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Essi, specie quelli più piccoli, non riescono a spiegarsi la ratio di tutto questo. Non
                  riescono a comprendere fino in fondo la necessità di questo rocambolesco cambio di
                  vita, che li ha letteralmente travolti. La perdita della classe, del loro primo nucleo socia-
                  le di comunità, del loro microcosmo fondamentale, dopo quello costituito dai legami
                  familiari, è difficilissima da accettare, ancor più da quando la speranza di rientrarci in
                  tempi brevi è diventata una vana chimera. I bambini hanno bisogno di metabolizzare
                  ciò che stanno passando, non tramite un percorso nebuloso e vago, ma attraverso la
                  narrazione di eventi, che rechi in sé la speranza di un futuro, non troppo lontano, di
                  ritrovata normalità, un futuro che riprenda in carico le loro necessità più profonde.
                  Invece, si parla di fase due, dell’auspicabile riapertura di tutte le attività commerciali,
                  di ripresa della vita degli adulti, ma di studiare opportuni spazi, anche all’aperto, dove
                  i bambini possano tornare a incontrarsi e ad avere una vita sociale, che riequilibri il
                  loro benessere psicofisico, non mi pare che se ne sia ancora parlato. L’ipotesi di un
                  isolamento sociale dei piccoli, esteso per tempi biblici, avrà, a mio avviso, ripercussioni
                  insostenibili sul loro sviluppo psico-fisico. Le conseguenze di un distanziamento socia-
                  le rigorosissimo, imposto ai bambini, sono potenzialmente gravi esattamente quanto
                  l’esposizione al virus. Dovremmo tutti considerare e riguardare un po’ di esperienza
                  pedagogica pregressa, come auspicabile fonte d’ispirazione. Ci furono scuole pione-
                  ristiche già in tempi remoti, come la Scuola del Sole, ubicata all’interno del parco
                  Trotter di Milano, che fecero della didattica all’aperto il loro fiore all’occhiello. Sarebbe
                  bello tornare all’essenziale, rimodulare  il
                  più efficace degli approcci didattici, ovve-
                  ro quello legato alla natura, al vivere parte
                  delle giornate nei parchi, nei giardini o nei
                  cortili.
                  Ritornare  a  sedersi  sotto gli alberi  a  di-
                  scutere e a praticare direttamente su una
                  lavagna senza bordi né orizzonti, la mate-
                  matica, le scienze, la geografia, la storia e
                  la narrazione di mille racconti. Dovrem-
                  mo andare oltre rispetto a questa didattica
                  virtuale, fondata sul surrogato di rapporti
                  umani, enfatizzato dalle finestrelle di uno
                  schermo da cui far affiorare volti lontani
                  e dal buio disciplinato di microfoni silen-
                  ziati. La natura, dal nostro isolamento, ha
                  tratto immane giovamento, tanto da mo-
                  strarsi particolarmente rigogliosa. Ricon-
                  segniamola, allora, come premio ai nostri
                  piccoli e…ascoltiamo nuovamente le loro
                  voci, perché troppo silenzio ovattato può diventare la fine ingloriosa del nostro scopo
                  ultimo, ovvero la formazione di futuri cittadini solidi e perfettamente consapevoli del
                  mondo in cui vivono.
                                                                                 ELVIRA QUAGLIARELLA








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    periodico mensile del gruppo NOI
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