Page 102 - RIVISTA MARZO 2025
P. 102

RIVISTA NOIQUI FEBBRAIO 2025     https://www.youtube.com/@noiqui/featured
                G

                      ABRIELLA FORTUNA


                 l’albero di GiUda, Nei viali delle CittÀ, testimoNe

                                   iGNaro di UN GraNde iNGaNNo

                  Passeggiando tra viali e giardini in questo periodo di primavera, è possibile
                imbattersi e ammirare maestosi alberi dall’ampia chioma con innumerevoli
                piccoli fiori dai colori che vanno dal lillà al viola. È uno spettacolo della natura
                che pare si sia sbizzarrita alla stregua dei pennelli di klimt o di Van Gogh.
                  L’albero non passa inosservato e ad ammirarlo, il pensiero viaggia e si perde
                e pare di essere catapultati in una dimensione soprannaturale dove a far da
                padrona sia la fantasia.   Dietro a cotanta spontanea bellezza vi è una storia,
                forse la prima e la più tragica e dolorosa che l’umanità abbia potuto conoscere.
                  È una storia che nasconde un racconto inquietante, probabilmente una leg-
                genda, nata più di 2000 anni fa, quando Gesù era solito predicare la buona
                novella accompagnato dai suoi discepoli.   L’albero in questione è il Cercis
                siliquastrum, meglio conosciuto come l’albero di Giuda.   Si racconta che pro-
                prio ai piedi di questo albero, Giuda abbia dato il famoso bacio a Gesù.    Quel
                bacio.   Il famoso bacio del tradimento.   La vita, da quel momento in poi,
                per l’Iscariota, non ebbe più valore. Provò un vuoto interiore mai conosciuto
                prima, i rimorsi l’attanagliavano, la coscienza gli rimordeva. La sua era una
                colpa voluta e cercata, solo per il vil denaro. Vagò di terra in terra in cerca di
                consolazione, senza mai trovarla. Aveva sbagliato, ne era consapevole, ma era
                troppo tardi per porre rimedio. Aveva scritto e cambiato inesorabilmente un
                pezzo di storia, e quella stessa storia l’avrebbe condannato come il più cattivo,
                il più perfido, il peggiore di tutti. Vivere ormai non aveva più senso, né uno
                scopo. Facendosi profeta del suo stesso destino, errando gettò via anche quei
                trenta soldi per i quali si era venduto e poi, quella tragica estrema decisione.
                  Per il rimorso incolmabile, per quel senso di colpa, proprio sotto quell’albero
                dalla chioma gigantesca, rassegnato al suo dolore, con una grossa fune, de-
                cise di porre fine alla sua misera vita. E il suo freddo vischioso liquido rosso,
                macchiato di onta, andò a schizzare in ogni dove. L’infame aveva pagato con
                la vita.   Dalla corteccia macchiata di quel sangue tradimentoso, spuntarono
                dei fiori delicati, che da bianchi che inizialmente erano, si imbrattarono e si
                tinsero del colore che oggi noi tutti possiamo ammirare.   Ma la natura si sa’
                è benevola e spesso dà una seconda possibilità e quell’albero, che era stato
                l’ignaro mezzo per porre fine alla vita del perfido, colui che aveva tradito il
                suo Signore, sta lì maestoso a testimoniare la grave colpa che è stata inflitta
                all’umanità. Ma ora sfoggia con i suoi fiori delicati tutto il suo fascino, come
                a significare che c’è sempre una speranza per ognuno, c’è sempre la rinascita,
                sempre un perdono. Ma questa storia è solo una leggenda!
                                                                                    Gabriella Fortuna















                                                           pag 102
   97   98   99   100   101   102   103   104   105   106   107