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MARIA CECILIA pIRAs tIzIAnA DI RusCIO
PACE RICONOSCERE LA VIOLENZA
Non è un semplice sostantivo, spesso viene usato come Ho conosciuto Tiziana e i suoi figli, durante il periodo di ri-nascita
stendardo in bandiere pluricolorate quasi si dovesse urlar in casa-famiglia. Una cosa che racconto ogni volta che ho l’onore di
accompagnarla nei suoi incontri di testimonianza, è l’immagine di lei
vittoria su una battaglia.... nella cucina della comunità di accoglienza, mentre riordinava le cose
In greco la parola pace viene dalla dea Irene (Ειρήνη) che della cena e con determinazione mi diceva che appena avrebbe rimes-
so in piedi una vita nuova e dignitosa avrebbe scritto la sua testimo-
in latino corrisponde alla dea Pax. nianza.
Ειρήνη era una giovane donna raffigurata con un ramo- Perché Tiziana oltre ad essere una donna coraggiosa è una donna con
un grande cuore. E nel suo cuore oggi, più della paura che le possa es-
scello d’ulivo con cornucopia in una mano e nell’altra sere fatto ancora del male (perché continua ad esporsi pubblicamente
l’immagine del dio Pluto simbolo di ricchezza. raccontando cose scomode in un territorio in cui vive anche il suo ex
marito) c’è il timore e il dolore per tutte le altre donne ancora intrap-
Non è un caso che nell’antica Grecia i concetti impor- polate in vite senza apparente via di uscita.
tanti della vita venivano personificati con divinità che È prima di tutto a loro, che Tiziana vorrebbe arrivasse con forza il
suo messaggio che: LA VIOLENZA NON E’ UN DESTINO, PER
avevano storie e capricci alla stessa stregua di quelli umani. NESSUNO. Che chiedere aiuto è possibile, ricominciare daccapo
In effetti la pace non dovrebbe esser mai una parola astratta, bella da mettere in bocca come desiderio proprio. Essa è anche, e che quella della “vittima” non è una condizione esistenzia-
le immutabile, ma una esperienza, traumatica sì, ma che, come ogni
prima di tutto un fondamento interiore, un DNA indispensabile nella propria vita. esperienza, può essere elaborata, attraversata e lasciata andare.
Se non ho armonia interiore dove l’introspezione mi accompagna verso l’accettazione del mio limite, molto spesso simile Il Nastro Rosa, l’associazione che 4 anni fa Tiziana ha voluto dare alla
a quello dell’altro per crescere insieme, non posso dire voglio vivere in pace.... luce, vuole proprio ricordare a ciascuna persona che non si è soli, che
Tale crescita a volte si manifesta con un confronto anche accesso ma mai di sopraffazione sull’altro! c’è chi ha già attraversato questa selva oscura, che si può riprendere
contatto con il proprio potere personale e occupare il giusto posto nel
Nella fede la pace è lo stato d’animo interiore in cui la coscienza riesce a star in preghiera amorevole di ringraziamento mondo.
verso Dio, essa si compiace d’esser semplice ed inutile strumento dell’Altissimo, agisce solo per giustizia e non per torna- Conosco, personalmente e professionalmente, le ferite silenziose e na-
scoste che abusi, violenze fisiche e psicologiche lasciano su chi le vive,
conto personale. lo sbriciolarsi delle naturali funzioni protettive e la disgregazione del proprio senso di sé. I “ganci” psico-emotivi che
Siffatta estasi interiore è la vera pace! Ahimè quella spesso osannata si incastrano in relazioni non sane e che spesso portano a restare a lungo in situazioni patologiche, a rischio e a volte
fatali.
su striscioni, slogan, richieste mercanteggiate è solo contrattazione La prima volta in cui, nella famosa cucina, provai ad abbracciare Tiziana, lei si scusò perché restava rigida e le era fati-
di buona convivenza comune, spesso difficile da instaurare perché coso abbandonarsi ad un contatto fisico così “intimo”, perché violati erano stati i suoi “confini” fisici e psicologici. E
riparare un confine, imparare o re-imparare a custodirlo è un processo che richiede tempo, strumenti, sostegno, con-
ha come base interessi economici! sapevolezza.
Ipocrita colui che chiede la pace per paura di perdere un proprio Ecco, la violenza è una violazione di confini, sempre. Di cui spesso si coglie l’entità del danno solo a posteriori, quan-
do si cominciano a ridefinire quei confini. Nessun organismo, può vivere armonicamente con un confine-contatto
interesse patrimoniale non è diverso da quello che offende attac- danneggiato (si pensi alla membrana della cellula). Girare nel mondo, in questo modo, significa essere esposti costan-
cando. temente al rischio di violazioni di ogni tipo, di avvelenamento psicologico ed emotivo, di distruzione delle parti più
profonde di sé. Dunque, il primo passaggio perché si attivi un processo di uscita dalla relazione violenta è che la don-
La pace umana è solo accordo finanziario un vero contratto che si na abbia consapevolezza (anche minima) di tale violazione. Ma affinché la donna con un confine danneggiato possa
fonda sul rendiconto personale, finché sarà la moneta a muovere farlo è fondamentale che l’intera comunità prima di lei ne abbia consapevolezza e sappia riconoscerlo.
I confini definiscono e distinguono una cosa dall’altra. Ogni volta che ci si sorprende che una donna è stata massacra-
l’essenza del pianeta la pace sarà solo un treno che funzionerà a fasi alternate, camminerà fino a quando sarà alimentato ta o uccisa, ogni volta che si dice che non ci si sarebbe aspettati che succedesse una cosa simile, siamo al cospetto di
da carburante che produrrà solo ricchezza materiale, la quale rende gli uomini schiavi, privi di dignità, sempre assetati, con un confine danneggiato “non visto”, e dovremmo chiederci cosa ci ha impedito di vederlo e di offrire la giusta prote-
zione a quella donna.
nuove esigenze non più soddisfabili nei trattati di pace…ed allora si ricominceranno contrasti belligeranti.... Ogni volta che si chiama in causa la gelosia, la passione, o addirittura l’amore per “spiegare” la violenza (penso anche
La pace che l’uomo dovrebbe desiderare è quella che nasce nell’animo dove l’azione è specchio di un cuore scevro da inutili soltanto a molti titoli di articoli di giornali), non si fa altro che dare forza ad una cecità di massa che diventa humus
fertile affinché questo dramma si ripeta, e ancora peggio, si “riproduca” come un codice di DNA alterato che incan-
passioni egoistiche.... crenisce piano piano il tessuto sociale.
Forse vivo con la mente nell’Iperuranio....ύπερουράνιος...ed il mondo ha necessità di accordi, convenzioni, patti, dichiara- Riconoscere una relazione violenta, discriminarla da una relazione sana, è fondamentale per prevenire, intervenire,
educare e curare responsabilità di “sapienza” che non può essere delegata solo ai servizi preposti, ma che ci riguarda
zioni…incastrati in un tempo ch’è sempre χρόνος, chronos e lontanissimo dal καιρός, kairos essenziale.... tutti, uno ad uno. Ciascuno di noi è chiamato ad essere quegli occhi e quel cuore che vedono e riconoscono. E che
non si voltano dall’altra parte.
Uno degli errori più frequenti, spesso purtroppo da parte anche degli operatori è il confondere la violenza con il con-
flitto. Per poter fare la giusta distinzione dobbiamo aver chiaro che le radici della violenza affondano in una asimme-
tria di potere che caratterizza la relazione, e che la rende una relazione di dominio di una persona sull’altra. Macro-in-
dicatori che ci permettono di identificarla sono:
modalità di sopraffazione e coercizione.
abuso di controllo
disconferma e annullamento dell’individualità dell’altro e dei relativi bisogni
aspettativa/imposizione di sottomissione alle richieste e ai bisogni del maltrattante
colpevolizzazioni continue
Inoltre, c’è un “tono emotivo” che fa da sottofondo costante e che rappresenta il campanello di allarme per eccellen-
za, che è quello della paura (che spesso permane a lungo anche dopo essere usciti dalla violenza). In un contesto di
“semplice conflitto” non troviamo questi elementi, riconoscere dunque le situazioni in cui sono presenti permette di
intervenire in modo corretto lì dove è necessario, prevenendo l’escalation della violenza stessa ed evitando una vitti-
mizzazione secondaria da parte delle istituzioni (un esempio: proporre un percorso di mediazione o di coppia con il
coniuge quando sono presenti gli indicatori citati significa esporre la vittima ad ulteriori violenze, nonché attuare una
delegittimazione dei suoi vissuti anche da parte di chi dovrebbe attivare un sistema di protezione)
Ricordando poi che la realtà della violenza è trasversale ai livelli di istruzione e di condizione socioeconomica sia per
chi la subisce che per chi la perpetra, dovremmo aver chiaro che l’assoggettamento fisico e psicologico che determi-
na il restare intrappolati in dinamiche disfunzionali e pericolose è reso possibile attraverso atti di manipolazione che
garantiscono il dominio sulla vittima.
Tra le modalità manipolatorie più frequenti ricordiamo sinteticamente:
Giudizi svalutanti/umiliazioni/accuse ingiustificate
Minacce e/o aggressioni
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