Page 124 - RIVISTA FEBBRAIO 2025
P. 124
RIVISTA NOIQUI FEBBRAIO 2025 https://www.youtube.com/@noiqui/featured
cinema, sempre seduti restiamo.
Sanremo (non la ridente cittadina ligure) viene definito come il festival della
canzone italiana, e già questa definizione è abbastanza pretenziosa quando al
termine canzone aggiungiamo l'aggettivo (in questo caso) “italiana”.
Cosa è dunque una canzone? È una composizione scritta per una o più voce
con accompagnamento musicale. A volte può essere priva di accompagnamento
musicale e in quel caso si definisce in altro modo. Gli esempi possono essere vari
e la nostra tradizione prevede diverse forme di canzone che non sono affatto
contemplate nello svolgimento della su citata manifestazione canora. Senza vo-
ler poi entrare nello specifico della nostra storia musicale che considera il melo-
dramma come punto di riferimento della tradizione. Tutto ciò non vuole essere
una “lezione” sommaria che rischia di non mettere a fuoco il punto di questo
scritto, ma piuttosto una visione differente e particolareggiata.
Giunto oramai alla sua 75° edizione, certamente possiamo considerare il festival
di Sanremo come la cartina di tornasole di una buona parte dell'italico costume,
con tutto il corollario del “come eravamo” e del “come siamo”, un corollario
dove l'elemento musicale/compositivo rappresenta solo una parte dello stesso, e
a volte neanche quella dominante.
Una parte del tutto, e spesso, anche di scarsa qualità. Ma senza andare troppo a
ritroso nel tempo, dove ad onor del vero momenti qualitativamente importanti
vi sono anche stati, e intendo proprio nel senso più alto della tradizione per ciò
che concerne la canzone popolare e d'autore italiana, e circoscriviamo il periodo
agli ultimi anni, qual è la cifra stilistica o per meglio dire lo spessore artistico
delle composizioni in Gara? E qui dovremmo aprire un altro ampio dibattito
sul senso della gara. Ma tornando alla qualità della musica, essa riflette proprio
il modo di approcciarsi alla stessa, specchio di questi nostri tempi liquidi (con
una buona dose di melma) e frenetici, con i padiglioni auricolari occlusi da cuffie
e cuffiette varie che in pochi minuti di monotonia sonora, mandano al macero
secoli di capolavori assoluti.
Ed è pur vero che ci vuole orecchio, ma in questo caso credo che sia mancante
del tutto.
Tra qualche mese, diversi di noi non ricorderanno nemmeno chi ha vinto... se
non andandoselo a cercare come notizia, e non si tratterebbe poi neanche di una
grave mancanza.
Resta infine il dato indiscutibile dell'ascolto, i milioni di spettatori che sosten-
gono il Moloch televisivo con contorno musicale, nutrendolo senza colpo ferire,
e lasciandolo anche con una buona dose di appagamento di coscienza, perché
in fondo si tratta pur sempre di canzonette, e qualcuno le deve pur cantare. A
meno che non si voglia far passare l'idea che trattasi di milioni di persone in ve-
ste di esperti melomani, ma io propenderei più per l'ipotesi di esperti in divani
e libagioni varie in attesa dell'assopimento post giornata lavorativa/pensierosa,
ovviamente per chi un lavoro
ce l'ha, mentre agli altri restano i pensieri nefasti e la canzonetta facente fun-
zioni.
Ma per carità, continuiamo pure a cantarle sotto la doccia o mentre ci facciamo
la barba queste canzoni, e pensiamo, se non ci procura troppa fatica, a quegli
autori capaci di fare musica sì popolare, ma di assoluta qualità, ed il riferimento
è alla grande stagione autoriale di artisti come Tenco, De André, Dalla, De Gre-
gori, Battisti, Daniele, giusto per citarne solo alcuni.
pag 124