunce in merito alla struttura

               fatiscente e chi doveva intervenire ha fatto orecchie da mercante.

               Sfrattati gli 800 abitanti della suddetta vela, stanno trascorrendo le loro giornate accampati fra
               palestre, scuole e l’università inaugurata qualche tempo fa sul posto.

               Sono le persone del luogo, fra cui molti insegnanti delle scuole del quartiere, a dare il dovuto

               supporto a queste famiglie.
               Parole di dolore arrivano da una docente, che lavora in quel quartiere da più di quarant’anni, che

               scrive così sulla sua pagina Facebook.

               “Oggi il dolore è troppo grande per poter tacere. Avrei soltanto voglia di urlare la mia rabbia e di cancellare

               quelle terribili immagini del crollo e la disperazione, lo smarrimento, la paura del futuro impressi sui volti e negli
               sguardi delle mamme e dei bambini incontrati stamattina. L’ennesima tragedia annunciata. Come affermano

               Ciro Corona e Giovanni Zoppoli le istituzioni hanno una grossa responsabilità. Nel lontano 1998, con una

               lettera aperta inviata al quotidiano Il Mattino gia’ denunciavo la loro latitanza chiedendo aiuto e giustizia
               per la mia gente. Chiedevo interventi efficaci, chiedevo presenza, dignità per quei cittadini che apparivano come

               invisibili, privi di diritti, messi al muro, alle corde di un ring in cui si giocava la partita della vita. Sono trascorsi

               tanti anni ed io non ho ancora ricevuto risposta alcuna da chi le rappresenta.
               E intanto la rabbia sale così come il dolore in questa notte insonne e densa di pensieri, immagini, volti, ricordi

               di questi lunghi e mai così tanto amati anni vissuti a Scampia.

               Rifletto su quanto ho sempre insegnato ai miei bambini in merito ai diritti umani, diritti inalienabili dell’uomo,
               riconosciuti ad ogni persona per il solo fatto di appartenere al genere umano, fondamento della libertà e della

               giustizia. In particolar modo i diritti sociali implicano un comportamento attivo da parte dello Stato che dovrebbe

               garantire a tutti i cittadini una vita dignitosa per la sola ragione di essere al mondo, senza distinzione alcuna.
               Perché allora continuano ad esistere due città parallele, due Napoli? Quella delle classi benestanti, del lusso, delle

               vetrine, del turismo più sfrenato, dei locali di ritrovo e ristorazione, dei luoghi di cultura, arte e spettacolo e quella

               degli emarginati, dei diseredati, di coloro che quotidianamente cercano di difendere umilmente la propria dignità

               e quella della propria famiglia? Sono forse “figli di un dio minore”?
               Attendo ancora una risposta!” (Docente Elvira Quagliarella)

               Ancora, un messaggio fortissimo giunge anche da chi ha soccorso quei bambini e famiglie

               presso l’ospedale. Un infermiera scrive così:



                                                                                                NESSUNO TOCCHI



                                                                                                         IPPOCRATE



                                                                                             “Stasera mi rompo proprio di andare a fare

                                                                                             sta notte

                                                                                             Erano poco  dopo le  dieci,  una macchina
                                                                                             arriva  all’impazzata, correndo, il clacson

                                                                                             suonava imperterrito  ancora prima di

                                                                                             varcare il cancello dell’ospedale, io e Federica
                                                                                             ci guardiamo in faccia e alziamo gli occhi al

                                                                                             cielo “Sarà la solita febbre da poche ore”,

                                                                                             indossiamo i guanti, apriamo  la porta del

                                                                                             pronto soccorso per uscire fuori a controllare.
                                                                                             “Codice  rosso, codice rosso, è caduto  un

               ballatoio della vela celeste stanno un sacco di bambini” urlano i due uomini che portavano le due bambine, io e

               Federica le guardiamo in volto, sporche di terra e calcinacci, lacrime e sangue, la paura negli occhi, suoniamo il





                6   periodico mensile del gruppo NOIQUI
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