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THOMAS MUGNANO





                 TEATRO: IL MIO ESORDIO DA COMMEDIOGRAFO

                 Correva il lontano 2006, dopo aver calcato palcoscenici per il cabaret in tutta Italia affiancando
                                                    artisti di fama nazionale (Tullio De Piscopo, Mino Reitano,
                                                    I Cugini di Campagna, Fiordaliso, I Righeira, Franco Cali-
                                                    fano, La Formula Tre, ecc... ecc..) e aver recitato a teatro
                                                    per oltre 20 anni con altre compagnie in diversi teatri della
                                                    Campania, un po’ per compiacimento personale, un po’ per
                                                    egocentrismo puro e un altro po’ per la voglia di misurare le
                                                    mie capacità artistiche, avevo deciso di costituirne una tutta
                                                    mia. E così, come fa la nazionale quando preleva i calciatori
                                                    dai vari club, anche io (scusate l'immodesto paragone), presi
                                                    in prestito alcuni tra i più bravi attori teatrali della Campa-
                                                    nia e, creato un canovaccio originale e divertente, misi in
                                                    scena, per due anni consecutivi, degli spettacoli di varietà
                 dal titolo: RIDIAMOCI SU e RIDIAMOCI SU DUE. Fu un successo mastodontico, pregno di
                 gratificazioni e, ad essere onesto intellettualmente, anche piuttosto inaspettato. Avevo lavorato
                 impiegando tutte le mie risorse, ma, ad essere sincero, non credevo a tanto clamore. Ciò non-
                 ostante, non ero appagato. Il pubblico ci riempiva di complimenti per le esibizioni e le interpre-
                 tazioni dei vari attori, per la tipologia dello spettacolo presentato e per l'originalità di alcune gags
                 e sketch comici che avevamo messo in scena, ma io sapevo che non era tutta opera mia. Per dirla
                 in gergo…<< non era tutta farina del mio sacco>>. Infatti, molti testi e molti numeri presenti
                 nello show li avevo attinti dal patrimonio artistico campano rielaborando testi di "mostri sacri" del
                 teatro quali Eduardo De Filippo, il principe Totò, Peppino De Filippo, Raffaele Viviani, Gaetano
                 Di Maio, Nino Taranto, i fratelli Maggio e Giuffré e tanti altri. Quindi nel 2008, con impavida fac-
                 cia di bronzo e temeraria risolutezza, su quello che poteva essere il giudizio del pubblico rivolto
                 ad un neo-commediografo, decisi di scrivere la mia prima commedia teatrale. Mi riproposi di fare
                 un omaggio ai proverbi che conoscevo e che da sempre ho amato e per l'occasione scelsi questo:
                 L'AMORE È CIECO MA IL MATRIMONIO GLI RENDE LA VISTA. Era questa l'opera
                 prima del sottoscritto. Non immaginate l’emozione e l’appagamento che provavo in cuor mio
                 durante la fase di stesura. La coccolavo e la curavo come fosse una vera e propria creatura vivente.
                 Una vera e propria pargoletta. Quella non era solo una commedia teatrale. Era un cabarettista ed
                 attore di professione che, in un certo momento della sua vita, sentì forte l'esigenza di mettersi in
                 gioco anche come autore teatrale. Ma vi rendete conto? Cosa avrebbero mai pensato nelle tombe
                 i vari Shakespeare, Goldoni, Molière, Pirandello, Seneca, Scarpetta, De Filippo, etc… etc… Solo
                 ad un “MATTO”, con tanti “mostri sacri” del teatro in giro, poteva venire l’idea di cimentarsi in
                 un testo teatrale. Ardito più che mai, e non senza il parere contrario di “falsi amici” creammo,
                 con alcuni soci fondatori, tra cui l’attuale presidente Gennaro Meo, il nome della compagnia e la
                 battezzammo: <<I MATT…AT(t)ORI di Thomas Mugnano>>. Anche il nome era studiato nei
                 minimi dettagli. Eh, si, Mattattori per dire che eravamo un po’ folli per ciò che stavamo andando a
                 fare...ma nella parola MATTATtORI c’era una “t” minuscola. Se si va a togliere quella consonante
                 la parola in essere diventa “MATTATORI” … e qui il significato cambia inequivocabilmente.
                 Ma torniamo alla stesura, di cosa trattava? La commedia, da me anche diretta, narrava le vicende
                 della famiglia "Scognamiglio", tipico cognome partenopeo. Praticamente tra una serie di peripezie
                 e vicissitudini che caratterizzavano non poco il solito "Tran Tran" familiare e di come la tranquil-


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