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MADDALENA RETUCCI
IL PADRE SEGNO E GUIDA DEI FIGLI
L'evoluzione della figura paterna. "Pa-pa", un semplice balbettio che a distanza di qualche
mese diventeranno vocalizzi per poi essere modulati di proposito in una sorta di pseudo-
linguaggio definito lallazione e che in seguito si plasmerà in una parola, alla cui espres-
sione onomatopeica corrisponderà un'immagine di un concetto: "PAPÀ". PAPÀ, PADRE,
parole bisillabiche, che pur tuttavia racchiudono in sé un mondo complesso, articolato,
imprescindibile dal rapporto con la prole. Se penetriamo, per un attimo, nell'etimologia
della parola, notiamo che la radice sanscrita "pâ-" denota il concetto di “proteggere"(pâti
) e anche quello di nutrire, dunque il padre è "colui che protegge, nutre, sostiene la famiglia", la cui accezione più estrema
ha determinato per secoli la figura paterna in Occidente, protraendosi fino al decennio scorso. Veniva conferito al padre un
ruolo strumentale (nel senso economico-sociale), connaturato non solo al significato di protezione e di tutela, di colui che in-
dica indipendenza, ma anche del limite, del controllo. Nel focolare domestico, era percepibile questo senso del limite soprat-
tutto nella differente educazione tra i figli: il figlio maschio che veniva "spinto" fuori di casa in quanto dalla società doveva
acquisire quegli strumenti atti a "cavarsela da solo"; mentre la figlia femmina, il più delle volte, rimaneva tra le quattro mura
domestiche “protetta “dal mondo esterno e magari l'unico scorcio verso il mondo esterno poteva essere la scuola o la chiesa.
Fermo nelle sue convinzioni, nei suoi valori, pronto a pronunciare quei "no" costruttivi -distruttivi (distruttivi per la prole
che vedeva nel padre un'autorità cui non ci si poteva sottrarre se non ribellandosi), oggi questa figura paterna tradizionale ha
subìto mutamenti radicali che hanno inciso sul suo ruolo socialmente prescritto. Si può infatti osservare un progressivo livel-
lamento dei ruoli tra madre e padre, e una partecipazione reciproca al sostegno sia materiale che affettivo del figlio. Ormai
da quando la società odierna è centrata su nuovi paradigmi, quali l'intercambiabilità dei ruoli( il padre che si fa casalingo o
che prepara il pranzo o la cena se ritorna a casa prima della moglie); l'affermazione di una struttura familiare mononucleare
centrata sul nuovo binomio genitore-figlio (a causa delle separazioni e divorzi dei genitori); l'emancipazione della donna nei
vari campi sociali e lavorativi, la figura paterna ha subìto una maternizzazione: si preoccupa quanto la madre ,e a volte anche
più di questa, di creare le condizioni, le opportunità più idonee a formare quasi "una creatura perfetta". Oggi più spesso si
vedono padri coinvolti direttamente nell'interazione con il proprio figlio, fin dalla nascita: con cambi di pannolini, imboc-
cando, facendogli il bagnetto e via via divenendo nell'infanzia un padre-amico, complice anche nelle attività ludiche. Secondo
alcuni sociologi, la figura paterna è ormai in bilico tra l'essere più autorevole, razionale e l'essere più emotivo. Così anche
quel rapporto distruttivo tra padre e figlio viene a mancare perché quest'ultimo non ha più la necessità di "uccidere” il padre
(nel senso freudiano), per affermarsi. Ma, recentemente, la psicologia ricorda che un padre sollecito e disponibile facilita lo
sviluppo cognitivo, del concetto di sé, della capacità di controllare gli impulsi e di acquisire padronanza sull'ambiente esterno.
Questo, ovviamente, (secondo sempre la psicologia) non toglie che il bambino con
un "padre assente" in termini funzionali (ossia che sottrae tempo alla sua relazione
con la prole, perché impegnato nel suo lavoro) non possa avere modelli di riferi-
mento: infatti il bambino può usufruire di validi sostituti paterni, quali altre figure
familiari e gli stessi coetanei. Certo è che la società dovrebbe aiutare a ri-costruire
quel rapporto sano tra genitori e figli, da un lato riscoprendo l'importanza di quella
autorevolezza che è alla base del binomio genitore-figlio (soprattutto padre-figlio)
e di quel sano limite da porre ai figli in quel saper dire di no costruttivo che implica
fermezza nelle decisioni, ma che nello stesso tempo deve saper tendere la mano
verso il figlio che insieme al padre costruirà la strada verso l'autonomia. Un dialogo
sempre aperto, nel rispetto dei ruoli, un luogo comune dove padre e figlio, genitore
e figlio, crescono insieme, poiché figli si diventa e anche genitori.
MADDALENA RETUCCI
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periodico mensile del gruppo NOI QUI