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RIVISTA NOIQUI FEBBRAIO 2025     https://www.youtube.com/@noiqui/featured

                 B

                       UNO BRUNDISINI


                                                            l’immaGiNe di sÉ




                Ognuno di noi ha la propria immagine di sé (il sé privato). Essa nasce dalle
                personali convinzioni su ciò che uno è o, meglio, su ciò che uno crede di esse-
                re. Fattori fondamentali nel suo determinismo sono le esperienze infantili, i
                ricordi, i modelli.  Tale immagine ci guida nei comportamenti verso gli altri,
                nelle scelte, nel modo di reagire. Infatti, noi ci comportiamo come crediamo di
                essere, non come realmente siamo. In tal modo trasmettiamo agli altri il modo
                in cui noi ci vediamo. Gli altri lo percepiscono come vero e interagiscono con
                noi di conseguenza. Pertanto, quel modello di partenza di noi stessi si rafforza
                e cresce come una spirale sostenuta da continue conferme. Se tale concetto è
                positivo e funzionale va, via via, amplificandosi con benefici sempre maggiori.
                Altrimenti produce disfunzioni. In questo secondo caso per innescare un cir-
                cuito positivo dovremo cambiare le nostre convinzioni su noi stessi. In sintesi,
                noi non conosciamo il nostro vero sé. Conosciamo un sé che ci siamo costruiti
                e nel quale crediamo. Comportandoci come crediamo di essere siamo gli arte-
                fici dei nostri successi o insuccessi. Tuttavia, le credenze sul nostro sé possono
                essere cambiate, nessun altro, se non noi, può farlo. Il primo passo è compor-
                tarci come se fossimo diversi. Non si tratta solo di modificare la nostra presen-
                tazione del sé agli altri, che è cosa che facciamo spesso quando vogliamo farci
                credere diversi da come siamo. Anzi molto spesso ci presentiamo diversamente
                da come crediamo di essere, per conformarci alle aspettative del nostro inter-
                locutore, per non deludere, per raggiungere degli obiettivi, per scandalizzare
                etc. Questo mascherarci é un’operazione di superficie che comunque può es-
                sere efficace nel cambiare le nostre credenze su noi stessi.  Questa modalità di
                presentazione avrà ripercussioni positive su noi soprattutto se ci farà raggiun-
                gere con successo l’obiettivo che ci siamo prefissati. Ma, indipendentemente da
                ciò, l’agire come se fossimo quello che vogliamo apparire, per il principio della
                dissonanza cognitiva, ci farà pensare di essere quello che appariamo. Agisco
                come se fossi quello che voglio apparire, quindi finirò col pensare di essere
                tale. Tuttavia, un lavoro più profondo sul cambiamento del mio io lo farò se
                mi convincerò davvero di essere diverso. Per convincere qualcuno dobbiamo
                essere prima noi convinti di quello che diciamo. Si racconta che una notte un
                cavaliere si fermò in una locanda ai bordi di un bosco nei pressi della città da
                raggiungere... Aveva percorso chilometri e chilometri nell’oscurità, scegliendo
                la strada più breve guidato dalle stelle e finalmente, scorgendo in lontananza
                le luci fioche di quel locale, si era rallegrato. Lui e il cavallo avrebbero potuto
                riposare per qualche ora. Sedendosi al tavolo raccontò all’oste di quanto fosse
                stata faticosa la cavalcata di quella immensa e monotona pianura ad est del
                bosco. L’oste a queste parole impallidì. «Ma signore, quella non è una pianura,
                è un lago che in queste ultime settimane si è ghiacciato!» Se l’avesse saputo,
                il cavaliere non si sarebbe certo avventurato in quella zona. Ma il credere che
                fosse una pianura aveva funzionato, facendogli raggiungere prima la meta.
                Non è assolutamente importante che quello che tu credi di te sia vero o falso.
                È importante che funzioni.



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