Page 93 - RIVISTA NOIQUI SETTEMBRE 2023
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forze, capitola alla supremazia di una guerriera che sembra prepotente e tanto forte da acca-

 sciarla, piegata in due su una sedia su cui non avrebbe mai voluto vederla.  Vengo maneggiata dai medici nelle mie articolazioni che, per ogni punto toccato, sembrano

               versare sale su una ferita aperta: il mio arto è gonfio e tumefatto, bloccato; il mio cervello non è
 In quegli istanti, al culmine della mia fragilità, trovo dentro di me la forza per reagire, abbando-  più in grado di comandare il benché minimo movimento. La mia caviglia se ne sta ferma e non

 nandomi alla compassione verso la mia fra-  vuole sentire ragioni.


 gilità e la sofferenza altrui, e già da quel momento una malattia — sino ad allora sconosciuta,   Ben due ortopedici mi hanno visitata quella notte, ma non sono riu- sciti a capire cosa abbia

 che ho creduto fosse altro da me e che volesse farmi tanto male, combattendo contro me stessa   avuto: entrambi hanno ritenuto opportuno il ricovero.

 a volto coperto — ha cominciato a ricevere il contraccolpo della forza dell’accettazione.
 La compassione si affaccia alla porta del mio cuore. Essa ha fatto ca- polino nei casi più com-  Il primo pensiero va ai miei bambini, poi al lavoro, a chi si sta affidan- do a me per risolvere i

 plessi affrontati sul lavoro, mentre mi affaccio in punta di piedi nelle sofferenze dell'Altro, quasi   suoi problemi, così firmo il diniego al ricovero.

 a cercare me stes- sa. Per anni ho lavorato facendo l’avvocato, impastandomi della sof- ferenza
 dell'Altro tra le righe di esistenze eroiche e dolorose di adulti e di bambini, che si sono costruite

 sulle macerie della schiavitù dalle dipendenze e la vergogna degli abusi subiti. Ho conosciuto   Prima della fine di quella settimana, diversi sono gli accessi al pronto soccorso, oltre alla visita
 eroi le cui memorie non sono state impresse dall’inchiostro sui rotocalchi dei giornali ma che,   da un ortopedico che pure mi ha controllata senza davvero vedermi. Ogni medico mi prescrive

 attraverso la loro potentissima fragilità, hanno cer- cato disperatamente il riscatto accendendo   uno svariato nu- mero di antinfiammatori e cortisonici, oltre a sedute terapeutiche che si foca-

 una debole fiammella interiore per riscrivere la loro storia con coraggio, tra le tenebre della loro   lizzano esclusivamente sui sintomi del mio arto, senza tut- tavia venirne a capo.
 esistenza che sembrava già segnata.

               Passo tantissime notti insonni. Il dolore mi risveglia con forza nelle ore notturne e non mi dà

 A volte mi sono lasciata invischiare da quella disperazione divenen- do come una spugna e, nello   pace; la mia povera caviglia e il piede sono diventati enormi palloncini, e per di più sento il peso
 stesso tempo, mi occupavo del disagio e del malessere di quelle vite per salvare tutti, anche me   di non essere compresa: ricordo l’ultimo ortopedico che mi ha detto di ricomincia- re daccapo

 stessa… in fondo, per sentirmi importante, vista e amata. Restavo, però, ben ancorata al mio   con il trattamento se “il doloretto” non si fosse messo a tacere.

 mondo che credevo parallelo al loro, senza congiun- zioni di sorta, provando tanta compassio-
 ne, ma sempre dal di fuori. Quando poi la sofferenza ha toccato me, ben al di là della sofferenza

 fisica, allora la compassione è entrata davvero nel mio mondo, ha di- lagato nel mio corpo e si è

 fatta strada nel mio cuore. Ho realizzato nel profondo di essere in sincronia con la sofferenza di
 ogni essere viven- te, abbracciata dall’Amore Universale che avvolge tutto e tutti e che accoglie

 luci e ombre, gioia e dolore: ora non guardo soltanto, “sento”.



 Le prime luci dell'alba fanno già capolino dentro di me, sulla mia sto- ria, nella mia vita che fino

 a un momento prima ho sentito dilaniata.       MARIA PIA RICCIARDI



 Intuisco che aiutare l'Altro nella vita personale e nelle professioni di aiuto alla persona, essere

 compartecipe delle sofferenze altrui, non


 significa accostarsi semplicemente pensandosi migliore con l'idea di fare un'opera buona. Avere

 compassione significa fare propria la sof- ferenza dell’Altro che è parte di me, è lo specchio di

 me stessa, con le sue fatiche, la sua storia, il dolore, e la stessa possibile rinascita. La gioia grande
 sta proprio nel riconoscere che il nostro corpo è il tem- pio meraviglioso in cui alberga il Di-

 vino, che si manifesta attraverso il nostro cuore, portale dell’Oltre. Dal nostro cuore aperto si

 proten- dono le nostre mani, attraverso le quali, creativamente, doniamo e ac- cogliamo l’Amore
 incondizionato nel quale ci muoviamo ed esistiamo, inscindibilmente connessi gli uni agli altri

 nel Tutto Universale.



 Finalmente realizzo che posso darmi il permesso di ricordare chi sono, senza sforzarmi di cam-

 biare, ma ritornando alla mia Anima, facendo Verità dentro di me. Questo processo è faticoso e

 doloroso, ma non ne ho più paura perché sono consapevole degli opposti che vivono dentro di
 me: luci e ombre, fragilità e forza, maschile e fem- minile, introversione ed estroversione, come

 ogni essere vivente e ogni elemento della natura. Realizzo che, dal momento in cui integro e

 armonizzo in me questa profonda verità, allora sono consapevol- mente disposta ad accogliere
 con amore tutte le situazioni e le per- sone attraverso le quali la vita mi conduce a fare esperien-

 za, che sono la manifestazione esterna degli opposti che sono pure dentro di me.



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