Page 92 - RIVISTA NOIQUI SETTEMBRE 2023
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forze, capitola alla supremazia di una guerriera che sembra prepotente e tanto forte da acca-
sciarla, piegata in due su una sedia su cui non avrebbe mai voluto vederla. Vengo maneggiata dai medici nelle mie articolazioni che, per ogni punto toccato, sembrano
versare sale su una ferita aperta: il mio arto è gonfio e tumefatto, bloccato; il mio cervello non è
In quegli istanti, al culmine della mia fragilità, trovo dentro di me la forza per reagire, abbando- più in grado di comandare il benché minimo movimento. La mia caviglia se ne sta ferma e non
nandomi alla compassione verso la mia fra- vuole sentire ragioni.
gilità e la sofferenza altrui, e già da quel momento una malattia — sino ad allora sconosciuta, Ben due ortopedici mi hanno visitata quella notte, ma non sono riu- sciti a capire cosa abbia
che ho creduto fosse altro da me e che volesse farmi tanto male, combattendo contro me stessa avuto: entrambi hanno ritenuto opportuno il ricovero.
a volto coperto — ha cominciato a ricevere il contraccolpo della forza dell’accettazione.
La compassione si affaccia alla porta del mio cuore. Essa ha fatto ca- polino nei casi più com- Il primo pensiero va ai miei bambini, poi al lavoro, a chi si sta affidan- do a me per risolvere i
plessi affrontati sul lavoro, mentre mi affaccio in punta di piedi nelle sofferenze dell'Altro, quasi suoi problemi, così firmo il diniego al ricovero.
a cercare me stes- sa. Per anni ho lavorato facendo l’avvocato, impastandomi della sof- ferenza
dell'Altro tra le righe di esistenze eroiche e dolorose di adulti e di bambini, che si sono costruite
sulle macerie della schiavitù dalle dipendenze e la vergogna degli abusi subiti. Ho conosciuto Prima della fine di quella settimana, diversi sono gli accessi al pronto soccorso, oltre alla visita
eroi le cui memorie non sono state impresse dall’inchiostro sui rotocalchi dei giornali ma che, da un ortopedico che pure mi ha controllata senza davvero vedermi. Ogni medico mi prescrive
attraverso la loro potentissima fragilità, hanno cer- cato disperatamente il riscatto accendendo uno svariato nu- mero di antinfiammatori e cortisonici, oltre a sedute terapeutiche che si foca-
una debole fiammella interiore per riscrivere la loro storia con coraggio, tra le tenebre della loro lizzano esclusivamente sui sintomi del mio arto, senza tut- tavia venirne a capo.
esistenza che sembrava già segnata.
Passo tantissime notti insonni. Il dolore mi risveglia con forza nelle ore notturne e non mi dà
A volte mi sono lasciata invischiare da quella disperazione divenen- do come una spugna e, nello pace; la mia povera caviglia e il piede sono diventati enormi palloncini, e per di più sento il peso
stesso tempo, mi occupavo del disagio e del malessere di quelle vite per salvare tutti, anche me di non essere compresa: ricordo l’ultimo ortopedico che mi ha detto di ricomincia- re daccapo
stessa… in fondo, per sentirmi importante, vista e amata. Restavo, però, ben ancorata al mio con il trattamento se “il doloretto” non si fosse messo a tacere.
mondo che credevo parallelo al loro, senza congiun- zioni di sorta, provando tanta compassio-
ne, ma sempre dal di fuori. Quando poi la sofferenza ha toccato me, ben al di là della sofferenza
fisica, allora la compassione è entrata davvero nel mio mondo, ha di- lagato nel mio corpo e si è
fatta strada nel mio cuore. Ho realizzato nel profondo di essere in sincronia con la sofferenza di
ogni essere viven- te, abbracciata dall’Amore Universale che avvolge tutto e tutti e che accoglie
luci e ombre, gioia e dolore: ora non guardo soltanto, “sento”.
Le prime luci dell'alba fanno già capolino dentro di me, sulla mia sto- ria, nella mia vita che fino
a un momento prima ho sentito dilaniata. MARIA PIA RICCIARDI
Intuisco che aiutare l'Altro nella vita personale e nelle professioni di aiuto alla persona, essere
compartecipe delle sofferenze altrui, non
significa accostarsi semplicemente pensandosi migliore con l'idea di fare un'opera buona. Avere
compassione significa fare propria la sof- ferenza dell’Altro che è parte di me, è lo specchio di
me stessa, con le sue fatiche, la sua storia, il dolore, e la stessa possibile rinascita. La gioia grande
sta proprio nel riconoscere che il nostro corpo è il tem- pio meraviglioso in cui alberga il Di-
vino, che si manifesta attraverso il nostro cuore, portale dell’Oltre. Dal nostro cuore aperto si
proten- dono le nostre mani, attraverso le quali, creativamente, doniamo e ac- cogliamo l’Amore
incondizionato nel quale ci muoviamo ed esistiamo, inscindibilmente connessi gli uni agli altri
nel Tutto Universale.
Finalmente realizzo che posso darmi il permesso di ricordare chi sono, senza sforzarmi di cam-
biare, ma ritornando alla mia Anima, facendo Verità dentro di me. Questo processo è faticoso e
doloroso, ma non ne ho più paura perché sono consapevole degli opposti che vivono dentro di
me: luci e ombre, fragilità e forza, maschile e fem- minile, introversione ed estroversione, come
ogni essere vivente e ogni elemento della natura. Realizzo che, dal momento in cui integro e
armonizzo in me questa profonda verità, allora sono consapevol- mente disposta ad accogliere
con amore tutte le situazioni e le per- sone attraverso le quali la vita mi conduce a fare esperien-
za, che sono la manifestazione esterna degli opposti che sono pure dentro di me.
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