Page 77 - RIVISTA OTTOBRE 2024
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di una ragazza madre. Nella mia testa era una similitudine di vita sopportabile, una storia in
               fondo quasi simile. Ero abituata ad avere un solo genitore alla volta. E poi per più di un anno

               ad averne uno solo, mio padre che mi aveva portato con sé nel suo paese. Successivamente

               ad avere solo mia madre perché mio padre non aveva digerito l’idea che in una sera in cui ero

               uscita in gruppo con i miei coetanei e il mio fidanzato, ero ritornata a casa alle quattro di notte e
               incinta. Non avevo saputo gestire tante cose. La fiducia, il tempo, le responsabilità, le promesse.

               Era bastevole questo secondo lui, per essere rispedita da mia madre, come un pacco postale,

               dritta nel suo grande appartamento di città. La colpa non era perdonabile. Finire il liceo con la
               pancia, rinunciare agli studi universitari, alla carriera, ai soldi, alla professione per una scopata in

               macchina in una notte d’ottobre con uno che oggi c’era, domani forse no, era colpa e vergogna.

               Lettera scarlatta. Fabio ci fu fino a che il mese successivo tra nausea e capogiri non scoprii

               che ero incinta. Fabio restò nel suo paese a studiare, uscire con gli amici, a far tardi la notte.
               Io dopo liti e discussioni interminabili, pianti e accordi tra i mei genitori fui consegnata a mia

               madre. Davvero una brutta gravidanza. In poco tempo persi tutto quello che credevo di avere.

               Il mio fidanzato, la famiglia che avevo provato a ricostruire con mio padre e i miei nonni, i mei
               amici, il mio Liceo, i mei compagni, il mio equilibrio precario tra alti e bassi in un posto che era

               nonostante tutto divenuto casa. Ritrovai una madre, ebbi una figlia.

               Maelle. “Sai che significa?”
               -Principessa-

               Mealle è cresciuta senza sapere nulla di tutta questa brutta storia. Quando all’asilo ha iniziato

               a farsi certe domande, io ho sempre risposto che suo padre era morto. Poi le domande sono
               lievitate, aumentate di intensità, frequenza e insistenza. Mia madre avrebbe voluto che raccontassi

               a Maelle la verità ma io avevo poca dimestichezza con la verità. Ero cresciuta in un mondo di

               menzogne. Non mi sentivo all’altezza di dire che quella notte era stata la mia prima volta, che ero

               rimasta incita senza capirne nulla e che suo padre l’aveva considerata un errore di percorso, suo
               nonno una colpa e una vergogna. Non sono mai stata molto brava con le parole e le spiegazioni.

               A Fabio non ero mai riuscita a dire “ti amo”, nonostante lo amassi davvero e paradossalmente

               sempre di più man mano che Maelle cresceva sotto i miei occhi incantati vedevo tanti tratti e
               lineamenti di mia figlia essere molto simili a quelli di suo padre. Era stato molto più semplice e

               comodo dire che il padre fosse morto. Del resto, Fabio scomparve nel nulla. Seppi dopo tempo

               che si era laureato a Milano ed era diventato un dirigente dell’alta finanza. Aveva fatto una

               carriera brillante, guadagnava tanti soldi e non si era mai sposato con nessuna donna. Era un
               uomo realizzato, ricco e bello. Faceva tanti viaggi in giro per il mondo. Non aveva voluto mai

               vincoli, responsabilità, impegni, matrimoni, convivenza, figli. Eppure, Maelle era sua figlia. Era

               figlia di chi lui aveva chiamato sempre principessa, era figlia sua e mia. Con mille sacrifici anche
               io avevo ultimato il liceo e conseguito la laurea. Anche da ragazza madre se hai qualcuno che

               ti aiuta e non ti fa sentire costantemente in colpa, massacrandoti, puoi raggiungere traguardi e

               realizzare la tua vita. Io lo avevo fatto. Avevo avuto una madre che aveva fatto la nonna, l’amica,
               la sorella maggiore e mi aveva permesso di fare la mia vita. Maelle veniva sempre prima di

               chiunque altro o altra cosa ma in fondo ero partita in gita scolastica con i compagni del nuovo

               Liceo in quinto anno. Avevo studiato giurisprudenza, mi ero laureata con corona di alloro in
               testa e con la manina di Maelle stretta alla mia. Mio padre si era presentato il giorno della mia

               laurea ed era stato imbarazzante dire a mia figlia che quell’uomo greve e cupo fosse suo nonno.

               Il nonno che aveva buttato fuori di casa me e la nipotina ancora in pancia. Ma come sempre mia

               madre aveva ricomposto il tutto con una gestione dei sentimenti e comportamenti che solo a lei
               riusciva naturale. Maelle adesso aveva anche un nonno. So che certi buchi neri restano tali anche

               se dentro ci butti tutto l’amore del mondo. Così era successo a me nella inquieta e tormentata

               storia della mia famiglia d’origine. Con il tempo ho compreso fosse accaduto anche a Maelle.
               Aveva un nonno ma di un padre neanche l’ombra. Aveva chi l’aveva voluta a tutti i costi e chi

               l’aveva rinnegata, non amata, tradita in tutti i modi possibili. Ho continuato ad amare Fabio

               segretamente per una vita intera ma ho fatto credere a mia figlia che fosse morto. Alla fine,


                                                                                 periodico mensile del gruppo NOIQUI                            77
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