Page 83 - RIVISTA NOIQUI NOVEMBRE 2023
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fAbIAnA bIA cusumAnO

               Uno splendore nitido, semplice. Lo splendore del quotidiano. Sì, fatto di oggetti di uso comune,


 Un tè tra poetesse: Louise e Vivian  di elementi del cosmo: “erbe, fiori, campi, uccelli, cielo, volti, anime sottratte al tempo che fu.
               Da Leopardi a Emily Dickinson, a Pier Paolo Pasolini, a Gozzano, a Saba, a Caproni. Una poe-
               sia che con pacata tenerezza abbraccia tutto. Passato, presente e futuro. Senza fragori vertigino-

 La poesia non ha alternative.  si. Louise è nata appena tre anni prima di Vivian, nel 1943. Tre anni cronologici tra le due e due

               continenti lontanissimi fra loro. L’America dialoga con l’Europa. Le due poetesse raccontano
 Muore a ottanta anni la poetessa e saggista americana Louise Glück, premio Nobel per la   nitidamente lo splendore di un addio che si approssima per entrambe. Lo fanno con semplicità

 letteratura nel 2020. Muore di cancro nella sua casa di Cambridge in Massachusetts, la sedi-  disarmante, senza alcuna paura. Dall’addio alla nostra Louise, straziante per chiunque sopravvi-

 cesima donna insignita del maggiore riconoscimento mondiale per la sua musa così originale   ve a chi se ne va, rivolgo lo sguardo commosso sul viso “anziano” e teneramente “bimbo” della
 e immediata, elegante e colloquiale. Penso d’improvviso ad un’altra donna che ad ottobre ha   nostra Vivian.  Anche Louise canta ciò che avviene tra le mura domestiche e rende protagonisti

 vinto il premio Strega per la poesia, Vivian Lamarque con il suo L’Amore Da Vecchia edito da   dei suoi versi oggetti di uso quotidiano. Louise viene paragonata ad Emily Dickinson per la sua

 Mondadori. Vivian vive a Milano e continua a scrivere versi di una bellezza intima e profon-  musa così intima e personale. Vivian dedica ad Emily una poesia dolcissima nella sua ultima
 da. Apro la sua silloge, divorandola con gli occhi. Ecco i versi che leggo immediatamente: IO   silloge: “Quando entrai nel tuo giardino era tutto fiorito di cosmee vietato cogliere pensai. Ma

 NON SONO MORTA IO SONO NATA (il 19 aprile 1946) e appena giù in corsivo: “Oh il   poi- le colsi! Prezioso bottino! Ma poi- sulla tua tomba pensai non sono mie sono tue e molto a
 mare delle belle sere d’estate! Mare, mare, voglio dirti una cosa prima dell’eternità.” Una strana   malincuore te le resi. Ma poi- poi a mani vuote pensai e io? E a me cosa resta? Allora dalla tua

 coincidenza. Durante questo mese di ottobre, desidero celebrare due donne così apparente-  tomba strappai un’erbetta con zolla e in Italia mi portai lei, ecco. Ma poi- sopravviverà pensai?

 mente lontane eppure impigliate nell’affine splendore dei loro versi. Dire addio è un rito diffi-  Per sicurezza appena arrivate le feci una fotografia e poi le lessi una tua poesia.” In Mattutino
 cile, anche a chi sopravvive nell’eternità di ciò che ha donato al mondo con la propria scrittura.   di Louise cogliamo la pacata saggezza raggiunta dalla poetessa che riflette sulla storia universale

 Ho bisogno urgente di parlare con entrambe. Sento questa morte ingiusta e provo una gioia   dell’uomo su questo pianeta. In una intima confessione a Dio, quasi una chiacchierata informale

 infinita per Vivian. “Nessun rumore nessun funerale come quando un ago di pino cade dall’al-  con il Padre irraggiungibile ecco la verità profonda: “Sapevamo solo che non era natura umana
 bero di natale.”  amare solo ciò che restituisce amore”. Potessimo amare così. Nessuno strazio mai, nessuno

 Vivian pare rispondermi così con i suoi versi. Perché fare rumore? Un silenzio profondissi-  strappo, nessuna ferita, nessuno addio. Forse nessuna poesia. Allora il canto matura e si dona

 mo avvolga adesso il nostro addio alla poetessa che ha vinto il Nobel. Louise mi sorride tra il   solo perché una ferita si insinua silente, una lacerazione, una perdita, una incomparabile dismi-
 melo nel suo cortile. Sembra risucchiarmi la sua poesia: “C’era un melo nel cortile- saranno   sura esiste tra ciò che eravamo e ciò che siamo, tra quel mondo visto solo una volta da bambini

 forse quarant’anni fa- dietro, solo prati. Ciuffi di croco nell’erba umida. Stavo a quella finestra:   e il mondo consunto e impresso nello sguardo da vecchi, tra quel melo che continua a fiorire e

 fine aprile. Fiori di primavera nel cortile del vicino. Quante volte, davvero, l’albero è fiorito   noi che lentamente ed inesorabilmente sfioriamo. Ecco la bellezza senza alternativa. Sì la poesia,
 nel giorno del mio compleanno, il giorno esatto, non prima, non dopo? L’immutabile al posto   mie care amiche poetesse deve essere questo. Finito il tempo del tè, riprendo in mano la silloge

 di ciò che si muove, di ciò che evolve. L’immagine al posto della terra inarrestabile. Che cosa   di Vivian e leggo: (…) “inventa ancora un poco ti prego che ci credo. Bucami iniezione d’illu-

 so di questo luogo, il ruolo dell’albero per decenni preso da un bonsai, voci che vengono dai   sione, che due più due non faccia quell’esiguo totale che in gabbia non stia già cadendo dal suo
 campi di tennis- Terreni. L’odore dell’erba alta, tagliata di fresco. Quello che uno si aspetta da   filo quel press’ a poco amare, sosia dell’amare.” Continuiamo a tessere bellezza con le parole,

 un poeta lirico. Guardiamo il mondo una volta, da piccoli. Il resto è memoria.”  con sillabe sincere e pulsanti. Continuiamo a credere che mai quel quasi amare sia amare. Non

 Vivian e Louise sono nate entrambe ad aprile. Ad ottobre entrambe si parlano qui, dentro le   abbastanza, non troppo, non sono misure da poeti. Lo avete cantato con le vostre vite trapunte
 mie riflessioni. Invitate a prendersi un tè come amiche di sempre. Louise dall’eternità del suo   e trafitte da versi. Lasciate adesso che lo possa raccontare io a chi legge che la poesia come la

 mondo visto forse solo una volta con occhi autentici, da piccola. Vivian con la sua felicità   bellezza non ha alternative.

 bimba mentre sorridendo tiene il premio Strega tra le mani. La vita è come un filo da ricamo:                               Bia Cusumano
 “Finito, già finito l’incantato tempo dei rami in fiore? Come quando sul più bello del ricamo

 finisce il filo da ricamo?”

 E Vivian a dirlo. Voracemente il tempo divora tutto. Quei quaranta anni trascorsi in un solo
 istante, nella poesia di Louise lo ribadiscono senza possibilità alcuna di fuga. E’ strano come

 tra le due poetesse vi siano così segreti e profondi richiami. Entrambe per sensibilità poetica

 mi sono care. In Vivian è costante il senso della ricerca di un ritorno alle radici, a ciò che ap-
 partiene per origine biologica e d’anima, sopito in una infanzia lontana e segnata da un abban-

 dono precoce, da una famiglia che si affianca ad un’altra e come fossero scatole cinesi ad un’al-

 tra ancora. Una ricerca intima che si confronta con il dolore, la nostalgia, la stanchezza di una
 carezza rimasta sospesa e la gioia improvvisa e fervida di un mondo generoso nel suo incanto

 quasi fatato. Vivian scrive fiabe per piccoli, è educatrice e docente di italiano per stranieri. Vive

 per il mondo dei bimbi e degli adolescenti. Resta forse un po’ bimba anche lei nel suo donarsi
 generoso e senza riserve, estranea alle logiche spesso spietate, ciniche, opportunistiche degli

 adulti. Non abbastanza, non troppo, non sono misure da poeti. E in quel suo L’Amore Da

 Vecchia, è sovversiva una provocazione ingenua: “può l’amore invecchiare? Può divenire adul-
 to? Può un poeta spegnersi senza disseminare il suo splendore ingenuo e saggio nel mondo?”






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