Page 37 - RIVISTA NOIQUI DICEMBRE 2023
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napoletano che a differenza di quello usato nelle commedie, manca della matrice popolare   esigente. Ed al termine di quel numero, all’interno di quel buco di camerino, con i diversi

 ma ci riporta un linguaggio parlato dalla piccola e media borghesia napoletana all’inizio   fracchettini e cappellini appesi, e la merenda fatta di pane e frittata sulla tavoletta per il

 del Novecento, borghesia alla quale appartenevano scrittori e commediografi del calibro di   trucco, Eduardo attendeva quei passi lenti e stanchi portati da un volto sudato che incollava

 Eduardo Scarpetta e Salvatore Di Giacomo.   le palpebre, ed era il volto di Totò che lo riconosceva e finalmente gli diceva: “Eduà, stai
 Ci sono spaccati di umanità, tematiche esistenziali che non possono lasciarci indifferenti,   cca’!”

 filtrate da quella inquietudine di fondo che Eduardo voleva trasmetterci, che poi è stata la   Eduardo e Totò, uniti in un abbraccio unico, quattro chiacchiere tra due amici fino all’ultimo,

 sua inquietudine esistenziale.  e chissà se si sono mai scambiati delle poesie, perché anche il principe de Curtis aveva la sua

 Ma Eduardo è anche poesia d’amore, come “Si t’ ‘o sapesse dicere”  passione poetica, o come egli stesso la definiva, “una necessità”, insieme a quella di scrivere
 che leggiamo,  canzoni.

               Non aveva hobby Totò, non andava a pescare e non raccoglieva francobolli, e dunque, per

 3             necessità scriveva canzoni e poesie.
 «Ah...si putesse dicere  Pensiamo alla “A’ livella”, con molta probabilità il suo componimento più famoso, dove il

   chello c’ ‘o core dice;  tema della morte è visto come una “livellatrice” sociale che tutto azzera.

   quanto sarria  felice  Sappiamo anche che Totò aveva questo doppio volto artistico, da una parte il comico, il
   si t’ ‘o sapessedì!  giullare, il buffone che doveva far ridere, e dall’altra parte c’era il principe De Curtis, persona

               seria e rispettabile. Ed in quella serietà trovavano spazio il disincanto e l’amarezza verso

   E si putisse sèntere  l’esistenza umana, verso le ingiustizie sociali.
   chello c’ ‘o core sente,  Avevano diverse cose in comune Totò ed Eduardo, anche nel loro scrivere versi, ma per

   dicisse: “Eternamente  ciò che concerne Totò, era il principe Antonio De Curtis il poeta, o come egli si definiva,

   voglio restà cu te!”  “il poetastro”, era la sua signorilità rigorosa e riservata che lo vedeva cimentarsi tra un set

               cinematografico e l’altro, tra una battuta immortale e l’altra, oppure serio ed assorto nel
   Ma ‘o core sape scrivere?  suo elegantissimo salotto, nella scrittura di parole che contemplavano tematiche sociali di

   ‘O core è analfabeta,  sopraffazione del più forte verso il più debole, la filosofia del “siamo uomini o caporali”, le

   è comm’a nu pùeta  due categorie in cui il mondo veniva diviso, fino a giungere al tema ultimo della morte. Ma
   ca nun sape cantà.  non vi era spazio solo per queste tematiche, perché anche l’amore ovviamente si ritagliava la

               sua notevole importanza tra quelle stesse parole trasformate in versi e canzoni, ed è d’obbligo

   Se mbroglia... sposta ‘e vvirgule...  ricordare qui la famosa “Malafemmena”, tra le canzoni più belle e famose della musica

   nu punto ammirativo...  popolare italiana.
   mette nu congiuntivo  E a proposito di poesie d’amore, eccone due che svolgono in pieno il loro compito,

   addò nun nce ‘adda stà...

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   E tu c’ ‘o staje a ssèntere  «Viola d’ammore

   te mbruoglie appriess’ a isso,    Pe nun me scurdà ‘e te aggio piantato

   comme succede spisso...    dint’a nu vase argiento, ‘na violetta.
   E addio Felicità!»    Cu ‘e llacreme ‘è chist’uocchie l’aggio arracquata

                 e ll’aggio mise nomme: “Oh mia diletta!”

 Il rapporto di Eduardo con la poesia, così come abbiamo detto, era un rapporto tutt’altro che     E song’ addeventato ‘o ciardiniere
 occasionale, ed egli ci teneva a tal punto da considerare impensabile la sua arte, il teatro,     ‘e chesta pianta, simbolo d’ammore.

 senza l’apporto della poesia, un apporto che si manifestava nel suo modo di scrivere i dialoghi     “Oh dolce violetta del pensiero,

 delle sue commedie, che seguivano così un ritmo ed una musicalità precisa, metrica.    ‘e mise ‘na radice int’a ‘stu core!”»
 E a proposito di rapporti tra arte, poesia, artisti, un grandissimo artista che in vita non ha

 avuto la “fortuna” di essere apprezzato dalla cosiddetta critica, come con grandissimo merito   «I due innamorati

 è accaduto per Eduardo, è stato Totò.    For’ ‘o balcone tengo ‘na cajola

 Totò ed Eduardo, “razza” di artisti unici conosciutisi al teatro Orfeo di Napoli, un teatro di     cu’ dinto ‘nu canario ‘ncardellato,
 periferia a quel tempo, sporco e non messo tanto bene, in un bugigattolo di camerino dalle     che canta tutt’ ‘o iuorno a squarciagola

 pareti cariche di umidità, Eduardo quattordicenne attendeva che quel suo compagno d’arte     pecchè st’aucelluzzo è ‘nnammurato.

 allora sedicenne, terminasse il suo magico spettacolo di creatura irreale che si

                 E’ na canaria bionda comm’ a ll’oro,
                 comm’ ‘e capille d’ ‘a padrona soja;

 4               e io pure pe sta bionda me ne moro

 scomponeva e ricomponeva proprio magicamente, tra gli applausi scroscianti di un pubblico     e canto appriesso a isso... ch’aggia fà?




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