Page 27 - RIVISTA NOIQUI APRILE 2024
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nella sua ultima raccolta pubblicata da Einaudi, Vita Meravigliosa, scrive testualmente: Cosa   Meccanica, legata, ubbidiente,
 non devo fare per togliermi di torno la mia nemica mente, ostilità perenne, alla felice colpa,   in schiavitù biologica e credente. Basta,

 di essere quel che sono, il mio felice niente.  scivolo nel sonno, qui comincia

 Tali “attorcigliamenti”, però, non diventano concetti astratti, ma al contrario si propongono   il mio libero arbitrio, qui tocca a me
 come tematiche universali dando alla poesia quella funzione fondamentale tanto bistrattata   decidere che cosa mi accadrà,

 e persino derisa a volte. C’è chi non ci vede assolutamente nulla nella poesia, e chi come   come sarò, quali parole dire

 Whitman vedeva l’universo intero in una foglia d’erba.  nel sogno che mi assegno.

 “L’io” della Cavalli si fa àncora nel disordine crescente per fermarsi a riflettere sui tempi che
 viviamo, fino all’estremo paradosso della noia, per provare a rimettere ordine tra le macerie.  (Da Datura 2013)

 E lo fa anche con ironia, come nei versi che seguono:



 L’originale comunque non lo voglio

 non voglio stare dove ogni momento

 se sbagli possono cacciarti via.
 Lo preferisco falso e permanente

 dove la legge la decido io.

 Abolirò memoria e nostalgia,
 non ci sarà intenzione né immaginazione

 ma un’aria mite e ferma che acconsente:

 si morirà per noia, dolcemente.



 Come dicevamo, la “poeta” ha pubblicato poche nel corso della sua vita, oltre alla già citata

 prima raccolta Le mie poesie non cambieranno il mondo, possiamo ricordare Il cielo del

 1981, L’io singolare proprio mio del 1992, entrambe riunite poi in un’unica raccolta dal
 titolo Poesie. Seguono Sempre aperto teatro, Pigre divinità e pigra sorte del 2006, Datura

 (2013), e Vita meravigliosa, l’ultima del 2020.

 E proprio in quest’ultima la Cavalli pone le sue domande sulla “malattia” e sulla “morte”,

 sul suo congedo che leggiamo nei seguenti versi:








 E me ne devo andare via così?

 Non che mi aspetti il disegno compiuto

 ciò che si vede alla fine del ricamo
 quando si rompe con i denti il filo

 dopo averlo su se stesso ricucito

 perché non possa più sfilarsi se tirato.
 Ma quel che ho visto si è tutto cancellato.

 E quasi non avevo cominciato.



 Si è scritto che le sue poesie sono come dei fulmini in grado di smuoverci dal nostro torpore,

 un bel passo in avanti da quelle che “non avrebbero cambiato il mondo”, dalla poesia che

 non salva chi non vuole essere salvato. Ma in fondo, tutti vogliamo essere salvati, forse

 ognuno a modo proprio, ognuno con le proprie poesie, in bilico sul filo della vita, che spesso
 ci condiziona e ci sottomette fino al sonno, là dove finalmente possiamo decidere che ruolo

 interpretare, nei nostri sogni.




 Così schiava. Che roba!
 Così barbaramente schiava. E dai!

 Così ridicolmente schiava. Ma insomma!

 Che cosa sono io?




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